" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Transart24, cultura, ambizioni e coraggio. Alla fine si osa persino ridiscutere l'Heimat in Alto Adige, e pure in chiave 'pop-queer'

Andrea Fraser in 'May I Help You?' (credit: Jeff Preiss, Orchard Document 'May I Help You?', Production ORCHARD and Epoch Films, Courtesy of the artist and Marian Goodman Gallery)
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LEZIONE PER DIRETTORI SINISTRATI

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 E’ almeno da due stagioni che si è cominciato a parlare del fenomeno cosiddetto della ‘cool-cation’ (cool+vacation), ossia del vero e proprio boom turistico del Nord e in generale dei luoghi con le temperature medie più fresche.

Ed è almeno da altrettanto tempo che all’appassionato polemico verrebbe voglia di spedire certi soloni che dirigono i nostri teatri nazionali più ricchi, nel piccolo Alto Adige per fare una bella ‘cool-cation’ con ‘educational’, orizzonte Transart.

 Volendo, i nostri eroi ‘cool-vacers’ per forza, possono sempre andare anche a ripetizioni direttamente in Austria: potrebbero avere la fortuna di partecipare a qualcuna delle abituali cene tra gli amici musicofili Peter Paul Kainrath, ovvero il direttore fondatore del festival bolzanino di cultura contemporanea, e Markus Hinterhäuser, pianista e ‘Intendant’ del Festival di Salisburgo, sovente al desco con il regista cult Christoph Marthaler

 Battute a parte, in Italia sembra che i soliti noti al potere da anni nei teatri siano ora di fronte a chissà quali problemi invalidanti, nella gestione e nella programmazione, dopo l’avvento dei Fratelli d’Italia al governo: ed è tutto un ’s’accomodi pure questo e/o quella’, ’s’allarghi l’orizzonte delle proposte’, ‘ah, già: ecco la memoria delle foibe’, ‘un altro Festival, sì, ma tutto tricolore’, ‘scambiamo i titoli con il regista-direttore gradito al centrodestra’ e via elencando.

 Di Transart, per esempio, con tutto quel carico di cultura alternativa, inclusiva e ad ampio spettro che ogni anno porta in scena, si pensava che il destino fosse un po’ segnato, dopo l’avvento al potere anche nella giunta bolzanina dei rappresentanti della Fiamma Tricolore. E già certo anche tra gli eterni potenti della Volkspartei, chi non mette subito mano alla pistola (o al fucile) appena sente la parola cultura, trova perlomeno troppo snob il genere di proposte che passano al festival.

Applausi per Klangforum a Salisburgo 2024, in 'Cantando Admont', direttore Beat Furrer (foto SF/Marco Borrelli)
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ALTRO CHE NORMALIZZAZIONE

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 Un anno e poi un altro ancora sono passati senza nessun cenno di cambiamento, né dei programmi né del validissimo staff che con Kainrath organizza l’originale festival. Del resto, chi lo va a spiegare, a un guru del mondo musicale e artistico che ha dimostrato da anni anche doti manageriali notevoli, se deve cambiare qualcosa, chi oserebbe andare a suggerire qualche nome o qualche tema?

 Nonostante l’onda montante dell’ultradestra austriaca dell’Fpo, tra Salisburgo e Vienna, dove Kainrath governa la raffinita orchestra di musica contemporanea dei Klangforum, chi tiene le fila degli eventi culturali detesta le idee reazionarie dei sovranisti e le combatte giorno dopo giorno. E Transart a Bolzano segue senza problemi.

Lo si è visto anche solo dalle presenze di punta, nel ’23, di personaggi considerati controversi sulla scena europea, in grado di fare scandalo persino a Berlino, come la coreografa e regista Florentina Holzinger (non a caso partner privilegiata della nuove Wiener Festwochen di Milo Rau) all’artista queer Madame Nielsen.

 Grazie a Dio, pur con istituzioni culturali di tutto rispetto come la Fondazione Haydn ed eventi di nicchia molto importanti come il Concorso Pianistico Busoni, Bolzano non ha vetrine nazionali di peso come l’Arena di Verona, dove il dominus sembra essere ancora lo stesso sottosegretario delegato allo Spettacolo da vivo, Gianmarco Mazzi, già sovrintendente e prima ancora organizzatore di spettacoli come Sanremo per la Rai. 

'Tanz' di Florentina Holzinger, di scena a Transart nel '23 (foto di Eva Wurdinger)
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DALLA VOCE DEL DUCE AL PARKINSON

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 Tornando al corso accelerato per l’upgrade culturale delle nostre istituzioni, basta guardare anche soltanto al finale di Transart 2024, l'ultima settimana di settembre. Si nota un intreccio d’altissimo livello che porta il segno migliore al cosiddetto ‘glocal’, unendo la massima attenzione alle novità internazionali con l’immersione non banale nel territorio.

 Martedì 24 come luogo teatrale di Transart è stato scelto addirittura uno dei simboli più divisivi della storia di Bolzano, il Monumento per la Vittoria voluto da Mussolini, per un trittico di proposte musicali legate da un filo rosso che va dalla disgregazione della dittatura alla degenerazione nervosa.

