" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Ci siamo: è il momento dei bilanci per l’anno che se ne va, è tempo di nomination e di premi. E stavolta si balla davvero

Una scena di ‘Liberté Cathédrale’ di Bruno Charmatz
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QUASI FUORI TEMPO MASSIMO...

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 Per il 2023 non è facile resistere alla tentazione di parlare prima di tutto dell’ultimo spettacolo visto al Teatro Franco Parenti di Milano il 5 dicembre, ‘Over Dance’, bellissimo, incalzante e commovente, con interpreti senior-senior, persino un’ultra ottantenne. Nasce da un progetto ambizioso, e invero quanto mai significativo, per il mondo della danza dove s’invecchia e si viene messi da parte così precocemente, nonché per le nostre società occidentali sempre più sbilanciate in avanti sotto il profilo demografico.

Tant’è che 'Over Dance' vanta un partner scientifico, la Fondazione Ravasi Garzanti di Milano, e vari produttori di prim’ordine, Aterballetto di Reggio Emilia, il Ballet Preljocaj di Aix-en-Provence, il Théâtre national de la Danse Chaillot di Parigi, ERT Emilia Romagna Teatro, Festival Aperto-I Teatri di Reggio Emilia e Santa Chiara di Trento. 

 Ovviamente, oltre agli otto ballerini che sono in scena per 50 minuti di ‘Birthday Party’ e la coppia che anima il quadro d’apertura di 15 minuti ‘Un jour noveau’, il risultato strepitoso di ‘Over dance’ si deve senza dubbio al talento artistico di uno dei più grandi coreografi europei, Angelin Preljocaj, qui affiancato, nel pezzo introduttivo, dal direttore artistico dello stesso Chaillot Rachid Ouramdane

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PINA B. HA TROVATO UN VERO EREDE?

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 Riguarda decisamente il mondo francese della danza anche l’indimenticabile capolavoro ‘Liberté Cathédrale’, presentato quasi in chiusura della Biennale di Lione, all’interno di un capannone dell’Usuine Fagor, da Bruno Charmatz con la compagnia del suo Terrain accanto quella storica di Wuppertal fondata da Pina Bausch

 Ambizioso, tormentato e complesso fin quasi all’indecifrabile, è uno spettacolo letteralmente incantevole. Racconta in cinque atti una sorta di assemblea dei ballerini delle due compagnie, che si tiene quasi di nascosto dentro a una cattedrale. Ripresentato per la prima volta in un luogo teatrale vero e proprio all’Opéra de Lille, dal 14 al 19 dicembre, è uno spettacolo che probabilmente segna quasi una cesura di genere: per stare alle formule, siamo nel post-teatro-danza, a una sorta di ‘Café Müller’ di oggi. 

 Potrebbe essere l’inizio di una nuova stagione, ‘Liberté Cathédrale’, come invece anche solo un esordio fortunato del primo progetto franco-tedesco del coreografo che è stato chiamato a raccogliere un’eredità tra le più pesanti della scena europea contemporanea. Difficile, se non quasi impossibile, che arrivi anche in Italia, salvo sorprese da Biennali Teatro o Danza, piuttosto che dal prossimo REF. Volendo vederlo, finora per il 2024 è previsto in tour soltanto a Parigi, dal 7 al 18 aprile, al Théâtre du Châtelet.


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L'INCANTO VIRA SUL PERFORMATIVO

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 Virano sul perfomativo decisamente anche altri due spettacoli strepitosi visti quest’anno, il meraviglioso ‘Het land Nod’ (La Terra di Nod) del collettivo belga FC Bergman, allestito in un capannone industriale di Mestre per la Biennale, e il perfetto ‘EXIT ABOVE, after the tempest’ di Anne Teresa De Keersmaeker con la sua Compagnie Rosas (che fortunatamente è passato a Torino danza e ai Teatri di Reggio Emilia). 

 E tanto per stare sulla tendenza che più di ogni altra segna il meglio del teatro di oggi, una citazione con lode va anche per il nuovo spettacolo presentato a Barcellona nell’estate del 2023 da Agrupación Señor Serrano‘Una isla’, sul tema dell’intelligenza artificiale.

Nuovo anche come linguaggio, con in scena una protagonista (Carlota Grau Bagés) e vari ballerini, nonché con una costruzione insolitamente tecnologica rispetto alle solite miniaturizzazioni riprese dal vivo con le telecamere, cui ci hanno abituato Alex e Pau.

Da non perdere, per esempio al prossimo appuntamento milanese in Triennale, dopo i successi a Torino e a Udine.

