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Al gioco 'siamo tutti curatori', cambiamo maglia a Nikitin e lasciamo in panchina Rodrigues

Boris Nikitin (foto di Donata Ettlin)

 Gli spettatori della Biennale Teatro e dei festival di maggior prestigio sono come gli italiani che si mettono a guardare la partita della nazionale di calcio e dopo un po’ si sentono tutti commissari tecnici.

 In effetti, a seguire gli spettacoli veneziani, passano tanti addetti ai lavori, alcuni competenti da lunga data, altri proprio già così affermati che potrebbero effettivamente raggiungere un giorno il rango di curatore.

 Lo si nota, per esempio, da qualche piccolo episodio d’affettuosità relazionale a margine degli eventi: i primi ‘inter pares’ si possono identificare, per esempio, quando Stefano Ricci, cortese con rigore artico nei confronti di tutti, si ferma a baci e abbracci e salamelecchi. Fine della premessa. E’ l’ora del ct improvvisato.

 La formazione di Emerald 2023 ha visto scendere in campo almeno tre punte: una sorta di ‘falso nueve’ alla Guardiola del Barcellona, il Leone d’Oro etico e sacrosanto Armando Punzo, che peraltro ha ripagato l’onore presentando uno dei migliori spettacoli della sua Compagnia della Fortezza del Carcere di Volterra; e due goleador straordinari, il collettivo belga FC Bergman e lo svedese Mattias Andersson, che hanno segnato in azione con due spettacoli di qualche anno fa, seppur in prima italiana.

 E’ chiaro che il teatro, nemmeno quello contemporaneo, si può giudicare soltanto con il metro del tempo storico, ma una qualche importanza lo riveste pure, soprattutto in un’epoca di accelerazioni con cambiamenti straordinari (Trump-Brexit-populismi, pandemia di Covid, guerra in Ucraina…).  

 E’ il caso di un’altra proposta pregevole schierata in campo da Ricci e Forte, con l’invito a un innovatore anomalo come Boris Nikitin, che ormai una decina d’anni fa si è fatto conoscere in Svizzera per aver praticato una proposta di ‘teatro documentario’ in qualche modo parallela, ma diversa, rispetto alla lezione del più noto maestro elvetico Milo Rau. Nikitin fu invitato a parlarne anche a Milano, in un dibattito su teatro e realtà organizzato da Zona K.

 In una bella intervista rilasciata ad Alias de ‘il manifesto’ a inizio giugno Nikitin ha ammesso: ‘si rischia di ‘corrompere’ questioni importanti se si mescolano l’aspirazione al successo degli artisti alle istanze sociali’. Perciò oggi crede semplicemente che ‘la rilevanza politica del teatro stia nel suo essere uno spazio di contraddizione o di auto-contraddizione’. 

 Il suo linguaggio, se possibile, s’è ancor più scarnificato, a partire dal duro monologo del 2019, riproposto a Venezia, ‘Versuch über das sterben’ sull’agonia del padre e il percorso che lo portò a fare outing anni fa. 

 L’evento in cartellone a Emerald era comunque la prima italiana del suo ‘Hamlet’ del 2016, che è piaciuto al pubblico, anche ai più giovani, soprattutto per il taglio ironico e vagamente punk. 

 Qualche avveduto spettatore era andato a vedere ‘Hamlet’ con i sottotitoli in italiano al festival LAC di Lugano nel 2017, quando era ancora fresco. E in Ticino aveva trovato la seguente scheda di presentazione: ‘il performer e musicista elettro Julian Meding, con una presenza androgina e vacillante, appare come un Amleto destabilizzato da un mondo che percepisce come falso e ingannevole, fino a quando decide di fingere la pazzia e giocare con la sua stranezza. È o non è: egli diventa l’attore della propria vita. Il cantante racconta la sua vita: ma è reale? Meding invita sul palco il quartetto barocco di Basilea ‘Der musikalische Garten’, perché la musica è immagine della forza invisibile che tormenta Amleto e Meding’.