Recita il programma - e chissà che ne ha pensato il nuovo vicepresidente della Giunta, Marco Galateo di FdI, che si è tenuto la delega per la ‘Cultura Italiana’ -: ‘In questa serata musicale, gli spazi espositivi, nel decennale dell’apertura, risuoneranno di tre composizioni, che si mettono in dialogo ciascuna in modo differente con quest’architettura. 

 La voce di colui che volle erigere questo monumentale complesso marmoreo risuona nella cripta: l’inconfondibile timbro di Mussolini è la base di ''Il Duce' for Tape' di Louis Andriessen. Incisa su nastro magnetico nel 1973 è un’opera si sperimentazione elettronica, dal profondo significato simbolico: il loop di un frammento di discorso di Mussolini viene sovrapposto e distorto fino a divenire completamente irriconoscibile. 

 Di poco successiva ma profondamente diversa nella sua essenza ‘Fragmente - Stille, an Diotima’ di Luigi Nono, scritta per quartetto d’archi, fatta di lunghe pause, lunghi accordi tenuti, frammentarie isole sonore sospese e oniriche. La compositrice Iris Ter Schiphorst ci riporta al presente: ‘Struktur und Ordung’, esplora una dimensione attuale quanto inesplorata, quella della malattia del Parkinson, che porta in un mondo che può essere solo vagamente immaginato’.

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UN'ORCHESTRA COSI' CONTEMPORANEA

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 La musica contemporanea in tutte le sue accezioni, fino all’elettronica e al clubbing, è da sempre uno dei filoni chiave di Transart. E naturale è il legame diretto con Klangoforum.

Dell’orchestra viennese quest’anno il Festival ha presentato a Bolzano una recente produzione, che ha debuttato a Vienna per la prestigiosa rassegna ImPulsTanz, ‘Dances for Lucia Długoszewski’. 

 La scheda sintetica dà un’idea del personaggio: 'nata nel 1924 a Detroit da genitori polacchi, Długoszewski ha studiato con John Cage e Edgar Varèse prima di intraprendere il suo personale percorso musicale. Fu un’ardita sperimentatrice, inventò nuovi strumenti e creò opere originali e inconfondibili. Per oltre quarant'anni (è scomparsa nel 2000) ha lavorato con il danzatore e coreografo newyorkese Erick Hawkins, il primo ballerino uomo della compagnia di Martha Graham’.

 Perciò hanno scelto di combinare con due coreografie l’esecuzione dal vivo di brani della Długoszewski, gli eclettici musicisti dell’orchestra contemporanea ‘più contemporanea che ci sia’. (Unico e strepitoso era stato lo spettacolo antologico ‘Amopera’ lanciato a Erl, poche stagioni fa, dove i Klangforum suonavano e recitavano con il regista Jan Lawers e la sua Needcompany: a proposito di ‘cool-cation’, in Italia si producono solo nuove opere pseudo-pop, su soubrette televisive o vecchi best-seller…)

 L’evento di ImPulsTanz, che fa seguito alle incisioni da parte di Klangforum del premiato doppio album ‘Lucia Długoszewski Abyss and Caress’, è nato in collaborazione con l’Istituto Adam Mickiewicz per la cultura della Polonia, tornato attivissimo e propositivo in questa fase di cosiddetta ‘ridemocratizzazione’ guidata dal leader popolare Donald Tusk. All’Adam Mickiewicz, per dire, va il plauso unanime di tanti appassionati dell’Europa teatrale anche solo per aver portato in giro ‘Rothcko’ di Lukasz Twarkowski.

 Nella prima parte di ‘Dances for Lucia D.’, davvero intrigante e particolare, i musicisti non solo interagivano con due irriverenti ballerini coreografati dalla polacca Weronika Pelczyńska ma leggevano anche piccoli brani delle canzoni e degli scritti di Długoszewski. Nella seconda parte, con la coreografia dell’americana Elizabeth Ward, prendeva invece decisamente sopravvento la complessità della tessitura musicale, come ben notato dalla critica Lucia Munaro.

La citazione

Il silenzio è nella testa. Il suono ha luogo nell'orecchio. La sfida più grande è creare il silenzio nella mente dell'ascoltatore.

di Lucia Długoszewski, da ‘Space is a Diamond’ (1970)  
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UNA PERFOMANCE DAVVERO CRITICA

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 Eccellente, davvero, l’ultima incursione fuori dal centro città, stavolta appena fuori, nella splendida sede dell’istituzione culturale privata più notevole della città alpina, la Fondazione Antonio Dalle Nogare, che in questo periodo ospita un’esposizione di prim’ordine, la retrospettiva ‘I just don’t like eggs! Andrea Fraser on collectors, collecting, collections’.

Questa mostra può essere considerata, pressoché in consonanza con la sorprendente e choccante ‘Monte di Pietà’ ideata da Christoph Büchel per Fondazione Prada nella sede di Venezia, un vero e proprio sano esempio di critica radicale del sistema dell’arte.

