" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Ben venga maggio, ben venga la rosa: scegliendo i petali più rossi tra le 16 proposte festivaliere europee del Piccolo

Una scena del nuovo spettacolo 'The Confessions' di Alexander Zeldin, al Teatro Strehler dal 9 all'11 maggio (foto Christophe Raynaud De Lage)
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TU VAI CON WIM, IO CON ITALO

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 Se è permesso giocare ancora un po’ con gli invitanti programmi dei Festival, al campionato ideale della grandiosità, quest’anno il Piccolo Teatro di Milano ha bruciato per un soffio, il 25 marzo, persino la Biennale Teatro di Venezia, presentata il 26.

 Notevolissima la dovizia di riferimenti colti nell’introduzione del direttore Professore Claudio Longhi, per la varietà delle aggettivazioni e il tono da europeista convinto post-strehleriano.

Merita il plauso anche solo per l’avverbio conclusivo, speso per illustrare il risultato dell’intreccio tra la ‘polifonia espressiva delle messinscene’ e le ‘ulteriori iniziative culturali’ che verrano proposte: insieme creano ‘una rete di percorsi calvinianamente intrecciati alle geometrie’.

Certo come calvino non è solo il diminutivo di calvo, quel calviniano con suffisso avverbiale è un aggettivo qualificativo non comune, un riferimento, si presume, a Italo Calvino delle ‘Lezioni americane’: un bel refuso con ‘calvinisticamente’ in cartella stampa avrebbe offerto un attimo di spasso, e invece no, sempre tutti seri o serissimi.

 Non c’è stata gara nemmeno nel numero di citazioni, quattro nobilissime (Auberbach, Balibar, Baumann e Camus) per Longhi, contro un solo miserello Wim Wenders in Biennale a Venezia, peraltro molto pertinente al logo latino ‘Niger et Albus’ dell’edizione 2024; la dedica wendersiana recita: ‘Il mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero', ‘albus et niger’ appunto.

Era difficile sorpassare il pur sempre aulico tiro retorico abituale delle presentazioni di Stefano Ricci e Gianni Forte, che chiudono quest’anno la stagione veneziana cominciata peraltro da ricci/forte, e conclusa dichiaratamente da separati, come artisti, già da almeno un’edizione. E ancor di più delle parole di Longhi fa impressione il confronto con i pacchetti dell’offerta.

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SI PARTE SULLE PUNTE DI D'AGOSTIN

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La prossima edizione di ‘Presente indicativo’ è stata presentata con una certa solennità nel Teatro Studio Melato, presenti Sindaco e contorno vario di autorità, ma si dovrà meritare in concreto la pregevolezza del varo. Sulla carta appare una rassegna che, con ritmo mozzafiato, dal 4 al 19 maggio, presenta agli spettatori appassionati numerose occasioni d’incontro con grandi nomi del teatro internazionale. 

 In cartella stampa, molto precisamente, si legge come sunto alla voce 'I Numeri': sedici artiste e artisti della scena europea (e non solo), sedici spettacoli per sedici giorni. Due sono le produzioni del Piccolo e tre le coproduzioni, di cui due internazionali. Sei spettacoli debuttano in prima nazionale e uno in prima assoluta. Otto, con l’Italia, i Paesi rappresentati (Francia, Polonia, Portogallo, Spagna, ma anche Argentina, Cile, Regno Unito); undici, con l’italiano, le lingue che risuoneranno (bielorusso, cinese, francese, inglese, lettone, polacco, portoghese, spagnolo, ucraino, vietnamita). 

Partendo dal lato pratico degli abbonamenti (una card Festival per 4 spettacoli costa 75 euro, intero; 60 per under 26 e over 65) si può prima di tutto segnalare il trittico di proposte di Marco D’Agostin.

Il giovane performer che nel '23 ha fatto incetta di premi, dal 4 maggio presenterà, in successione, ‘First Love’, lo spettacolo in cui rende omaggio al suo primo amore, lo sci di fondo; il nuovo applauditissimo ‘Gli anni’ con Marta Ciappina, ispirato all’omonimo libro di Annie Ernaux; infine ‘Avalanche’, del 2018, che vede lo stesso D’Agostin e Teresa Silva ‘avvinti in una danza di sopravvivenza, all’alba di un nuovo pianeta prima (o dopo) che una valanga travolga tutto’.

Un abbonamento dedicato a tutti e 3 gli spettacoli di Danza si può acquistare al costo di 48 euro, intero, 39 under 26 e over 65.

