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Appunti dal taccuino di un Fomo Sapiens milanese, ritrovato alla fermata MM2 Lanza dopo la sera del 29 ottobre tra largo Greppi e via Rivoli

Salvatore Drago e Alessandro Burzotta in un'insolita scena 'pastorale' di 'Tragùdia' (foto di Alessandro Serra)

 Appunti da un quadernetto ritrovato abbandonato proprio tra le uscite della fermata 'Lanza-Brera-Piccolo Teatro' della linea metropolitana 2 di Milano (1).

KISS ME, KISS ME LICIA...

 C’è una certa animazione già intorno alle 19, con capannelli di gente varia intorno e solitari che attendo l’amica/o con lo smart-phone in mano. E’ tutto pieno persino il cosiddetto Bar Piccolo, il baracchino d’angolo con affaccio su Foro Bonaparte che offre vari spritz a 5 euro, e - forse perché c’è ancora un caldo insolito per la stagione - anche l’Hugo Spritz.

 No, non siamo in Trentino-Alto Adige ma il bicchiere di bianco con succo di sambuco e foglie di menta evidentemente piace così tanto. Eppure viene da pensare che per rispetto al superbo Victor, irraggiungibile prototipo dello scrittore militante contemporaneo, forse sarebbe stato meglio che si fosse davvero chiamato Spritz Otto, o sprizzotto, come voleva il barman che sostiene di averlo inventato.

  Non c’entra niente questa parentesi mixologica, già, se non che viene di riflesso guardando passare di fretta, ma con lo sguardo ben rivolto alla ricerca di eventuali sguardi ammirati di chi li riconosce, uno o due o tre scrittori modaioli, sedicenti intellettuali di quelli da siti cult per professoroni: sorvolando le tentazioni più o meno alcoliche dell’happy hour, tirano dritti verso il Piccolo Teatro Studio intitolato a Mariangela Melato.

 Ok, boomer: c’è il debutto della versione teatrale di ‘Altri libertini’, dal romanzo Ottanta di Pier Vittorio Tondelli, bella nuova sfida da premi Ubu ordita dalla compagnia di Licia Lanera e prodotta con il Teatro delle Albe di Ravenna, mediani tuttocampo della pregevole squadra RRR, la Romagna da Raul a Romeo, inteso come da Casadei a Castellucci l’upgrade dell’identità estetica di un territorio. 


QUEL 'SERRA FANS CLUB'

 L’aria delle grandi occasioni si vede subito intorno all’albero fuori dal Teatrone intitolato a Strehler, dove alle 19.30 ci sarà la prima milanese dell’atteso ‘Tragùdia’, dal numero di venditori di libri pro-bono variamente schierati.

Sono in quattro o cinque stasera, dalla signora africana che s’intrufola all’ingresso, sorridente con bambino fasciato addosso, al simpatico caucasico che prova ad agganciare gli astanti offrendosi per piccoli lavori domestici, imbiancatura o pulizie, sistemazione di giardini o balconi, prima di chiedere qualche spicciolo…

 Si forma una lunga coda per il solito complicato ‘sbigliettamento’ elettronico e si notano svariati generi di persone, in primis quelli che si potrebbero definire groupies e fans del teatro di Alessandro Serra, il regista che da ‘Macbettu’ a ‘La Tempesta’ viene considerato il Brook italiano o il nuovo Strehler o il chissàche. E, comunque, il Regista di Teatro per eccellenza. 

 Si riconoscono, le signore&signori spettatori appassionati, i (giovani e non solo) frequentatori di festival, i reduci dei cineforum, i lettori forti da biblioteche, gli addetti ai lavori che amano essere considerati interlocutori dei maestri, insomma il variegato popolo che non ha ancora formato un ‘Serra-fans-club’ ufficiale solo perché sarebbe troppo pop e ‘cheap’, ma è come se…

 Non si vedono - e si nota - il Presidente del Piccolo e il Direttore Professore appena confermato, che pure hanno fatto inviare dai competenti uffici di relazioni pubbliche il canonico biglietto d'invito. Curioso, in formato quasi da nozze, recita ‘il Pres. e il Dir. sono lieti di invitarLa…’, accanto all'inquietante foto di una porta aperta su una stanza in rovina, con la didascalia-copyright dello stesso Serra. 

 Probabile che Piergaetano Marchetti sia già partito per il week-end d’Ognissanti, ma spiace per la Sua signora che è una colta e raffinata amante del classico e in genere viene trascinata a vedere spettacoli che palesemente la annoiano.

 Claudio Longhi, boh, un po’ immemore allievo del classicista Raimondi sarà stato più attratto da Lanera, che in occasione del debutto a RomaEuropaFestival, ha detto: ‘per me Tondelli è come Leopardi’.

Poi, si sa che nel clan che fu di Luca Ronconi non amano misurarsi con un talento ‘irregolare’ come è considerato Serra, oltretutto riconosciuto erede di quel ‘teatro povero’ che non viene omaggiato nemmeno quando Eugenio Barba arriva a Milano per festeggiare i 60 anni dell’Odin.

