E la nave va, da un pianeta molto lontano, verso l'approdo di un nuovo Racconto dei popoli in movimento
04.02.2025
Altro che nuovi tagli ai bilanci e Cité du théâtre, la grandeur parigina del 2025 è ricominciata puntualmente dal primo lunedì
I PRIMI IN RITARDO FINISCONO ULTIMI
*Il bravo dramaholico che avesse voluto trovare nella calza della Befana la sempre piacevole sorpresa di un viaggio a Parigi, avrebbe potuto godere di un panorama d’offerte teatrali notevolissimo. La grande ripartenza è cominciata addirittura lunedì 7 gennaio, quando ha riaperto a Montmartre Les Abbesses del Théâtre de la Ville.
E’ una sala da 400 posti, rifatta nel 1996 con una curiosa Extension neo-classica all’ingresso (firmata dall’architetto belga Charles Vandenhove) e vive di una particolare attenzione alla danza contemporanea, che peraltro al de la Ville ha un posto di rilievo.
Era in cartellone, lunedì 7, ‘From England with Love’, il nuovo lavoro del celebrato coreografo di origine israeliana Hofesh Shechter, a Londra ormai da 25 anni, per la sua compagnia di giovani e giovanissimi Shecther II.
Nonostante l'insolita serata post-vacanze di Natale, come al primo giro, che chiudeva gli 8 spettacoli di Chantiers d’Europe in apertura dell’estate (e così anche nella piccola tournée italiana di rodaggio, partita da I Teatri di Reggio Emilia il 16 marzo) per Shecther II era tutto esaurito da giorni.
E già tre ore prima della rappresentazione si è formata una piccola coda di appassionati in caccia delle eventuali disponibilità dei posti con visibilità parziale, o per la lista d’attesa.
MASCHERE SUPER, NON CAPORALATO
*Di questo spettacolo che è stato definito 'una sorta di Harry Potter in rave party, teso tra musica liturgica anglicana e punk rock' non si può certo mettersi lì adesso ad elogiare ancora l'energia e la precisione dei più giovani ballerini di Hofesh Shecter - che li segue sempre da vicino e ha fatto capolino anche sul palco per un giro d'appalusi.
Ma parliamo un attimo dei ragazzi dell'equipe del teatro, d'un'efficienza encomiabile. Considerando che costavano 33 euro l’una anche la decina di sedie provvisoriamente aggiunte in galleria, tra le colonne portanti, a un certo punto le maschere e il direttore di sala hanno cercato di spostare al volo in posizioni migliori i fortunati ultimi che si erano procurati con pazienza gli extra-ticket.
Diventati primi, addirittura in platea o in poltroncine centrali ancora libere, questi 'rincalzi' hanno anche potuto godersi il ‘replacement’ nei posti a visibilità parziale dei titolari precedenti. Nessuna pietà per chi era arrivato dopo l’orario d’inizio previsto, nonostante l'orario dello spettacolo fosse slittato di oltre dieci minuti.
Da applausi la gentile efficienza e inflessibilità di una giovane attivissima ‘porteuse’, che faceva accomodare il pubblico all’ingresso davanti alla fila J in alto, e ha incalzato via radio il capo e i colleghi per sistemare al meglio gli ultimi appassionati.
Veniva voglia di tirar fuori di tasca, come una volta, l’argent du poche per una mancia, ma l’usanza di allungare qualcosa alle maschere è ormai un tabù nei grandi teatri francesi.
Bisognerebbe indagare a fondo sulla differenza di formazione e di trattamento, nonché d’importanza, di questo personale di sala in Italia. Nei teatroni di Parigi certo non sembra che si tratti di poveretti che vengono ingaggiati per pochi euro l'ora, attraverso le cosiddette cooperative di servizi, come capita persino a La Scala o al Piccolo teatro.
E il bello è che dopo l’ultima indagine giudiziaria di fine 2024 e la chiusura per ‘caporalato’ di una di queste pseudo-Coop a Milano, i nostri teatri istituzionali si sono precipitati pilatescamente a precisare, con comunicati stampa, che si era trattato di qualche caso isolato e che le stesse Fondazioni pubbliche sono 'completamente estranee' a questo sfruttamento del lavoro, dato che tutti gli appalti per questi servizi risultano ‘regolari’.