 Con la Fondazione Dalle Nogare il Festival Transart24 presenta, il 25 settembre in tre slot successivi, dalle 18, la performance della stessa artista militante americana Andrea Fraser ‘May I Help You? (1991/2024)’. Eseguita per la prima volta in Italia e riattivata all'interno della stessa Collezione Antonio Dalle Nogare, che vanta pezzi unici e storici di grandi artisti contemporanei, ‘la performance presenta sei diversi modi di relazionarsi con i beni culturali, ciascuno paradigmatico di una specifica classe sociale. 

 Modulando la voce, la postura, il linguaggio e il rapporto con gli spettatori e con le opere d'arte, Fraser evidenzia come la cultura non sia solo oggettivata nelle cose, ma anche incarnata nelle persone. Presentando le dinamiche di affermazione e negazione che definiscono e differenziano queste modalità, Fraser mette in scena la funzione del consumo culturale per esprimere le gerarchie sociali e il nostro senso più intimo del sé’.

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RIPENSARE IN QUEER L'HEIMAT

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 Significativo che a chiudere Transart24 sia infine un altro evento che sottolinea il legame con il territorio, intitolato ‘Die 7 Tage von Mariahaim’ (sette giorni di Mariahaim). Si tratta addirittura di una pièce di teatro immersivo prodotta ad hoc, in collaborazione con il Teatro Comunale di Bolzano, che porta una firma d’avanguardia, quella dei viennesi Nesterval, specializzati in opere pop-queer di taglio innnovativo e partecipato.

Presentano così il loro lavoro: ‘l’attenzione a Nesterval è rivolta alle tecniche queer di critica sociale e auto-empowerment, manifestate attraverso la gamification. I pezzi teatrali ruotano attorno ai molti membri della grande famiglia fittizia di Nesterval, che vengono trasposti in storie ben note’.

 Lo spunto di partenza di ‘Die 7 Tage von Mariahaim’ è semplice: ‘Alto Adige nel 1965: Anna-Lisa, la figlia di un contadino, sta preparando il suo matrimonio con il bracciante Johannes, quando il passato la raggiunge. Due ospiti non invitati compaiono in città e con loro la conoscenza di un crimine orribile. L’idillio sta gradualmente andando in pezzi, il silenzio durato una generazione si rompe con la violenza e l’odio nei confronti dei residenti. E ciò che dovrebbe finire con un matrimonio inizia con un banchetto funebre. I visitatori sono invitati al matrimonio. Guardando indietro, sperimentano i ‘sette giorni di Mariahaim’ che cambiano tutto e tutti’.

 Versione riadattata a Bolzano di uno spettacolo di punta di Nesterval, ‘Das Dorf’ (Il Villaggio), ‘Die 7 Tage von Mariahaim’ va a toccare un tema delicatissimo e fondamentale della cultura del luogo e del suo impasto profondo di nostalgie.

'Le spettatrici soprattutto - promette l’ensemble Nesterval - saranno chiamate a imbarcarsi alla ricerca della magia della ‘Heimat’, della casa e patria. Il fine è esplorare grandi interrogativi inerenti l’estraneità, la violenza, l'amore e la colpa: il concetto di genere e i modelli di ruolo vengono confusi e l’idea di ‘Heimat’ viene aperta a una società pluralistica’.

Dalla pagina nesterval.at, l'immagine emblema di 'Das Dorf' sull'Heimat (foto originale di Alexandra Thompson)
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QUEL LAURIN TRA GLI ALLEATI

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 Diciamo pure che, aldilà di ogni possibile giudizio estetico e di contenuto politico-culturale dell’insieme delle proposte di Transart, ci vogliono grandi competenza e coraggio per allestire festival di questo livello. Più che mai considerando appunto il contesto non proprio rivoluzionario, come quello della nostra provincia autonoma più settentrionale.

Tanto di cappello dunque a Peter Paul Kainrath e ai suoi collaboratori, che potrebbero impartire belle lezioni a certi nostri soliti parrucconi sinistrati o destreggianti che siano.

 Ovviamente giova all’impresa non solo la forte propensione condivisa verso l’area austriaca e germanofona, ma anche una fitta rete di legami e collaborazioni che Transart riesce sempre a mantenere e rinnovare, persino con le migliori realtà economiche e imprenditoriali - basta scorrere l’elenco delle varie aziende coinvolte.

 Che Bolzano e il Suditoriolo per certi versi siano un’isola felice, davvero, lo raccontano la vivacità delle stesse istituzioni culturali contemporanee, dal Teatro al Museion, per non ripetere dell’Haydn con le sue varie attività.

Sicuramente ha però un peso specifico particolare la possibilità di dialogare e interagire con imprenditori illuminati che amano davvero l’arte, come Dalle Nogare o Franz Staffler dell’IFI, supporter del Festival e titolare del bellissimo albergo che si trasforma nella casa degli artisti ospiti di Transart, il Park Hotel Laurin, dove una pregevole collezione d’arte si dipana stanza dopo stanza. 

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