" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

E la nave va, da un pianeta molto lontano, verso l'approdo di un nuovo Racconto dei popoli in movimento

Il regista e autore Enrico Baraldi sulla Sea Watch 5 (foto di Geraldine Morat Hofmaier)

 Nessuno certo sentiva il bisogno di un così clamoroso effetto Trump, con il varo delle deportazioni dei migranti e il brusco taglio degli aiuti umanitari americani, e nemmeno del balzo in avanti delle destre nazionaliste e xenofobe in Europa. 

 Ci mancava pure il nuovo scontro tra il governo di Giorgia Meloni e i giudici tutti, ordinari, d’Appello e di Giustizia europei, sul balletto delle ‘ricollocazioni’ in Albania e dei respingimenti nei ‘Paesi di origine sicuri’…subito dopo cotanto caso di fuga di Stato, garantita al generale torturatore libico Almasri! 

 Così, tra l’altro, parlando della stagione teatrale d’inizio 2025, un appuntamento di per sé già molto atteso come la prima di ‘A place of safety - Viaggio nel Mediterraneo centrale’ di Kepler-452, all’Arena del Sole di Bologna, il 27 febbraio, si carica oggettivamente di sempre maggiori aspettative. 

 In questo caso, del resto, si parla pur sempre di un genere particolarissimo di ‘post-teatro di realtà fatto con la realtà’, esplicitamente umanista militante e di testimonianza politico-culturale.

Non è che disprezzino gli eterni ammiratori di Peter Brook o i grotowskiani oltranzisti, questi benedetti ragazzi che si sono scelti come nome quello del pianeta più lontano e più simile alla Terra che sia stato scoperto di recente. Sono soltanto di un mondo dopo, si sono messi in compagnia nel 2015, uno nemmeno trentenne e l’altro poco più. E vogliono semplicemente proporre una forma viva e precisa, perciò tout court politica, di rappresentazione del presente.  

 Il fortunato precedente de ‘Il Capitale’, che ha portato la compagnia di Enrico Baraldi e Nicola Borghesi alla ribalta anche europea, ha di fatto contribuito, in maniera aperta, a far rimettere all’ordine del giorno la realtà delle lotte di fabbrica in un’epoca di turbo-capitalismo finanziario.

 Questo ‘A place of safety’, nel pieno della stagione del Risentimento occidentale, si pone addirittura l’obiettivo forse più ‘in direzione ostinata e contraria’ che ci si possa dare oggi: concorrere a un tentativo di ‘Cambiare il racconto sui popoli in movimento’. 

 Così, peraltro, suggerisce il titolo della stessa presentazione pubblica del nuovo lavoro, che si terrà domenica 2 marzo, sempre nel teatro di Bologna, presenti esperti e protagonisti della contro-narrazione mediatica nonché la variegata compagnia che ha retto la scena delle prime rappresentazioni, con diversi esponenti di organizzazioni umanitarie a interloquire con Nicola Borghesi.

 Puntualmente, con l’efficienza sorridente ben nota, si sta impegnando a dovere la famiglia allargata di Emilia Romagna Teatro, che ha come ‘adottato a distanza’ i pur vicinissimi bolognesi di Kepler-452, cioè garantendo la totale indipendenza e il sostegno alle loro creazioni, in questo caso con altre due tra le migliori realtà istituzionali italiane, il Teatro Metastasio di Prato e CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia.

 Il lancio di ‘A place of Safety’ è cominciato con largo anticipo, e un articolato comunicato stampa (1) con le prime foto è stato diffuso da ERT con la ‘fatidica’ data del 1° febbraio.

Il giorno stesso, guarda caso, in cui i giornali di quasi tutto il mondo analizzavano gli effetti del primo provvedimento suggerito da Elon Musk ‘nuovo Doge’ (come da sigla del dipartimento per i tagli di bilancio) al Presidente Trump: la brusca e immediata sospensione degli aiuti umanitari americani. A cui è seguito, peraltro, l'attacco frontale contro l'agenzia pubblica UsAid, 'nido di serpi dei marxisti della sinistra radicale che odia l'America' (X-Musk).

Questo stop agli aiuti umanitari è stato considerato un vero 'choc tettonico' planetario, dato che gli Usa mettono sul tavolo delle organizzazioni internazionali impegnate nel mondo, di cui sono il primo contribuente, qualcosa come 64,7 miliardi di dollari (62,4 miliardi di euro, dato OCSE 2023).

 ‘Le vittime di questo atto di crudeltà senza pari potrebbero essere centinaia di migliaia’, ha commentato il direttore di ‘Libération’ Dov Alfon (la Francia borghese vanta una ricca tradizione di volontariato laico, vedi anche solo l'esercito di 65mila volontari che nel mondo si raccolgono in Médicins Sans Frontières).

