Appassionati alla riscossa, a Milano si ricomincia a ballare con FOG: ecco le prime di febbraio da non perdere
31.01.2025
Appassionati alla riscossa, a Milano si ricomincia a ballare con FOG: ecco le prime di febbraio da non perdere
Con una bella ‘FOG Night’ d’inizio febbraio, che prende il via dalle 19.30 di sabato 1 dentro ai vari spazi di Triennale Milano, si festeggia l’apertura dell’ottava edizione del festival internazionale delle arti perfomative di FOG 2025.
Il primo assaggio è tutto un programma, con cinque prime nazionali e nove esibizioni tra musica, danza, video-arte e djset, che parla già chiaro sul genere di scelte artistiche e di protagonisti, alcuni dei quali saranno presenti il giorno per un incontro pubblico.
Le varie proposte che si alterneranno portano un segno chiaro e intrigante: dall’esplosione di energia delle egiziane Nafaq con accanto il batterista belga Lander Gyselinck, al lavoro di frontiera sui cliché identitari ‘On vous voit’ del francese Samir Laghouati-Rashwan; dall’installazione video ‘A Skewed Conversation’ dell’egiziana Eman Hussein con Maat Dance Company alla performance stile running di Gaetano Palermo e Michele Petrosino, ‘Fuga BWV 565’.
Passata la festa - come recita uno dei primi esempi alla densa voce ‘fog’ del dizionario di Cambridge - ‘It took several hours for the fog to lift’, non c’è bisogno di aspettare molte ora prima che si levi la nebbia: dal 4-5 febbraio, con la prima del nuovo ‘Quiet light’ della coreografa svizzera Cindy Van Acker, si articola un vasto programma davvero in grado di scombussolare subito l’agenda di qualunque diligente dramaholico ‘glocal’, distraendo da tutto il resto su piazza e pure dal richiamo di altri festival internazionali (persino dalle sirene del nord nell’aurora boreale, che vanno in scena con ‘FARaway’ a Reims).
Ed è sempre divertente anche il paradosso dei nomi e del linguaggio, di un festival appunto anche nebbioso come ‘Fog’ che si apre con un balletto che ha per tema l’arte figurativa e l’impalpabile, intitolato alla Luce quieta. Per non dire della frase che introduce il programma intero relativo al 2025: ‘FOG illumina Milano con artisti da tutto il mondo e con il meglio di teatro, danza, performance e musica’.
Già, come sanno bene gli appassionati, la luce che in effetti sembra sempre accendersi con questo ben articolato palinsesto di proposte innovative, appare così irraggiante perché fa un po’ levare via proprio quella fastidiosa e tradizionale coltre di nebbia che a Milano non c’è ormai quasi più nell’atmosfera fisica, ma intorno alle istituzioni culturali sembra rimasta abbastanza spessa, con tanto di un bel po’ di polvere dentro.
Meglio non pensarci troppo, in ogni caso, perché adesso bisogna darsi da fare per non perdere, dopo aver gustato il sapore d’essenzialità poetica e teatrale della danza di Cindy Van Acker, almeno l’altro prossimo appuntamento davvero significativo di FOG: ‘We Came to Dance’ degli iraniani Ali Asghar Dashti e Nasim Ahmadpour, che viene ospitato venerdì 7 e sabato 8 febbraio al Teatro dei Filodrammatici.
Presentato come ‘una lettera d'amore al teatro in una performance di struggente potenza’, prende il titolo dal verso di una canzone degli Ultravox e racconta ‘a tavolino’ - come in una sorta di lettura in sala prove o in una conferenza - il caso di uno spettacolo di danza che proprio ‘non s’ha da fare’, nell’Iran della soffocante e criminale dittatura islamista di questi anni.
Due danzatori completamente immobili descrivono i movimenti che farebbero se potessero ballare. Attraverso le loro parole, sul palcoscenico prende vita una coreografia solo immaginata, che si intreccia al racconto di episodi reali del passato recente dell’Iran.
