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Biennale danza al via con la rivoluzione 'Noi-Umanista' di Techno-Wayne. Primi spunti dal programma 2024 di McGregor

Wayne McGregor al lavoro nel Royal Ballet di Londra (foto di Paul Hansen)

 Per non perdersi subito in un catalogo di nomi e di titoli, pur davvero impressionante (1), della Biennale Danza che si apre il 18 luglio a Venezia per chiudersi il 2 agosto, si può partire da due frasi che il curatore Wayne McGregor ha scritto nella presentazione ufficiale, a proposito del criterio adottato per le scelte degli artisti che compongono il cartellone di questo suo festival intitolato ‘We Humans’ (ndr, i corsivi sono nostri):

 ‘Svelare la grande complessità, la contraddizione e il mistero della vita umana è una prerogativa professionale dei creativi del movimento invitati alla Biennale Danza 2024. Tutti gli artisti e le compagnie di quest’anno adottano il mezzo della danza come atto filosofico di comunicazione, mettendo alla prova i fondamenti della nostra conoscenza, sfidando le nostre nozioni di realtà ed estendendo la comprensione della nostra esistenza’.

 Prima ancora dei tre concetti guida alquanto suggestivi che sono stati evidenziati in corsivo, bisogna partire forse da quel ‘Noi Umani’ del titolo, che si presenta già con un doppio segno distintivo caricato in maiuscola.

Nel mondo dell’Io e nella civiltà turbo-capitalista degli egotismi, Sir McGregor sceglie la prima persona plurale, e con coerenza assegna il Leone d’Oro alla carriera a Cristina Caprioli, che con la sua compagnia CCAP ha scelto di collocarsi appunto fuori dalle logiche di mercato proponendo un discorso politico sulla danza e sul corpo. 

 Noi, dunque, e anche ‘Umani’: il che sorprende un po', detto proprio dal coreografo che da anni sembra tra i più attenti alle nuove tecnologie e all’Intelligenza Artificiale come in generale agli sviluppi del pensiero scientifico. L’ultimo lavoro di McGregor, appena presentato a Montpellier, ‘Deepstaria’, racconta di una specie rara di meduse con l’impiego del Vastablack Vision per creare l’effetto oscurità dei fondali marini.

Ma quell'Umani forse indica semplicemente un passo indietro, o di lato, rispetto non tanto all'invicibile e sconcertante corsa del progresso tecnologico, quanto invece alle facili nuove ideologie del post-umanesimo. 

 Non si può certo parlare di un cambio di percorso, anzi, basta guardare nel ricco programma. Per fare un primo esempio, Benji Reid, che si autodefinisce ‘choreo-photolist’, in ‘Find Your Eyes’ trasforma il palco nel suo stesso studio fotografico, creando in tempo reale, le immagini dei tre danzatori in scena.

 Ancora, in ‘Human in a Loop’ della coreografa svizzera Nicole Seiter gli spettatori guardano l’Intelligenza Artificiale impostare ‘in diretta’ il movimento per i ballerini. ‘Posguerra’ dell’argentina Melisa Zulberti lavora intorno alle nuove concezioni del tempo nella fisica contemporanea.

 Sfida addirittura i generi Shiro Takatani (fondatore di Dumb Type), e con ‘Tangent’ esplora il tema dello spazio liminare. Sempre citando la presentazione di McGregor, ‘è un’opera scenica serena, bella e drammatica, che trascende con destrezza il confine tra arti visive e performative radicandosi nell’interrelazione tra arte, scienza e tecnologia’.

 Per non dire dell’installazione ‘De Humani Corporis Fabrica’, in cui gli antropologi e cineasti Verena Paravel e Lucien Castaing-Taylor mostrano il frutto di sette anni di lavoro in cinque ospedali francesi, con i corpi dei pazienti ripresi ‘dall’interno’ attraverso speciali telecamere che riproducono l’effetto delle apparecchiature mediche.