QUEL PUNGENTE TACCO DI RASO
*Tornando ai programmi dei teatri parigini, dopo il nuovo trionfo di Schecter II, dall’8 gennaio il fuoco di fila della ripresa, sempre con grande consenso di pubblico, è diventato micidiale.
Partendo dall’istituzione principale, la Comédie-Francaise ha ripresentato ‘Soulier de satin’ (La scarpetta di raso), celebre opera-fiume di Paul Claudel, che dura otto ore e mezza (sic!) inclusi gli intervalli. Considerata una sorta di feticcio teatrale monumentale, viene rappresentata raramente, dalla sua creazione nel 1943, e mai nella sua interezza, come invece è stato per questa ultima versione di Eric Ruf.
Sala stracolma anche qui, nonostante fosse la ripresa di un allestimento di fine 2022, e standing ovation che gli osservatori hanno considerato estendersi anche alla direzione di Jean-Louis Barrault, che il prossimo agosto lascerà la guida della Comédie-Francaise.
Aver voluto segnare il periodo conclusivo con un kolossal che impegna una ventina d'interpreti sul palco e comporta l’allestimento della sala Richelieu con scene e costumi di lusso, firmati Christian Lacroix, è stata considerata infatti una scelta politica precisa di Barrault.
E' suonata cioè precisamente come una risposta ai cinque milioni di tagli di bilancio imposti dal governo e al mega-progetto abortito di una nuova ‘Cité du théâtre’ dj 22mila mq, che avrebbe assemblato la Comédie al CNSAD-Conservatoire National Supérieur d'Art Dramatique e al Théâtre National de I’Odéon, nei grandi spazi, meno centrali, degli ateliers Berthier, nel nuovo quartiere Clichy-Batignolles (17mo arrondissement).
UN MESE DI LACRIMA, E POI LA VERITA'
*A proposito di Odéon e della sua attuale sala Berthier, (l'unica decentrata rispetto alla sede storica Saint-Germain-des-Prés, il 9 gennaio ha preso il via un mese intero filato di rappresentazioni del meraviglioso ‘Lacrima’ di Caroline Guiela Nguyen, con grande attenzione mediatica e di pubblico.
E’ dal festival d’Avignone di quest’estate che lo spettacolo incassa elogi: ‘una prodezza, un racconto corale ampio, popolare e di una precisione rara’, è stata la sintesi di Anne Diaketin su ‘Libération'.
E al giro parigino finalmente la stampa francese si è soffermata a fondo anche sulla bravura dei protagonisti in scena, quasi tutti usciti dalla stessa scuola del TnS di Strasburgo, come la stessa autrice-regista-direttrice del Teatro.
Così si è guadagnata un po' d'attenzione soprattutto la bravissima protagonista principale Maud Le Grevellec, anche se gli occhi degli appassionati sono sempre puntati su Guiela Nguyen (in Italia, peraltro, lodevolmente subito associata al Piccolo Teatro dal direttore Claudio Longhi).
Caroline è infatti già attesa di nuovo a Parigi, dal 2 giugno, per il debutto de ‘La Vérité’, congegno narrativo sul tema delle bugie degli adulti ai bambini, ambientato in una comunità d’emigrati rumena. E' una produzione sempre di TnS ma stavolta con il TDV-Les Abbeses, tocco impegnato di fine stagione nel cartellone sempre davvero invidiabile del Théâtre de la Ville.
EMMA, SERENA E LA 'CUGINANZA'
*In tema di ‘cuginanza’ teatrale, si fanno notare subito, alla riapertura parigina del 2025, i costumi da galli e galline di ‘Re Checchinella’ di Emma Dante, in scena al Théâtre de la colline tra gli applausi e gli elogi degli appassionati e dei critici.
