" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Attenti all'Orda anomala che arriva da Marsiglia, rovescia sulla danza il neo-punk, il post-dadaismo e tanto tanto mash-up

Da 'Age of Content' di (LA)HORDE (foto di Blandine Soulage)
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DALLE ALPI FRANCESI A BOLZANO

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 ‘E non c’è niente da capire…’ canticchia con De Gregori un appassionato esperto di danza, alla fine della prima italiana di ‘Age of Content’ del collettivo (La)Horde, il 26 luglio 2024, in chiusura di quest’ultima TanzBozen/Bolzano Danza, quarantesima e bellissima edizione. Applaude entusiasta e scuote la testa rivolto a chi vorrebbe sforzarsi di capire e interpretare a parole lo spettacolo, tanto complesso nella sua costruzione eppure così diretto e forte in scena.

 Frequentando anche la scena contemporanea nel dettaglio, il nostro vicino appassionato ha un occhio ben allenato, da almeno mezzo secolo ha avuto modo di vedere i balletti di tutti i grandi maestri. Perciò contrappone ai tentativi di analisi più o meno indovinati, il senso stesso della reazione emozionale del pubblico: che, nel caso di (La)Horde e di questo lavoro in particolare, è davvero eccezionale.

 E lo è stato soprattutto, in modo entusiasticamente clamoroso, fin dall’anteprima assoluta, a Grenoble il 19 settembre del ’23, nella sala grande del complesso di 22mila metri quadrati che è la nuova Maison de la Culture MC2 della capitale alpina. E a guidare la standing ovation con urla di approvazione è stata la parte, piuttosto consistente, del pubblico dei più giovani. Nemmeno una decina di giorni dopo, il super-successo si è rinnovato al Teatro Nazionale Popolare di Villeurbane per la 20ma Biennale danza di Lione.

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IL SUCCESSO, MADONNA E IL LUSSO

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 Di Marine Brutti, Jonathan Debrouwer e Arthur Harel, ovvero i tre dell’Orda anomala, qualcuno aveva già sentito parlare come animatori del nuovo splendore del Ballet national de Marseille. Ma la consacrazione mondiale dei (La)Horde - che andrebbero poi scritti tutto in maiuscola, (LA)HORDE - come nuovi protagonisti della scena della danza contemporanea è arrivata insieme e subito dopo questa ‘Age of Content’, con l’invito al New York Dance Reflections Festival di Van Cleef & Arpels.

Ci sono stati anche tanti lavori per la musica e i concerti, culminati nella chiamata di una popstar Madonna che li ha voluti per le coreografie del nuovo tour, per non dire dell’interesse particolare di marchi della moda nei loro confronti.

 Amati appassionatamente dal pubblico, vengono variamente classificati dalla critica come ‘nuovi punk’ della danza, fanatici del mash-up, post-dadaisti. E criticati in punta di penna dalle firme tradizionaliste. L'accusa più dura è: inseguono troppo il successo, lavorano per l'industria del lusso e il pop, trascurando la vera e propria scrittura coreografica.

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UN COLLETTIVO PER DAVVERO

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Non si curano più di tanto di queste accuse, i (La)Horde. Del loro lavoro dicono: ‘Scriviamo la coreografia come un film, per capitoli tematici, sviluppiamo in seguito in studio un’indagine sul quotidiano con i danzatori. La danza è per noi un veicolo del pensiero e un mezzo di riflessione: il corpo è un involucro sensibile che reagisce al mondo presente popolato di poesia, di violenza, di sensualità e sessualità. Come le immagini e le storie che scrolliamo sul nostro telefonino’.

‘Abbiamo a cuore la costruzione di uno spazio collettivo sicuro, per rompere con un certo mito dell’artista dittatoriale’, ripetono. Ovviamente i primi a restare in comunicazione permanente con (La)Horde sono i diciassette ballerini della compagnia e tutti insieme, il giorno dopo le prime rappresentazioni e anche dopo alcune repliche, si riuniscono per uno scambio di opinioni. E insieme decidono dove e come modificare alcuni passaggi, per rafforzarne l’intensità.

Sul piano squisitamente artistico e coreografico, pur apparendo così massimalisti e attenti agli stili di strada, attingono a piene mani anche al post-moderno.

In ogni spettacolo introducono qualche gesto particolarmente intrigante, a sorpresa. In 'Age of Content', per esempio, ripetutamente un pugno di ballerini gioca a 'palleggiare' con il sedere di una collega, con gesti da basket e un atteggiamento che Carole Boinet di 'Les Inrockuptibles' ha definito 'allo stessp tempo infantile ed erotico'.

Per un intero quadro di 'Age of Content', per citare un altro esempio, ripetutamente i ballerini aprono le bocche l'uno dell'altro e si portano in giro così, come per esplorare e mostrare un lato interiore, l'anima, o chissà, per dichiarare platealmente la rinuncia alla parola nel mondo post-umano.

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CHI LI HA TROVATI PER STRADA

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  Piccola parentesi memorialistica. E’ sempre fatale l’istante in cui s’appalesa l’angelo della realtà, ovvero l’Angelo necessario del poeta Wallace Stevens rispolverato, come titolo di un suo primo saggio metafisico dei primi anni Novanta, dal filosofo Massimo Cacciari.

