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Con Tebe esce di scena Eugenio Barba, che ne sarà del teatro 'totalmente Altro'?

 Si apre il 6 ottobre a Lecce l’ultima tre giorni sul palcoscenico di uno straordinario protagonista, Eugenio Barba, il fondatore dell’Odin Teatret di Holstebro, ovvero di un’idea di teatro del ‘totalmente Altro’, intitolata appunto al dio nordico che scatena le forze oscure per distruggere o elargire conoscenza. Le cerimonie degli addii non finiscono mai e per fortuna che in questo caso si tratta di un passaggio, dall’impegno in primo piano al lavoro culturale dietro le quinte, preziosissimo, e al solito di caratura internazionale.

E’ lo stesso Barba che lo sta spiegando in un lungo e in largo, con il consueto entusiasmo, come possiamo leggere nelle interviste e come già si può concretamente vedere dal sito della nuova casa che questo grande maestro ha voluto costruire con Julia Varley, attrice e animatrice culturale che dal ’76 è stata al suo fianco. Dopo un passaggio al Vascello di Roma l’ultima impresa di BarbOdin, ‘Tebe al tempo della febbre gialla’, settanta minuti distillati rigorosamente in greco antico, va in scena per tre imperdibili serate al Koreja, campo d’azione teatrale di Lecce. 

 Simbiosi anche linguistica tutt’altro che casuale: come scrivono i fondatori di quest’altra esperienza più unica che rara del nostro mondo teatrale, il termine Koreja è una forzatura dal dialetto griko in cui koreya vuol dire ‘movimento circolare’ che a sua volta deriva dal greco antico χορεια. Il termine è inoltre presente in uno degli scritti di Jerzy Grotowski in cui una koreja vuole dire precisamente tre in uno: danza, musica, canto. Sin dagli esordi, la compagnia è diretta da Salvatore Tramacere, attore e regista formatosi accanto a importanti personalità del teatro internazionale come Eugenio Barba, Iben Nagel Rasmussen, Cesar Brie, Silvia Ricciardelli e Pina Bausch.

 E veniamo alla Tebe di queste ultime sere (avviso ai fortunati: info e prenotazioni 0832 242000; biglietti su vivaticket.it) attenendoci, anche in segno di rispetto nei confronti di un dio dei dettagli, alle parole di presentazione scritte dallo stesso BarbOdin: È il giorno dopo la battaglia. La guerra tra i due figli di Edipo per il dominio di Tebe è terminata. La ribelle Antigone è stata punita per aver profanato la legge della città. Le famiglie seppelliscono i loro morti. Il fantasma di Edipo si aggira tra i cadaveri. Creonte e Tiresia ordiscono la pace. La Sfinge e la peste sono in agguato. Per noi tutti è primavera, tempo di innamoramenti. Il futuro è frenesia di sole e oro: una febbre gialla.

‘A volte’, racconta Eugenio Barba, ‘ho la sensazione che un sottile muro di aria separi il mondo in cui mi muovo da un mondo che mi sta accanto. Uno spasmo della memoria o un cambio di coscienza mi trasportano inaspettatamente in un’altra realtà. Basta un nome, un’immagine, un suono. Il sottile muro si dissolve e io scivolo nel mondo che costeggia quello in cui mi muovo. Lì figure note e ignote si avvicinano e mi raccontano storie che conosco bene rivelando, però, dettagli segreti o fornendo spiegazioni impensate. Insinuano nelle mie mani un’elemosina inaspettata: frammenti di una conoscenza rinnovata. Questa dissociazione mi accompagna da quando avevo nove anni e vidi morire mio padre. Questa realtà parallela è pronta ad accogliermi per confortarmi o esaltarmi. Il mio mestiere di regista ha dato una giustificazione a questa ubiquità’.

  Lo spettacolo apre idealmente il progetto ‘Living Archive Floating islands. Eugenio Barba, Odin Teatret e Terzo Teatro’, che prevede poi dimostrazioni di lavoro, incontri e riflessione su un archivio straordinario, un Archivio vivente tra Biblioteca Bernardini di Lecce e Cantieri Teatrali Koreja: otto giorni di narrazioni, performance e la presentazione del suo Archivio che sarà accolto alla Biblioteca Bernardini. Finite le repliche di Tebe, lunedì 10 ottobre sarà la volta di Else Marie Laukvik, con ‘I miei bambini di scena’, martedì 11 ottobre di Iben Nagel Rasmussen con ‘Bianca come il gelsomino’ e infine della stessa Julia Varley, impegnata ne ‘Il tappeto volante’.