Basti pensare che a restar subito privi degli aiuti americani con cui campavano, saranno i rifugiati nei campi profughi più precari delle situazioni di guerra, per esempio i centomila disperati a Mae La e altri accampamenti tra Birmania e Thainlandia, i quarantamila reclusi a Roj e Al-Hol, nel nord-est siriano, e via elencando.

‘Un mondo impoverito finirà per impoverire anche l'America’ ha spiegato ancora Alfon. ‘Ma lo capiremo ex post, il lungo e il medio termine adesso sono scomparsi dal dibattito pubblico, a Washington come altrove’. 

Prove di 'A place of safety': da sinistra Miguel Duarte, Flavio Catalano, José Ricardo Peña, Giorgia Linardi, Nicola Borghesi - con caschetto e microfono -, Floriana Pati (foto di Alberto Camanni)

 Ha un che di paradossale, tra l’altro, che l’ideologia neo-utilitarista a cui si ispirano Musk e i nuovi techno-oligarchi, si chiami invece ‘long terminism’ perché in nome degli obiettivi di lungo periodo, come il mondo dell’Intelligenza artificiale e la colonizzazione dello spazio, invita i Paesi ricchi a lasciar perdere i problemi irrisolvibili del presente.

Cancellate pure ogni insensato residuo ideologico ecologista o umanitario - ripetono come un mantra i ‘lungo-terministi’ -, bisogna pensare al futuro dell’Umanità, tanto i poveri al presente sono condannati comunque a continuare ad esserlo e la Natura si è sempre rigenerata (sic!)

 E’ chiaro che poi, in concreto, tutto viene ammantato con trovate comunicative diaboliche e di facile effetto: il giorno dopo l’annuncio del blocco dei fondi umanitari dalla Casa Bianca sono arrivate spiegazioni relative di merito, mescolando fake come: ’50 milioni di dollari erano stati diretti per finanziare l'acquisto di preservativi a Gaza, uno spreco grottesco di denaro dei contribuenti’, e riferimenti effettivi a piani certo poco sintonici con il trumpismo, per esempio la protezione di persone LGBT+ in Libano o la prevenzione dell’HIV in America Latina.

 Come sottolineato più volte dall’entusiastico consenso via Twitter di Musk, i nostri Matteo Salvini e Meloni si possono considerare all’avanguardia di questo nuovo trend mondiale, con la rigida applicazione delle nuove leggi per ostacolare le organizzazioni umanitarie che operano nel Mediterraneo, dopo il tentativo social-mediatico di additarle come complici dei ‘mercanti di morte’ dell’immigrazione clandestina. 

 Ecco che, dunque, per tornare all’appuntamento di fine febbraio all’Arena del Sole, è impossibile anche solo affrontare separatamente dal valore etico-politico, la vera e propria prova teatrale, tanto impegnativa anche sotto il profilo per così dire estetico, che attende comunque Kepler-452.

 Ora, per metterla un po’ sul ridere dopo tanta serietà, chissà chi dei due fondatori della compagnia ha deciso per primo di dirigersi verso questo Castello di Frankestein jr., magari - s’immagina - il birrofilo Nicola ha indicato a Enrico la meta imponente e oscura, in una nottata di convivialità ‘luppolare’, ‘Lup…Luppululà? Luppo Ululì…’ 

 E’ che, proprio dopo il successo del Capitale, Kepler-452 ha regalato agli appassionati di emozioni un piccolo gioiello di post-teatro povero, ‘Album’, il racconto in una stanza di un toccante addio alle cose della memoria, frutto dell’esperienza con i volontari tra gli alluvionati in Romagna e di un lavoro di ricerca nei centri per malati di Alzheimer. 

 Ora, con ‘A place of safety’ ecco che affrontano davvero il salto ‘in mare aperto’, come certo inevitabile per il tema e dati i complici e host navali di Sea-Watch e di Emergency. Qui si intende però soffermarsi un attimo sull’upgrade dello spettacolo in termini di linguaggio e d’investimento, anche proprio di quel capitale che ci hanno insegnato Enrico e Nicola e compagni a rileggere marxianamente.

 E’ uno spettacolo importante questo, che richiede infatti un budget considerevole e si avvale persino di contributi professionali extra-kepleriani di rilievo, nomi consolidati e di tutto rispetto come Alberto Favretto per le scene e i costumi, Maria Domènech per il disegno luci, Massimo Carozzi per le musiche e il disegno sonoro e Marta Ciappina per la consulenza sui movimenti.

 Con il talento e la passione che si ritrovano Baraldi e Borghesi non avranno certo avuto problemi a gestire un grande gioco come questo, nemmeno sul fronte della produzione, con quell’ERT dove sono pure portati in palmo di mano. Tra l’altro Walter Malosti è notoriamente un direttore che lascia fare, casomai riconosce e incoraggia i talenti di carattere. 