 Ci sta pure che alcuni replicanti ronconiani mettano proprio la mano direttamente alla pistola se sentono ancora nominare Grotowski e Kantor, ma non è il caso del dotto Longhi.

 DI QUESTI TEMPI NON PIU' GRASSI

 Sulle poltrone intorno al primo corridoio che divide la fila 8 dalla 9, dove vengono in genere fatti accomodare gli invitati a vario titolo, tra il gruppo di quelli che si erano incrociati alle Biennali veneziane, si possono notare alcune ‘facce da Scala’.

Sono magari qui perché il responsabile del marketing del Teatro lirico è appena assurto al rango di condirettore operativo del Piccolo (mossa che ha evitato l’allontanamento di Longhi su cui insistevano Lega e Fratelli d’Italia, di concerto con il fu ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano).

 Recita il verbale del Consiglio presieduto dal Notaio Marchetti che la decisione di ‘rinnovare per ulteriori quattro anni il mandato di Direttore al Prof. Claudio Longhi, che assume anche la direzione della scuola’ avviene ‘contestualmente alla delega dei poteri del Direttore in campo tecnico-amministrativo al dr. Lanfranco Li Cauli, che assumerà la qualifica di Direttore Generale Delegato agli affari tecnico-amministrativi’ .

E quel due volte ‘tecnico’ davanti non è riferito alle competenze artigianali sui praticabili o sui bulloni degli stagework, ma al vil denaro dei budget e, si suppone, senza poteri di indirizzo.

 Ohibò, sembra proprio che in sala, a fare gli onori di casa, arrivi il nuovo boss degli ‘affari’, Li Cauli appunto, che del resto si è formato alla scuola di marketing del Piccolo teatro e considera questa la sua vera casa. E’ un amante sincero del mondo del palcoscenico e si presenta così di ottimo umore, in camicia con pulloverino seta e cachemire, informale teatrale, invece che incastrato nel solito completo elegante con cravatta scuro-scaligeri. 

 Gli appassionati pregano che sia la (s)volta buona, per quest’istituzione prestigiosa quanto ormai polverosa, che dovrebbe ritrovare lo spirito dei fondatori, ma manca tanto, a prescindere dal genio di Giorgio Strehler, anche di un nuovo Paolo Grassi.

Dopo tutti i danni che l’egemonia culturale bocconiana e turbo-capitalista ha inflitto alla cultura con la sinistra imperante, dalla legge di Veltroni sulle Fondazioni all’epoca Franceschini, Li Cauli ha l’arduo compito di rovesciare pure il pregiudizio anti-economicista.

 Quel che conta è che qualcuno, alla fine, capta una conversazione, mentre il nuovo ‘dir. gen. tecnico-amministrativo’ risale le scale con un gruppetto di amici e interlocutori. E ascolta a un certo punto l’esclamazione: ‘Caspita! Lanfranco, non so come dire, se non che, per una volta, finalmente, abbiamo visto che cos’è il Teatro!’

L'invito allegato nel link della cartella stampa del Piccolo per il nuovo spettacolo di Serra

RITI E TRICKS DI UN EDIPO

 Che cos’è il Teatro? Già, bella domanda. Seguono risposte in forma di anedotti.

Non vola una mosca durante la rappresentazione di ‘Tragùdia’, se non quella che in scena…(no spoiler!). Riferisce un allievo d’antan della scuola Grassi, ormai prestato dalla drammaturgia ai siti di moda e design: ‘impressionante, ero seduto in mezzo a un gruppo di studenti da liceo classico precettati a vedere questo Edipo…e non hanno mai fatto casino né si sono distratti!’

 Il giudizio di una signora esperta, che s’è comprata il biglietto in fila 5, assolutamente indifferente al problema di dover storcere il collo per seguire i sottotitoli dal grecanico (‘ho visto Shakespeare in russo senza mai leggere una parola sopra’): ‘accidenti, che spettacolo. Serra ha deciso d’alzare l’asticella ancora più in alto, per me siamo sopra al ‘Macbettu’ e anche a ‘La Tempesta’. A tratti mi sono persino sentita uno spettatore della polis dei tempi di Sofocle’.

 Si appunta su uno sgualcito Nava coi buchi del mese di ottobre (ancor più piccolo del Moleskine) il cronista che racconta d'essere andato a vedere la prima a Bologna: ‘è incredibile poter provare ancora emozioni così intense a distanza di così pochi giorni, conoscendo già lo spettacolo. Anzi, è stato ancor più bello. Straordinario’.

