" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Conforti Rossi in biblioteca

Nella foto di Massimo Baxa, Paolo Rossi durante le prove di 'Pane o libertà'

Non si può non parlare che bene, o benissimo, della rassegna estiva del Teatro Menotti di Milano nel Cortile d'Onore della Biblioteca Sormani. Sarebbe bello sentirsi culturalmente adeguati per commentare alcune proposte davvero superbe, come la sorprendente serata dei New Gipsy Project con la prima viola della Scala Danilo Rossi. Ma di Rossi la sera prima era passato Paolo, con il nuovo spettacolo 'Pane o libertà. Per un futuro immenso repertorio'.

E bisognerà pure rendere il doveroso omaggio che merita, a questo eterno monello che stavolta si mette in gioco "sia come attore, sia come personaggio e come persona" in un'esibizione che si presenta esplicitamente come "un genere di conforto" per gli spettatori. Chè poi, in realtà, alla fine, Paolo Rossi lascia anche un po' di sconforto: con uno di quei colpi magistrali, passa come se niente fosse dal clou di un esilarante racconto 'intestinale' al più celebre monologo di Shakespeare, e subito dopo ai più triti ritornelli di Mogol-Battisti: fa così baluginare la sua grandezza attoriale mentre ci mostra la nostra imbecillità di ochette da televisione (spoiler, ma non troppo).

Peccato non poterlo seguire in tutte le date, così da distinguere meglio le battute che a volte finiscono sopraffatte dalle risate del pubblico e così soprattuto da raccogliere fior da fiore della sua aneddotica (in Sormani c'è stato un omaggio affettuoso ma tutt'altro che retorico a Enzo Jannacci, chissà quando è la volta di Dario Fo...).

Peccato, infine, non averlo potuto seguire nella puntata a Grottamare, dove, nel pomeriggio precedente lo show, Paolo Rossi è stato chiamato a tenere una conferenza sul genio irriverente del suo più grande e remoto maestro, Rabelais. Il primo ad aver esercitato la satira contro il potere sulla base di un'intuizione geniale: 'totus homo fit excrementum', come scrisse Victor Hugo.

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