 Cinque anni dopo, lo stesso Nikitin risponde così alla domanda (posta sempre dagli intervistatori Lucrezia Ercolani e Cristina Piccino de ‘il manifesto’): Entra qui in gioco la questione di genere che affronta in alcuni spettacoli?
‘In realtà no, non voglio affrontarlo come tema. Julian in questi ultimi anni ha iniziato a definirsi non binario, non era così quando abbiamo iniziato a proporre la performance. Il fatto è che a me interessa offuscare i confini, confondere le definizioni. L’attivismo nei confronti della diversità, del genere, le teorie post-coloniali e così via, hanno avuto una grande crescita dopo l’elezione di Trump. Mi chiedo, quindi, come funziona ora lo spettacolo rispetto a quando lo abbiamo ideato sette anni fa? Credo bene proprio perché non sono questi gli elementi centrali, è un lavoro innanzitutto poetico’. 

 Di recente Nikitin ha proposto tre lavori estremamente interessanti e di contenuto diverso. A Basilea si è associato al regista Sebastian Nübling per realizzare, con le storie di un gruppo di otto sessantottini , ‘Demons’, una sorta di film dal vivo che viene trasmesso in teatro su un grande schermo e vuole presentare il ritratto ‘febbrile e inebriante’ di una generazione. 

 Al teatro statale di Norimberga ha debuttato invece con ‘Magda Toffler’, spettacolo sulla vicenda umana di sua nonna, un testo scarno e pieno di silenzi che in qualche modo rilegge i segreti della storia europea. 

 Recita la scheda ufficiale: ‘dopo la sua morte, avvenuta all'età di 87 anni, il nipote scopre che la donna proveniva da una famiglia ebrea. Nel 1944/45, dovette nascondersi per mesi in un fienile nella Slovacchia orientale, mentre la maggior parte dei suoi parenti perdeva la vita nei campi di sterminio tedeschi. Ha tenuto tutto per sé, ha messo su famiglia ed è diventata la prima professoressa di chimica nella giovane Cecoslovacchia socialista. Nascose il segreto anche alle sue figlie’.

 Infine ‘The Last Fiction’, presentato nella primavera del 2023 al teatro Mladinsko di Lubiana, è decisamente uno spettacolo d’impatto, con tanto di Coro accademico degli studenti universitari sul palco con un pianista, e al centro della scena l’attore sloveno Primož Beziak.

 Ruota tutto intorno all’episodio evangelico di San Tommaso che ‘certifica’ di persona la Resurrezione. ‘Ma che cosa ha toccato davvero l’apostolo incredulo? Una scena chiave del cristianesimo si basa solo su pochi versi del Vangelo di Giovanni, dove non c’è traccia di un effettivo gesto di Tommaso… Resta la possibilità’, si legge ancora sul sito di Nikitin, ‘che l'apparizione di Gesù sia stata solo un’illusione collettiva. Pertanto, l'intera fede cristiana si basa su uno spazio vuoto’.

 Che Nikitin continui a lavorare sul rapporto del teatro con la realtà, il vero, il falso, l’illusione, è un fatto: ma certo oggi pratica questa linea direttamente sul piano storico-politico e persino religioso. 

 Ora, ciascuno poi guarda ai propri di interessi e preferenze, ma volendo fare un po’ i ct davanti alla partita della Nazionale, quale maglia scegliereste per Nikitin a Emerald? Quella che gli hanno fatto mettere Ricci e Forte, con lo spettacolo sull’agonia del padre e il suo outing, o la più nuova, con la ricerca sul mistero della vita della nonna nell’Europa in fiamme? 

 Fra un Amleto queer del 2016 e il nuovissimo ‘The Last Fiction’ sul caso San Tommaso, in un mondo di guerre di religione, avreste dei dubbi se foste voi i curatori?

 Mentre con le nuove proposte italiane si anima il centro campo, forse con un certo solito eccessivo fraseggio (salvo che la discesa ‘En abyme’ non riservi sorprese positive), s’attende il gran finale con Tiago Rodrigues ‘Catarina e a beleza de matar fascistas’. 

 E’ la terza riproposta italiana di uno spettacolo che, sia a Roma sia in Emilia Romagna, dove è stato rappresentato, ha suscitato a priori le proteste di esponenti di Fratelli d’Italia. In realtà, il titolo è sviante, e la morale della storia, stando a chi l’ha visto, sarebbe proprio opposta, di un invito alla pacificazione nazionale.

 Detto così, dunque, potrebbe piacere pure a La Russa e Meloni.

 Con il che qualche commissario tecnico improvvisato non avrebbe nemmeno inserito questo Rodrigues nella lista dei convocati, a prescindere dal fatto che il portoghese sia oggi uno dei personaggi di punta del teatro europeo, appena incaricato di curare il Festival d’Avignone…

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