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UN RECUPERO D'ASSOCIATI

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 D’Agostin è il primo degli Artisti Associati che animeranno il festival. Tra gli altri che sono già nella scuderia del Piccolo, in apertura si ritrovano Pascal Rambert, con ‘Durante’, invero a coda di una serie di repliche già in cartellone, e Caroline Guiela Nguyen con ‘Saigon’. E' lo spettacolo che ha consacrato come stella del teatro francese Nguyen, e non era mai passato a Milano, ma solo al REF nel 2018. Sono tre ore e venti quasi come un reality, dentro al classico ristorante vietnamita di Parigi, con storie vere di famiglia, amore, amicizia ed esilio che la compagnia Les Hommes Approximatifs, incarna sul palcoscenico, al rovescio del logo, con accuratezza realista. 

Un altro recupero di rilievo tra gli artisti associati è quello di Tiago Rodrigues, che per Presente indicativo 2024, il 7 e 8 maggio al Teatro Parenti, riproporrà il suo recente ‘Entrelinhas’ con un primattore di grido come Tónan Quito.

Rappresentato più volte in Italia, dopo la prima del ’22 in un festival organizzato da Gli Scarti di La Spezia, questo è un lavoro prettamente meta-teatrale, dove s’incrociano la vicenda di un carcerato, che scrive i suoi messaggi alla madre tra le righe di un’edizione dell’Edipo re di Sofocle, con quella di un attore che non ha potuto portare in scena il monologo promessogli dallo stesso regista portoghese, ora alla guida del Festival d'Avignone.

Sulla falsariga del gioco di scatole dentro il teatro stesso arriva poi dalla Spagna al Grassi (8-9-10 maggio) ‘La voluntad de creer’ del regista d’origine argentina Pablo Messiez.

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DUE PICCOLE PERLE ITALIANE

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 Una qualche sana irruzione della realtà oltre il teatro e le auto-rappresentazioni, dovrebbe arrivare subito da una singolarissima messa in scena di ‘Frankestein’ in salsa ecologista, che il regista Filippo Andreatta di OHT(Office for a Human Theatre) ha presentato l’anno scorso, dopo la residenza a Centrale Fies, e che il Piccolo rilancia facendola ospitare, il 4 e 5 maggio, nel capannone-galleria di AssabOne (zona Cimiano).

Gli spettatori appassionati milanesi che avevano visto in Triennale Teatro, nel ’20, uno dei precedenti lavori sul paesaggio, molto originale, ‘Curon/Graun’, sanno già che Andreatta è un talento da tenere d’occhio perché in grado di maneggiare la macchina teatrale combinando molto bene il contenuto con l’impatto immaginifico.

L’etichetta ‘da non perdere’ è di rigore anche per via dello stacco di linguaggio rispetto al tradizionale teatro di prosa e di parola: lo spettacolo è affidato alle performer Silvia Costa e Stina Fors, con i contributi chiave del suono e della musica di Davide Tomat, oltre che dell’impianto e delle trovate sceniche.

 Altro titolo italiano atteso dagli appassionati, quasi in chiusura di rassegna, il 18 e 19 maggio al Teatro Grassi, ‘Nina’ di Fanny&Alexander, un gioiello costruito alla maniera tanto particolarmente post-moderna di Luigi De Angelis e Chiara Lagani, sulla vita e le lotte di Nina Simone interpretata dalla soprano Claron McFadden.

Nella foto di Arturs Pavlovs una scena del grande spettacolo sull'arte di Łukasz Twarkowski
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SIETE PRONTI AI PEZZI GROSSI?

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 Senza far torto ad altri appuntamenti di un certo interesse (1) bisogna tenere presente l’alto livello della sfida per due tra le proposte internazionali più impegnative e forse più interessanti, che saranno montate al Teatro Strehler: ‘The Confessions’ (9-11/5) e ‘Rohtko’ (16-18/5).

 Con quasi due ore di ‘The Confessions’ arriva finalmente a Milano il teatro molto particolare, genere stretto ‘di realtà’, del britannico-parigino Alexander Zeldin, che peraltro da alcuni anni ha trovato ospitalità anche a Roma, nel REF.

Allevato alla scuola di sottrazione di Peter Brook, Zeldin dichiara di avvalersi ancora oggi dei consigli drammaturgici dell’alter-ego brookiana Marie-Hélène Estienne. E' amato dalla critica francese che ne apprezza l’impegno sociale e politico nonché la tenacia a coltivare ‘un hyperréalisme saisissant’: stavolta sorprende mettendo in scena direttamente la storia di sua madre e di alcune sue amiche colleghe operaie nella Londra post-tachteriana.

E che si vada dentro le vite vere, senza reticenze, dell’universo femminile della ‘working class’, lo dicono anche solo le avvertenze: ‘lo spettacolo presenta scene di nudo e rappresentazioni, fuori scena, di violenza sessuale…’

 Sono addirittura 225 minuti tondi-tondi allestiti in Lettonia, con attori polacchi, lettoni e cinesi, per il quasi mitico ‘Rohtko’ (occhio all’inversione voluta delle consonanti centrali: correttamente il cognome del grande artista Mark è Rothko), scritto da Anka Herbut per il regista Łukasz Twarkowski.