Alla Biblioteca Bernardini il 13 ottobre ci sarà l'inaugurazione ufficiale degli spazi e delle attività di ‘Living Archive Floating islands’ (vedi la prima presentazione del 3/1) e un talk da non perdere sul tema proprio degli archivi viventi, presenti, tra gli altri, lo storico del teatro Franco Perrelli e, ovviamente, lo stesso Barba. ‘Living Archive Floating Islands’ inquadra la vita e l'opera di Eugenio Barba, i sessant'anni di avventura dell'Odin Teatret come laboratorio teatrale, e la memoria delle Floatings Islands: questo è il nome che Barba ha dato al Terzo Teatro, la variegata cultura dei gruppi e delle reti teatrali che hanno segnato la storia del teatro dalla seconda metà del Novecento. Sarà un archivio-mostra-installazione interattivo, che conserva e presenta migliaia di materiali e manufatti - libri, documenti, video, film, set, oggetti - in una cornice ludica fantasiosa. L'obiettivo è quello di preservare e studiare le testimonianze del passato e di reinventarle come universo artistico, così come accade da oltre un anno con il Fondo Carmelo Bene già allestito negli spazi contigui all’Archivio Barba che viene inaugurato.

 Il lungo addio alle scene di BarbOdino, partito da Holstebro il 12 settembre, passerà poi inevitabilmente per la ‘sua’ prima patria teatrale, la Polonia dove nacque il fortunato incontro con Grotowskii, e andrà in scena dal 22 al 25 ottobre al Rampa Kultura di Goleniow, nuova sede del Grodzka Gate-NN Theatre di Tomasz Pietrasiewicz, intellettuale e regista particolarmente impegnato sul tema della memoria dell’Olocausto. Infine, dall’8 novembre le ultime Tebe si potranno vedere a Le Théâtre du Soleil di Ariane Mnouchkine, che dal 1970 si è installato a La Cartoucherie di Vincennes, una vecchia fabbrica abbandonata nella periferia est di Parigi.

Per la cronaca anche Mnouchkine, classe 1939, altra protagonista monumentale del teatro contemporaneo, è annunciata ancora al lavoro e in cartellone con la ripresa, dal 9 dicembre, de ‘L’ÎLE D’OR, Kanemu-Jima’, creazione collettiva del Théâtre du Soleil con Hélène Cixous, scrittrice, drammaturga e femminista di primo piano, e musiche di Jean-Jacques Lemêtre. Chissà se i parigini avranno anche la fortuna di incontrare insieme Barba e Mnouchkine, magari per l’ultima replica  di ‘Tebe ai tempi della febbre gialla’ il 19 novembre.

 La febbre gialla del titolo dell’ultimo spettacolo di Barba, che peraltro viene facile leggere come una metafora sul post-pandemia, in realtà rimanda alla vera e propria smania artistica, esplosa nella seconda metà dell’Ottocento, soprattutto per opera dei pittori impressionisti, dell’utilizzo dei pigmenti gialli chimici appena inventati (in particolare il giallo limone da cromato di bario, il giallo cromo e il giallo cadmio).

Ci sentiamo dunque liberi di pensare a un riferimento a qualcosa di simile, seppur paradossalmente ribaltato nel rapporto con la tecnologia industriale, a ciò che in effetti è accaduto nella seconda metà del Novecento, per intenderci dopo la svolta dell’arte povera, che ha visto Barba stesso protagonista accanto a Grotoswkii nel disegnare la nuova scena alternativa multiculturale post-teatrale.

E viene facile pensare che adesso, come un novello Prospero all’epilogo shakespeariano de ‘La Tempesta’, Barba invochi un po’ anche la nostra indulgenza con questo ultimo spettacolo. Risuona inevitabilmente quello stesso invito dal palcoscenico: ‘Scioglietemi da ogni legame con mani generose’. Peccato che BarbOdino sia stato così a lungo di una sostanza tale, che noi tutti dramaholic fatichiamo, davvero più del solito, a lasciarlo libero di uscire di scena. 

 Nella foto di Rina Skeel per Odin Teatret Archives, una scena di ‘Tebe ai tempi della febbre gialla’

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