Tra l’altro, il 9 febbraio, in Triennale, la stessa autrice e protagonista Nasim Ahmadpour condurrà un laboratorio (gratuito, a iscrizione) sulla forma drammaturgica dello spettacolo e sulla possibile definizione di questa professione, raccontando la sua particolare esperienza, cominciata con un ‘Pinocchio’ da Collodi e condivisa con il gruppo teatrale Don Chisciotte e altri registi teatrali iraniani.
E non è che l’inizio, ma poi neanche il resto sembra tanto diverso, in termini di attenzione e di impegno rispetto alla scena mondiale, fino all’evento di chiusura il 15 aprile, ‘Night reign’, concerto della cantante, compositrice e produttrice pakistana Arooj Aftab, 'tra minimalismo classico e new age, poesia devozionale Sufi e trance elettronica con strutture jazz'.
Si conferma così, dalla prima all’ultima festa, quell’approccio sempre in qualche modo snob, in termini di curiosità e singolarità delle scelte che FOG, quest’anno più che mai, offre ogni settimana.
Non è che poi non ci sia qualche concessione più cult-pop: per dire, già nella seconda settimana di febbraio s’annuncia la versione stage di ’Totendanz’ di Marcos Morau, il coreografo di La Veronal associato come nuovo gioiello da Triennale Teatro.
Partito da Barcellona e ormai star internazionale, di casa persino alla Staatsballet Berlin, Morau aveva presentato la prima versione perfomativa di questo ambizioso progetto sulla Morte, una sorta di nuovo rituale-danza macabra, lungo le scale nei corridoi e nelle grandi sale vuoto del palazzo di viale Alemagna. Era stata un’impresa riuscire a seguire quell’anteprima, ed è facile prevedere che si arriverà in fretta alla lista d’attesa anche per lo spettacolo nella sala che fu del Teatro dell’Arte.
Del resto, la grande danza internazionale potrebbe sembrare un po’ il core-business di FOG, che in realtà gioca molte carte anche sulle nuove frontiere della musica e tira fuori sempre l’asso quando si arriva al teatro (marzo si aprirà con il nuovo ‘Medea’s children’ di Milo Rau).
E’ anche vero che, allargando lo sguardo alla scena culturale europea, si può notare come, persino a livello di grandi manifestazioni, si siano ormai sintonizzati in tanti pienamente, ciascuno a modo proprio, a quella tendenza multi-disciplinare perfomativa artistica così viva, che ha rotto tutti i confini tradizionali e di settore.
E se, soprattutto in Italia, non si coglie appieno questa svolta d'ibridazione, in giro non c’è ormai una Biennale o una rassegna di spicco, di quelle che portano l’insegna d’Arte tout court, che non presenti allestimenti davvero ‘spettacolari’, performance multi-disciplinari e opere di spiccato sapore od origine ‘teatrale’, con la massima attenzione ai nuovi linguaggi video e digitale.
Infine, a proposito di FOG e dell’eccellente equipe di Triennale Teatro, guidata da Umberto Angelini, si è già detto quanto giovino alla bontà delle scelte non solo la bravura e la passione ma anche il sano e sereno distacco di chi è estraneo alle dinamiche da conflitti d’interesse, da scuole e tradizioni o ‘famiglie’, da relazioni politiche e tossicità ideologiche.
C’è anche una componente propriamente di carattere e si direbbe pure di cultura del luogo, nel caso di Angelini come per esempio in quello quasi parallelo di Paolo Cantù (il manager lombardo che dirige i Teatri di Reggio con il relativo notevolissimo Festival aperto), o in altre figure meno conosciute che fortunatamente si trovano ancora, soprattutto nei 'back-office' operativi dei teatri, magari più di provincia.
Sia quel che sia FOG 2025 è un gran bel passaporto per il mondo, all'altezza delle ambizioni di Milano internazionale.