" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Maschere borghesi, artisti, misantropi, poeti e clandestini

Sopra il titolo, riproduzione di ‘De Intrige’ di Ensor.

Non poteva che arrivare dalle Fiandre, regione di punta del teatro in Europa, l’idea di allestire a Milano una sorta di cena-spettacolo per presentare gli eventi culturali della prossima stagione turistica. Un attore e doppiatore consumato, Daniele Ornatelli, si è calato nei panni del pittore fiammingo James Ensor (che verrà celebrato, a 75 anni dalla scomparsa, con numerose iniziative nella città natale di Ostenda) e ha guidato gli spettatori in un viaggio ideale nelle sue Fiandre, cultura e natura e attrazioni, ostriche e birre e cioccolato, facendo vivere anche le fotografie e i filmati che venivano proiettati su grandi schermi a parete. Compito arduo, invero, per un attore appena sceso dal palcoscenico del Teatro Leonardo dov’era impegnato un’insolita ‘Locandiera’ in salsa pop di Corrado d’Elia per MTM, ma si capiva che Ornatelli si era preparato bene e soprattutto non si era fatto troppo condizionare dall’immagine che i biografi dello stesso Ensor ci consegnano, di un misantropo dal carattere difficile. Del resto, un Barone che, da giovane, verso fine Ottocento, si dichiarava anarchico, come Ensor, non poteva che detestare la società occidentale decadente e annoiata, così come si andava già manifestando, soprattutto in una zona ricca come la regione di Bruxelles e in una città segnata per prima dal turismo come Ostenda. Ed è questo, in fondo, che suggeriscono tutti quei volti deformati e grotteschi dei borghesi ritratti nel carnevale tragico della vita sociale, dipinti dal grande pittore nel periodo pre-espressionista, quando Ensor diventò un punto di riferimento anche per le avanguardie dadaiste e surrealista.

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PRIGIONIERO DELLE CIANFRUSAGLIE

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Ensor, moderno erede di una certa pittura fiamminga - si considerava affine alla tradizione dell’altro Rinascimento alla Bosch -, è morto nel 1949 ormai novantenne. Prima di andare a studiare a Bruxelles, era cresciuto nel negozio della madre a Ostenda, dove si vendevano souvenir e curiosità esotiche ai turisti. La bottega materna, ricordava Ensor stesso, ‘era tutta iridescente di conchiglie e sontuosi merletti, ma anche di strane bestie impagliate e terribili armi di selvaggi che mi spaventavano’. Nonostante ciò, il pittore scelse poi di vivere pressoché autorecluso in una casa-studio stracolma di oggetti, tra cui tantissime cineserie e una collezione di maschere carnevalesche. Oggi la casa è diventata un museo. Lo stesso Ensor artista ha una parentela strettissima con il teatro, dato che le maschere sono una presenza fissa nei suoi dipinti, e non mancano gli studiosi, come lo storico dell’arte Giuseppe Nifosì, che hanno paragonato la produzione novecentesca del pittore fiammingo alla poetica del suo quasi coetaneo Pirandello.

Un momento della presentazione ‘recitata’ delle Fiandre
La citazione

Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti.

Da ‘Uno, nessuno e centomila’, del 1925. Tra l’altro, Luigi Pirandello nel 1934 è stato il primo Nobel per la letteratura che non volle pronunciare nessun discorso alla cerimonia di consegna.
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CHE PROVA, FAR RIVIVERE LA SZYMBORSKA

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In tema di anniversari artistici e di Nobel per la letteratura mal digeriti, ricorrono anche i cento anni dalla nascita di Wisława Szymborska, poetessa amatissima anche dagli uomini di teatro, citiamo ad esempio solo Milo Rau che sui versi dedicati dalla scrittrice polacca al ‘sesto atto’ della tragedia, ha costruito lo snodo del suo spettacolo di punta ‘La reprise’. In occasione del centenario, in Italia andrà in scena ‘Ascolta, come mi batte forte il tuo cuore. Poesie, lettere e altre cianfrusaglie di Wisława Szymborska’, un omaggio firmato dallo studioso Sergio Maifredi (allievo di Pietro Marchesani, che ha fatto conoscere Szymborska in Italia e ne ha tradotto per Adelphi l’opera omnia). La voce di Szymborska è stata affidata a un’attrice eccellente come Maddalena Crippa e chissà se, esperta e affinata com'è, anche vivendo accanto al grande regista Peter Stein, seguirà la strada di un’interpretazione tutt’altro che sopra le righe, lo stesso perfetto taglio minimalista, insomma, con cui Rau ha fatto affrontare i delicati versi della Szymborska alla sua bravissima Sara De Bosschere, attrice fiamminga di punta del teatro artistico. Nello spettacolo di Maifredi, promette un comunicato, saranno letti numerosi inediti, anche lettere d’amore rimaste fino ad oggi segrete. Del resto Szymborska viveva in modo alquanto riservato e distaccato, prima della ‘tragedia di Stoccolma’, come i suoi amici chiamavano il Nobel. Lo spettacolo debutta in prima nazionale lunedì 27 marzo al Teatro Vittoria di Roma e poi dal 4 aprile sarà a Milano, Teatro Litta, segue tournée. Dal 15 giugno al 3 settembre, al Museo Villa Croce di Genova, si potrà visitare la mostra ‘Wisława Szymborska. La gioia di scrivere’, che poi si sposterà a Bologna e a Milano. Comprende documenti, fotografie, il taccuino con gli appunti da cui nascevano le poesie e anche 85 collage che la poetessa usava regalare ad amici e visitatori. Anche la mostra è curata da Sergio Maifredi con Andrea Ceccherelli e Luigi Marinelli, che hanno lavorato anche al testo teatrale affidato alla Crippa. 

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IL POETA CLANDESTINO DA PARIGI A MILANO

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La fiacca e opulenta scena teatrale borghese milanese ogni tanto prende fortunatamente ancora qualche scossa dalla travolgente e contraddittoria vita della metropoli, e non solo per via di qualche commemorazione (vedi all'Out Off 'Regredior' di Giovanni Testori). Si fa notare, per esempio, il debutto all’Elfo Puccini, martedì 21 marzo, di ‘Cristophe o il posto dell’elemosina’, un nuovo lavoro di Nicola Russo, anche perché arriva a ridosso di un avvilente cicaleccio pubblico su accattoni e borseggiatori. Nasce da un incontro casuale a Parigi - dell’allora giovanissimo studente e aspirante attore Russo (che poi si affermerà con Bruni e De Capitani all'Elfo, arrivando a lavorare anche con Ronconi e Nekrosius) - con Sami, o Christophe come preferiva farsi chiamare, un immigrato clandestino tunisino che viveva chiedendo soldi in giro. Dopo il rapporto diretto ha fatto seguito un intenso scambio epistolare. Da queste lettere conservate negli anni, Nicola Russo ha reinventato la storia di Christophe, e attraverso le sue parole porta gli spettatori ‘normali’ nella solitudine del ‘sans-papiers’ e tra i segreti dell’arte dell’elemosina. La messa in scena prevede uno spazio senza divisioni tra palco e platea, come un’ideale città da abitare insieme, per portare alla ribalta il mondo interiore di un poeta clandestino che ha lasciato una traccia sorprendente, attraverso una singolare corrispondenza (le lettere, a volte corredate di piccoli oggetti, sono esposte nel foyer del teatro). Lo spettacolo ha vinto il premio Le Cure della Caritas Ambrosiana.

Nella foto di Laila Pozzo, Nicola Russo in 'Cristophe o il posto dell'elemosina'

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