" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Avvolti nell'aura mistica del minimalismo di Pärt, dinanzi alla Pietà Rondanini 'accesa' da Bob Wilson, incuranti delle critiche

Dettaglio di 'Mother' (da robertwilson.com)

 In questi giorni, dalle sale dell’Antico Ospedale Spagnolo nel Castello Sforzesco di Milano che ospitano la Pietà Rondanini - eccezionale teatro, fino al 18 maggio, dell’evento ‘Mother’, promosso dal Salone del Mobile con il Comune - si esce ancora immersi nell’aura mistica della straniante mezz’ora con la musica sublime dello ‘Stabat Mater’ di Arvo Pärt e la rilettura in un sottile gioco di luci ideato da Bob Wilson, del capolavoro incompiuto di Michelangelo.

 Naturalmente il livello dell’aura è salito oltre i sette canonici per chi ha avuto modo, poi, di abbandonarsi totalmente a ‘Mother’ assistendo alle esecuzioni dal vivo del brano del musicista considerato il maestro del minimalismo sacro post-dodecafonico, all’inaugurazione del 6 aprile, con l’ensemble estone dei Vox Clamantis che da ormai 30 anni collabora con il celebre conterraneo, o alle successive riprese affidate alla milanese La Risonanza, specializzata in musica barocca.   

 Così tardano un po’ a risvegliarsi anche i dramaholici convenuti all’uopo, pur non amando particolarmente la chiassosa volgarità del troppo ricco e indistinto contorno della settimana del Design. Ma, alla fine, non resta che tacere ammirati di fronte al piccolo miracolo dei due Grandi Vecchi, Pärt e Wilson, anche per l’amalgama perfetto, in cui è come se si ritirasse nello stretto indispensabile, di fronte all’Arte vera con la maiuscola, anche l’esagerata passione distintiva del genio Bob Wilson per i meravigliosi giochi infantili di luci e di scene, a volte persino ridondanti. 

 Non si perdono affatto i tocchi poetici e i rimandi, a partire da quella finestrella accesa lassù in alto che sembra evocare un’Annunciazione rinascimentale, per finire al grande sasso di gesso aggiunto sul lato sinistro, che s’illumina per un attimo di rosso: giusto uno spot, e di pochi secondi, che costituisce il vero e proprio tocco wilsoniano, insieme con le consuete righe al neon sul pavimento che segnano lo spazio.

 Sembra incredibile, ma le ultime significative apparizioni sulla scena teatrale istituzionale di Milano, di questo Maestro pur così prolifico e bulimico, risalgono a ormai quasi dieci anni fa. Una sua particolarissima ‘Odyssey’, basata sulla rilettura contemporanea di Omero del poeta inglese Simon Armitage, fu coprodotta nel 2012 dal Piccolo Teatro di Milano con il National Theatre of Greece di Atene, e tornò poi nella sala intitolata a Strehler per quattro settimane di repliche, in occasione di Expo 2015 (fu anche ripresa dalla Rai: ultima traccia di programmazione, su Rai5, nel 2020…).

Pochi fortunati hanno inoltre potuto vedere, a metà di ottobre del 2017, i quattro giorni di repliche, nel Teatro Studio Melato, di una nuova versione di ‘Hamletmachine’ da Heiner Müller. Punto e stop. Magro bilancio per un decennio, davvero.

 Eppure Bob Wilson adora l’Italia, che frequenta spesso e volentieri, nei teatri e nelle occasioni tutte che gli vengono offerte: a Firenze è di casa, e il Teatro Della Pergola ha giusto ospitato la prima mondiale, l’anno scorso, di un suo ‘Pessoa’ unanimemente considerato un piccolo gioiello, che è stato l’orgoglio di stagione 24/25 anche del prestigioso Théâtre de la Ville di Parigi, capofila della produzione, nonché ovviamente del São Luiz Teatro Municipal de Lisboa

 Al Festival di Napoli del 2024, nella Reggia di Portici, Wilson ha riportato in scena la sua ultima versione spagnola del celebre ‘Ubu Roi’, intitolata semplicemente ‘Ubu’: un’operazione cult che più cult è difficile immaginare, nata nel 125° anniversario della prima messa in scena dell’opera fondamentale di Alfred Jarry, e come omaggio a Joan Miró, che ne firmò un adattamento anti-franchista, con il titolo ‘Mori el Merma’, nel 1978, in collaborazione con la compagnia di teatro sperimentale La Claca, diretta da Joan Baixas.

Sono solo esempi, Pessoa e Ubu, ma si potrebbero ancora citare, poco prima, ‘Il libro della giungla’ piuttosto che qualche altro lavoro con Lucinda Childs: teatri e festival italiani chiamano a ripetizione Wilson, solo nelle sale milanesi è un po’ sparito.

E questo nonostante mantenga con Milano un legame fattivo attraverso Change Perfoming Arts, la società che ha allestito per Wilson questa stessa ‘Mother’, grazie a un ‘kantoriano’ doc come Franco Laera, appassionato d’avanguardie teatrali fin dai tempi del CRT.  

 Dopo di che può piacere o meno la Milano post-moderna che per una settimana torna capitale dei dané e sbauscia alla grande, grazie agli imprenditori del design, alle varie Federlegno e alla rassegna biennale di Euroluce. Si può anche proprio stroncare, per fare gli originali sul solito foglio, la stessa operazione culturale più significativa del legame con il patrimonio artistico della città, ‘Mother’ appunto.

 Del resto, non più tardi di qualche settimana fa, nella fu-gazzetta della fu-borghesia, che sembra ormai una ‘Novella 2000’ quotidiana, è apparso un insolito commento ipercritico contro l’altro bell'evento di collante tra Mi-Art e Salone, l’installazione ‘Paradiso’ di Gian Maria Tosatti ai Magazzini Raccordati della Stazione Centrale, accusato addirittura di spettacolarizzare la miseria dei clochard…

Nessun organo di stampa o di propaganda spende mai parole così dure - guardacaso - per gli spettacolucci o le mostracce che purtroppo nella routine culturale milanese sono all'ordine del giorno. Eppure, così distanti e così diverse, 'Mother' e 'Paradiso' invitavano a quel salto in più nella reazione e nella riflessione che si direbbe dell'anima. Non è che magari qualcuno ha ancora dei bei problemi a misurarsi con il sacro?

La Pietà Rondadini riletta in occasione di 'Mother' (dal sito robertwilson.com)

Iscriviti
alla newsletter

Ultimi Articoli

Iscriviti
alla newsletter

-->