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NANNI NON INCIAMPA NEGLI APPLAUSI

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 Venendo al teatro-teatro nel senso tradizionale, è grazie ancora alla Biennale Emerald che i fortunati spettatori presenti il 21 e 22 giugno hanno potuto vedere una singolarissima opera di Mattias Andersson ‘Vi som fick leva om våra liv’ (Noi che abbiamo vissuto le nostre vite di nuovo). Spettacolo commovente e unico, di un filone in Italia per niente frequentato come l’indagine socio-antropologica, era stato allestito da  Andersson con la sua precedente compagnia del Backa di Gothenburg.

Ora è stato chiamato a dirigere il Royal Dramatique di Stoccolma ed è considerato il nuovo Ingmar Bergman, peccato che in Italia si siano ricordati di chiamarlo giusto gli attuali curatori veneziani Stefano Ricci e Gianni Forte

 Per i fatti e i personaggi di casa, l’ultima stagione è stata senza dubbio segnata dall’esordio di Nanni Moretti, e non si bene nemmeno idealmente quale premio possa ancora meritare il nostro regista di cinema più riverito dagli intenditori. In fondo, affrontando per la prima volta il teatro ha rischiato davvero tanto, e giusto per il piacere di poter salire sul palcoscenico a riscuotere gli applausi dopo quasi tutte le rappresentazioni.

Eppure, bisogna dire che in realtà Moretti si è affacciato nel mondo del teatro in punta di piedi, scegliendo di rappresentare fedelmente due testi significativi e meritevoli, scritti da Natalia Ginzburg per la televisione, e messi appunto in scena come tali, ossia come si sarebbe fatto alla Rai di una volta.

Nanni Moretti ritratto al Carignano di Torino da Luigi De Palma
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LEO, FAUSTO E SUPER-VALENTINA

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 Parlando di regie, si è sicuramente distinto per il tragitto cechoviano Leonardo Lidi, molto convincente alle prese con ‘Il Gabbiano’ e vedremo presto anche per ‘Zio Vanja’. 

 Come attore-regista e per la bella operazione culturale di ripresentare oggi ‘L’arte della commedia’ di Eduardo De Filippo, tanto di cappello nuovamente a Fausto Russo Alesi

 E per non tediare sempre di citazioni Massimo Popolizio, ora chiamato dal Piccolo a uno storico confronto con il primissimo Strehler per ‘L’albergo dei poveri’, si può pescare dal suo Miller l’attrice che meriterebbe tutti i premi che finiscono in genere ai nomi noti, Valentina Sperlì. Non è facile reggere in scena la parte della moglie trascurata e ferita di Eddie Carbone, in ‘Uno sguardo dal ponte’ dove lui è Popolizio, ma anche solo la scena della sfida con la giovane rivale, quel ‘Ma tu credi che io sono gelosa di te?’, detto quasi con sprezzo, vale il prezzo del biglietto e sancisce una carriera d’alto livello come quella della Sperlì.

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OCCHIO A QUEL DUO, E PURE A NICOLA

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 Sul fronte attori, non può avere dubbi chi ha visto ‘Aspettando Godot’ di Theodoros Terzopoulos per ERT con Enzo Vetrano e Stefano Randisi, e sa di che cosa parliamo quando parliamo di Samuel Beckett e del suo arcinoto capolavoro sulla simbiosi umana come forma di sopravvivenza. Sono sempre così bravi ma stavolta ancor di più (non perdete questo spettacolo di Terzopoulos, è ancora in tournée). 

 E già che siamo all’alchimia di un duo esemplare, di riflesso si arriva anche a Nicola Borghesi che ha sfidato per gioco Vetrano e Randisi in palcoscenico e merita il plauso per l’impegno della sua compagnia bolognese Kepler-452, che ha osato portare a teatro nel 2023 una lotta operaia autentica, non romanzata ma scritta con il collettivo di fabbrica della GKN, intitolata ’Il Capitale. Un libro che ancora non abbiamo letto’. 

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'TEMPESTATI' A NUDO CON CORAGGIO

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 Menzione speciale, infine, per il progetto ‘La danza dell’omissione’ di Teatro persona nelle ultime settimane della tournée de ‘La Tempesta’ di Alessandro Serra.

Qualcuno può obiettare: perché continuare ad elogiare sempre e solo il maestro, ché tanto speriamo presto di aver modo di parlare del suo prossimo lavoro? Già, in questo caso vanno proprio ammirate anche la bravura e la generosità degli attori che hanno accettato persino di misurarsi ‘nudi e crudi’, fuori di scena, senza nemmeno le luci, per far vivere allo stato puro il capolavoro shakespeariano della misericordia dentro ad alcune case circondariali e ad altri luoghi disagiati.

E’ la bellezza del teatro vero e ‘povero’, che si rinnova uscendo finalmente fuori dalla prigione dei teatri.    

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