La storia parte dal caso di una galleria newyorchese a cui fu contestata la vendita, per oltre otto milioni di dollari, di un falso Rothko, che anni dopo si scoprì essere stato dipinto nel suo garage da Pei-Shen Qian, un pittore cinese che insegnava matematica nel Queens.

Le repliche parigine all’Odéon sono state rese ancor più suggestive dalla contemporaneità con la grande mostra alla Fondation Louis Vuitton e non manca chi s’è detto incantato per la profondità della riflessione, anche filosofica, proposta da Herbut e Twarkowski sullo sviluppo estetico delle arti visive dai tempi di Rothko fino all'arte digitale e alla criptoarte di oggi.

La citazione

...l'Europa non è mai stata altrimenti che in questa lotta tra meriggio e mezzanotte.

Albert Camus (2)
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NOTA 1: DAL COMUNICATO STAMPA

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Al Teatro Studio Melato, dal 10 al 12 maggio, torna Mariano Pensotti, del quale nella scorsa edizione del festival il pubblico milanese aveva applaudito Los Años. Con 'La Obra', anche questa una coproduzione del Piccolo Teatro con Wiener Festwochen, dove lo spettacolo ha debuttato, Athens Epidaurus Festival e Festival d’Automne à Paris, in prima italiana, il regista argentino dà vita a una travolgente commedia nella commedia che cerca, nel presente, le tracce della violenza del passato. Lo fa con una mise en abyme speculare e vertiginosa, spettacolare nel suo impianto scenico, che invita il pubblico a districarsi tra gli incessanti ribaltamenti della verità nel suo contrario e viceversa. 

Con 'La Douleur', in scena nella sala storica di via Rovello, per una sola eccezionale serata, nuovamente in collaborazione con il Teatro Franco Parenti, il 14 maggio, giorno della sua fondazione, il Piccolo rende omaggio a Patrice Chéreau, regista indissolubilmente legato alla sua storia, a dieci anni dalla scomparsa. Nel 2008, con la complicità del coreografo Thierry Thieû Niang, Chéreau scelse la stupefacente Dominique Blanc – una delle attrici francesi più acclamate dal pubblico e dalla critica, vincitrice di quattro Premi César, della Coppa Volpi al Festival del Cinema di Venezia e di quattro Premi Molière, di cui uno proprio per questo spettacolo – come interprete del romanzo autobiografico di Marguerite Duras, nato dal diario tenuto dalla scrittrice, militante nelle fila della Resistenza e moglie di un uomo deportato, negli anni terribili della Seconda guerra mondiale. 

Al Teatro Studio Melato, il 14 e 15 maggio, il regista cileno Marco Layera porta una riflessione sul potere rivoluzionario della tenerezza. In 'La posibilidad de la ternura', prima italiana, un gruppo di sette ragazzi cileni tra i 13 e i 17 anni decide di resistere al mandato culturale che li vuole aggressivi e autoritari. Attraverso un processo di creazione collettiva, i giovani, guidati da Layera e da Carolina de la Maza (Teatro La Re-Sentida), costruiscono le fondamenta della propria mascolinità, aprendosi, per la prima volta, al dialogo con l’altro e alla libera espressione dell’affetto. Lo spettacolo, che ha debuttato in autunno alla Ruhrtriennale, fa parte di un dittico il cui primo capitolo, 'Paisajes para no colorear' (2018), era declinato al femminile. 

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NOTA 2 LE QUATTRO CITAZIONI DEDICA

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(Dalla nota di presentazione di Claudio Longhi)

L’Europa è stata la prima a proclamare che «il mondo è fatto dalla cultura», ma anche la prima a scoprire/decidere che, se la cultura è fatta  dagli  uomini,  fare  cultura  è  –  può  essere,  dovrebbe  essere  –  un lavoro/destino/vocazione/ compito dell’uomo. 

ZYGMUNT BAUMAN

L’Europa è qualcosa di illimitato, vale a dire qualcosa che non arriverà mai a racchiudersi nei limiti di qualche terra, di qualche discendenza, di qualche tradizione, di qualche purezza. 

ÉTIENNE BALIBAR

[...] l’Europa non è mai stata altrimenti che in questa lotta fra meriggio e mezzanotte. 

ALBERT CAMUS

È meglio essere legati al proprio tempo consapevolmente piuttosto che inconsapevolmente. 

ERICH AUERBACH

Un momento di 'Frankestein' di Filippo Andreatta OHT (foto di Andrea Macchia)

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