 Dice un altro, che confessa il suo amore infantile per il mondo del teatro: ‘Pagherei per conoscere tutti i dettagli del lavoro di Serra: come nascono certi tagli di luce, quei movimenti e il via vai in scena, i vari tricks teatrali poveri che usa così sapientemente, certe piccole stranezze dei costumi, le scarpette calzando le quali Tiresia diventa la Regina, quel cappello a tuba in testa di uno che s’affaccia nel finale…’

 Spiega il mancato Professore: ‘ho letto da qualche parte una critica che considerava errata la scelta del grecanico come lingua, perché dura e poco musicale. Peccato che sia proprio l’inverso. E poi ci mancava solo un altro Edipo ‘recitato’ in italiano, sarebbe stato insopportabile…Questo è uno spettacolo arcano e perfetto, anche solo per la stessa idea di aver ricreato qualcosa di simile a un rito religioso ortodosso, ovvero della confessione cristiana orientale grazie alla quale ci sono pervenuti il griko e il grecanico’.

 Ancora, il Sapientone di turno strizza l'occhio agli amici pari grado: ‘c’è tanto tragico, ma poi arriva sempre anche il momento comico. 'Super' la citazione quasi subliminale di ‘Frankestein junior’, come se Serra volesse mettere le mani avanti: non date retta a quelli che pensano che io mi prenda troppo sul serio’.

VATTELIAPESCA, GLI ATTORI!

 Applausi convinti, per qualche minuto, a tutto l’eccellente cast: ‘mamma mia, quanta roba! Ma quando mai si vedono dei c.z.. d’attori come questi?!?’, mormora il vicino di poltrona.

 Più tardi si ritrovano con qualche amico tutti lì fuori, all’uscita dei camerini su via Rivoli. La 'solita straordinaria' Chiara Michelini, invero, sembra poi un’elegante signora qualunque in attesa di cenare con due amici, non quel mostro di bravura che regge la storia passando da un ruolo all’altro con tali e tanti cambi di voce. 

 E’ un’impresa quasi impossibile anche per i Serra-fans riuscire a riconoscere in abiti civili i primi quattro nomi della compagnia in cartellone, Alessandro Burzotta e Salvatore Drago che s’illuminano quasi indistinguibili grazie ai riflessi sui crani rasati, Francesca Gabucci che si spera resti con i cappelli raccolti come nel finale soprattutto se Sara Giannelli esce ancora con la folta capigliatura sciolta che ha mostrato sulla tunica bianca d’Antigone: sono tutti davvero uno più bravo dell’altro.

 Cela il volto quasi sempre sotto il cappello da perfetto cliché del sardo, quel gran Tiranno di Felice Montervino, orgoglio attoriale di Cagliari e di Sardegna Teatro che produce lo spettacolo. E' stato con Serra fin dalla partita originale di ‘Macbettu’ e stavolta in alcune scene, rese poi fotograficamente indimenticabili dal regista, si merita anche lui da solo il premio WPA (Whorth the Price of Admission).

 Si riconosce subito, evidentemente, solo Jared McNeil, un Edipo di quelli che qualcuno si chiede persino: ma era lui l’indimenticabile Hamlet nero della Tragedy di Peter Brook?

Ovvio che no, Jared è così giovane che sarebbe impossibile, ma è talmente bravo che non si sa che nemmeno più che cosa dire. E’ anche un ragazzo normale, allegro e solare. Così, sfacciatamente un appassionato lo ferma canzonandolo: ‘Però Jared, accidenti a te: stasera hai davvero sbagliato tutto, non c'eri proprio! Brook sarà là che si rivolta nella tomba…’.

 Ride subito di gusto, McNeil, e l’interlocutore, ricordando d’averlo visto anni fa sul palco di ‘Batterfield’, l’ultima versione accorciata del mitico ‘Mahabharata’ che Brook ha portato in giro, gli chiede del grande maestro, e del regime di lavoro, e di come aveva fatto a salire fino al rango di ‘assistente di scena’, e ancora, a bruciapelo, se Serra sia un osso più duro o meno…

 Sorride Jared e spiega: ‘ho lavorato con Brook quando era ormai un anziano signore, che più di tanto non riusciva a seguire le tournée dei suoi lavori: forse solo per questo che, dopo anni e anni d’impegno e dedizione, mi ha concesso persino l’onore di affiancarlo come assistente. Potrei fare un vero confronto con Serra se l’avessi conosciuto all’età che ha adesso Alessandro...Beh, penso che sarebbe stata ancora più dura, diciamo così, dai, o forse meno…’ e prorompe in una risata spontanea.  

 Che cos’è il Teatro se non la magia che si crea tra le persone che lo fanno vivere davvero con la stessa passione che condividono con gli spettatori?

P.S.: 'Tragùdia' è in scena a Milano fino a domenica 3 novembre: avanti, c'è posto!

 (1) Nel gergo meneghino solo Lanza, dal nome della via limitrofa intitolata al politico risorgimentale Giovanni. Nel gergo post-digitale, Fomo Sapiens sta per l’Homo che fu Sapiens ora vittima della sindrome FOMO, Fear Of Missing Out, la paura di essere esclusi.

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