 Tra gli appuntamenti da non perdere vanno sicuramente notate le due prime del Leone d’Argento Trajal Harrell (2), tra cui un’ardita sfida con ‘La lettera scarlatta’, il classico della letteratura americana di Nathaniel Hawthorne, che porta inevitabilmente anche il segno del confronto ideale con l’immensa Martha Graham, che affrontò la traduzione in balletto del grande romanzo in un epico allestimento con Rudolf Nureyev.

 Ci sarà spazio anche per il divertimento vero e proprio: sul finale si nota persino una versione comica ‘british’ di Medea!

Sir McGregor sa anche amabilmente scherzare, nonostante le varie onorificenze reali e l’immagine consolidata da stravincente sulla scena della danza: più che un uomo, per dirla con la puntuta critica Laura Cappelle, McGregor è ormai una macchina da coreografie, ‘a prolific movement-making machine’.

 E’ appena stato riconfermato alla guida di Biennale Danza, per un secondo mandato. Forse il nuovo presidente Pietrangelo Buttafuoco ha pensato bene di stare alla larga dal ginepraio politico che la scelta di un eventuale successore avrebbe inevitabilmente creato tra le cugine e i cugini danzanti dei Fratelli d’Italia.

Di certo, Buttafuoco può contare sul fatto che nessun dirigente politico si scomoderà per la Danza e men che meno si leggerà mai il saggio portante del catalogo di questa ‘We Humans’, affidato alla scrittrice americana Claudia Rankine, che va dritto-dritto a parare sui problemi più scottanti del presente storico, con un taglio militante che al festival di Atreju liquiderebbero come ‘da centro sociale’.

 Sempre per stare sulle battute, la riconferma di McGregor sarà stata accolta con grande gioia - s’immagina - anche dei gelatai tra San Marco e il sestiere di Castello (il buon Wayne sostiene che di Venezia è il gelato la cosa che gli piace di più) e dello sponsor Bottega Veneta che lo riveste per i servizi fotografici più chic, quando deve smettere la tuta sportiva da lavoro.

 Come in ogni Biennale che si rispetti, incontri e attività didattiche varie accompagnano tutto il festival, e anche il pubblico avrà occasione di conoscere da vicino i principali coreografi invitati, negli incontri dopo gli spettacoli. E chissà come si presenterà McGregor stesso dopo il gran finale al Palazzo del Cinema al Lido, per la prima mondiale del suo nuovo 'We Humans Are Movement', creazione site-specific della Company Wayne McGregor realizzata in collaborazione con i danzatori di Biennale College.


Trajal Harrell in 'Tambourines' da 'La Lettera Scarlatta' (foto di Orpheas Emirzas)

(1) Il festival include 7 prime mondiali (tra cui lavori di Cristina Caprioli, Wayne McGregor, Melisa Zulberti e altri) nonché co-commissioni con Dumb Type, Lucien, GN|MC, così come 2 prime europee e 11 prime italiane, da leader iconici della danza mondiale a nuove voci emergenti e innovative. Oltre 160 artisti saranno presenti a Venezia con 80 eventi in 17 giorni.

(2) 'L’estremista del movimento e beniamino della Biennale Trajal Harrell (nostro Leone d’Argento) presenta due opere di grande impatto emotivo per ambienti diversi. 'Sister or He Buried the Body' è un assolo ferocemente personale per/da Harrell stesso, eseguito in un contesto intimo e ravvicinato, mentre 'Tambourines', una versione cruda e spoglia de 'La lettera scarlatta' di Nathaniel Hawthorne, vede la straordinaria compagnia di Harrell immergersi nei temi della razza, del genere e della politica nell’America coloniale. Entrambi i lavori esemplificano “l’archiviazione fittizia” con cui Harrell rigenera materiali storici e forme di danza preesistenti'. (dalla presentazione di Wayne McGregor)


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