Nonostante la base sia un racconto in siciliano di metà Cinquecento - che i francesi più colti considerano peraltro simile a vari canovacci della loro stessa letteratura di mezzo millennio fa, 'ma più gagliardo' -, lo spettacolo è stato ammirato soprattutto per l’eleganza mostrata nonostante una materia sulla carta davvero cruda e volgare. I critici si sono incantati soprattutto per l’alternanza di scene che sembrano una sequenza di quadri.
Si poteva anche cogliere un altro quasi rimbalzo con l’Italia, e precisamente con l’attesa prima al Teatro Carcano di Milano, dal 24 gennaio, di un allestimento teatrale contemporaneo e impegnativo de ‘L’Empireo’ di Lucy Kirkwood, firmato dalla regista Serena Sinigallia, con la drammaturgia di Monica Capuani.
Anche nella grande sala Renaud-Barrault del Du rond point si è aperto l’anno con lo stesso ‘Le firmament’ della Kirkwood. La nuova versione francese di questa grande storia di donne e di ingiustizie, mantiene l’ambientazione originale del testo, nella stessa Inghilterra rurale del 1579 con lo sguardo rivolto al cielo per il passaggio della cometa di Halley.
Anche se poi la regista e attrice Chloé Dabert, che dirige anche la raffinata Comédie di Reims a vocazione internazionale, ha scelto di far ricorso a diversi video molto belli, per contrappunto alla scena e ai costumi tradizionali e in contrasto con una drammaturgia che alcuni hanno considerato troppo piatta.
DES BOUFFES DA BROOK A CANNES
*Un botto di prim’ordine è stato sparato per l’anno nuovo anche dal Des Bouffes du Nord, con ‘Le rendez-vous’, nuovo adattamento teatrale del provocatorio romanzo ‘Jewish Cock’ di Katharina Volckmer, firmato e interpretato da un’attrice-diva cinematografica come Camille Cottin.
Per il suo impegnativo rientro sul palcoscenico, a Parigi fino al 25 gennaio (tutto esaurito da settimane, con il bollino 'complet' garbatamente accanto al calendario sul sito del teatro) l'ultima madrina del Festival di Cannes si è scelta un regista da teatro di nicchia come l'eclettico Jonathan Capdevielle.
E’ stato un incontro così del ‘c.zz.’, per stare ai titoli, da creare un’attesa e un’attenzione notevolissime, decisamente insolite per il teatro che fu di Peter Brook, con la Cottin mediaticamente alla ribalta, persino sulla copertina del primo supplemento domenicale del ’25 di ‘Le Monde’ (nonostante lo spettacolo fosse stato già rappresentato, mesi fa, ad Aix-en-Provence).
Tra parentesi, pare che sia indovinatissima la soluzione trovata da Capdevielle grazie alla semplice scena rivestita e invasa di tessuto viola, per alternare una Camille Cottin giovanilistica e tosta più che mai, nei momenti a corpo intero, vestita di rosso o in pantaloni cargo mimetici e bomber, a quelli più astratti e dissociati che seguono le irruzioni dal fondale di scena di una gamba dell'attrice stessa.
Questo solo arto molto vivace sbuca da dietro, ogni tanto, come se emergesse da una sorta di tana organica, isolata dal resto del corpo, e si muove, si ripiega e batte scoordinatamente.
Contribuisce all'effetto straniante l’interlocutore al maschile fuori scena, lo stesso Capdevielle, che recita la parte del medico dalla sala di regia.
In sostanza Camille deve affrontare da sola sul palcoscenico il corpo a corpo con il personaggio, la gamba dello stesso e il medico-regista incombente dall’alto.
La citazione
Volevo rivivere un'esperienza in cui si recita con tutto il corpo. A teatro, sono felice di avere un corpo in libertà, anche quando i movimenti sono iperprecisi, in particolare in questo spettacolo, dove devo dissociare i gesti dalle parole che pronuncio. Ma ne sono padrone...Un attore solo sul palco è come su un ring. Non hai lo spazio per essere paranoico, per pensare allo spettatore che tossisce o guarda il suo cellulare, perché sei così carico... Eppure sono sensibile all'energia che mi restituisce la sala.