 Ed è stato un vero segno dal cielo, quello del suggerimento di un angelo più ‘dance-holic’, di far precedere, a una piccola serie di grandi spettacoli della Biennale danza di Lione del ’23 (compreso lo stupefacente kolossal 'Liberté-Cathédrale' di Bruno Charmatz), l’incursione proprio a Grenoble per la primissima di ‘Age of Content’.

 Scelta che si è rivelata poi due volte vincente, persino sul piano pratico della comodità, per spezzare il viaggio in auto Milano-Lione, stante l’improvvisa difficoltà dei collegamenti dovuti alla frana alla fine del tunnel del Frejus, che ha causato una lunga interruzione della linea ferroviaria...

La citazione

 Io sono l’Angelo della realtà,
intravisto un istante sulla soglia.
 Non ho ala di cenere, né di oro stinto,
né tepore d’aureola mi riscalda.
 Non mi seguono stelle in corteo,
in me racchiudo l’essere e il conoscere.
 Sono uno come voi, e ciò che sono e so
per me come per voi è la stessa cosa.
 Eppure, io sono l’Angelo necessario della terra,
poiché chi vede me vede di nuovo
la terra, libera dai ceppi della mente, dura,
caparbia, e chi ascolta me ne ascolta il canto
monotono levarsi in liquide lentezze e affiorare
in sillabe d’acqua; come un significato
che si cerchi per ripetizioni, approssimando.
 O forse io sono soltanto una figura a metà,
intravista un istante, un’invenzione della mente,
un’apparizione tanto lieve all’apparenza
che basta ch’io volga le spalle,
ed eccomi presto, troppo presto, scomparso?

'L'Angelo necessario' di Wallace Stevens
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DAI VIDEOGIOCHI A PHILIP GLASS

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 Nell’intervista sul catalogo di Bolzano Danza di ‘Age of Content’ dichiarano: ‘In questo lavoro entrano in gioco diverse immaginari. Uno è la spettacolarizzazione della violenza attraverso i video diffusi in rete e sui social media. Il secondo dei tre grandi quadri che compongono lo spettacolo, trae ispirazione invece dagli avatar dei videogiochi e degli NPC (Non Playable Character), ovvero i personaggi non controllati da un giocatore. 

 Abbiamo deciso di lavorare con immagini del videogioco 'Grand Theft Auto (GTA)' per motivi estetici e di connessioni con il nostro lavoro sulla società. Siamo partiti da una domanda: come può un danzatore utilizzare la conoscenza esperita sul suo corpo per tradurre una falsa sembianza virtuale? Il tragitto è stato emotivamente molto strano. Per questo quadro ci ha molto ispirato anche la serie tv ‘Westworld’ con i suoi robot incoscienti di esserlo’.

 E’ chiaro anche solo dall’entusiasmo catartico che suscita, che il terzo quadro dello spettacolo segna la svolta. E qui i riferimenti sono ancora più specifici. ‘Dopo aver partecipato a un’esposizione performativa intitolata ‘We Should Have Never Walked on the Moon’, ispirata a una frase di Gene Kelly, ci siamo interessati alla commedia musicale americana degli anni Trenta e a come gli argomenti politici venissero trattati ad esempio in ‘West Side Story’ o in ‘Un Americano a Parigi’. Questi riferimenti abbiamo voluto legarli alla danza di Lucinda Childs, con la musica di Philip Glass che mescola il tutto’. 

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CREATIVITA' E PARTECIPAZIONE

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 Non c’è niente da capire, è vero, talmente incanta e ‘funziona’ la costruzione di ‘Age of Content’. Ma forse per non deludere i più cerebrali e verbosi tra i loro fans, (La)Horde riassumono così lo spettacolo: ‘il primo quadro è una bagarre; il secondo è transumano con avatar che arrivano ad attivare però rapporti carnali; il terzo è astratto con un momento di danza geometrica che riprende molti motivi di danze virali sui social come Kiki Challenge o i movimenti di Doja Cat’. Sic. 

 Dei tre, pare che Arthur sia più dedicato alla regia, Jonathan l’asso delle ricerche digitali e Marine Brutti l’antenna sensibile al pubblico degli appassionati, che ama confondersi in platea durante le prime rappresentazioni e carpire le reazioni soprattutto dei più giovani, per pescare suggerimenti ed eventuali ritocchi.

‘Quando siamo a Marsiglia e finiamo la ripetizione in studio, invitiamo il pubblico alle prime prove in sala’, spiega Marine, ‘anche senza arredamento, senza luci. Non abbiamo mai sottovalutato gli sguardi degli spettatori. È anche importante poter mostrare la fragilità del processo creativo. Non toglie nulla alla magia del dopo, dell’opera finita. Ma c'è qualcosa nell’aprirsi in fase di prove che porta generosità e dialogo’.


I ballerini di Marsiglia per (LA)HORDE in 'Room with a view' (foto di Aude Arago)

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