 Piccola inevitabile parentesi a tema Malosti: l'attore-regista numero uno di ERT si sta giocando la riconferma a cavallo tra questo nuovo Kepler-452 e la chiusura di stagione con ‘Le Nuvole di Amleto’ di Eugenio Barba (a Bologna dal 14 maggio). Tanto di cappello, aldilà di qualunque altra considerazione.

E’ vero che in Emilia Romagna resta pur salda la presa del Pd, ma non parliamo comunque di artisti ascrivibili alla sinistra istituzionale, teatranti organici agli ex comunisti, nipotini di Romano Prodi, o 'cocchi' dell'ex ministro Franceschini.

Bisognerebbe poi considerare pure le possibili reazioni a destra di fronte a queste scelte. S’intende non solo del Ministero a cui spetta la firma sulle nomine nei cosiddetti 'teatri nazionali', ma anche quel che potrebbe dire - o dirà -, già a proposito di questi giorni con K-452 all’Arena del Sole, l’ultrà meloniano bolognese Galeazzo Bignami, ora Capogruppo alla Camera di FdI.

 Chiusa parentesi, tornando alle questioncelle dramaholiche, la metafora del Castello di Frankestein jr indica appunto che in questa impresa così significativa e di peso produttivo, com’è ‘A place of safety’, si gioca tanto anche l’identità kepleriana: non è affatto facile restare fedeli alla bellezza poetica di ‘Album’ entrando così tra le mura della roccaforte teatrale, dove si può risvegliare il Mostro dell’Intrattenimento post-moderno, e per giunta nella versione 'fighetta'.

A noi dichiarati incompetenti e tifosi kepleriani resta la certezza che Baraldi-Borghesi&Co. sapranno come cavarsela bene anche stavolta, ovvero sapranno andare al sodo, destreggiandosi pure tra canzonette e filmati, salvagenti arancioni e invenzioni sceniche, luci da capolavori del Prado e movenze d'arte coreutica, sofisticati remix del suono e altri possibili, pur ammirevoli, 'sovrappiù'.

Epperò, per dirla tutta, ci si può immaginare già Enrico e Nicola, e Roberta Gabriele in regia come assistente, e gli altri compagni di pianeta K-452, così soddisfatti del risultato che alla fine si faranno l’occhiolino mentre si salutano scambiandosi - con buona pace di questa ‘gufata’ del Castello di Frankestein jr. - un sano tocco di gomito e ‘Taffetà a te, taffettà’.

Foto di gruppo dell'equipaggio di Sea Watch 5 che ha ospitato Baraldi e Borghesi (quest'ultimo si riconosce in cima alla scaletta, appoggiato con entrambe le mani al parapetto)


(1) UN DISCORSO INTIMO SULL'EUROPA POSSIBILE

(…) 'A place of Safety - Viaggio nel Mediterraneo centrale' è il risultato di un lungo periodo di indagine sul campo intorno al tema della SAR (search and rescue), cominciato con dialoghi tra Enrico Baraldi e Nicola Borghesi, fondatori e componenti della compagnia, e alcuni referenti di ONG, proseguito con un periodo di residenza a Lampedusa e con la successiva partenza per la rotta mediterranea a bordo della nave Sea-Watch 5, l’11 luglio 2024 dal porto di Messina.

Nell’arco di quasi cinque settimane di navigazione la crew ha soccorso 156 persone, sbarcate poi nel “place of safety”, il porto di La Spezia. La nave, con Borghesi e Baraldi a bordo, è tornata in Sicilia al termine della missione il 5 agosto.

«Un tempo di ricerca molto particolare», affermano i registi: «una compagnia che si imbarca su una nave e, prima di allora, trascorre un periodo di residenza a Lampedusa e, dunque, non in teatro, ma su un'isola, in un porto e con le persone».

(…) Durante il percorso gli artisti hanno incontrato alcuni operatori di Life Support – la nave di EMERGENCY e di Sea-Watch, che sono diventati protagonisti dello spettacolo, in scena con Nicola Borghesi: Flavio Catalano, ufficiale tecnico sommergibilista della Marina Militare, ora in pensione e volontario su Life Support per EMERGENCY in ventidue missioni dal 2022; Miguel Duarte, fisico matematico portoghese, un civil sea rescuer nel Mediterraneo centrale dal 2016, membro dell'equipaggio della nave “Iuventa” che ha rischiato fino a venti anni di carcere per un'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, oggi capo missione per Sea-Watch; Giorgia Linardi, giurista e portavoce di Sea-Watch, con esperienze anche con Medici Senza Frontiere a bordo della Geo Barents in Libia e, attualmente, Visiting Professor al Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra; Floriana Pati, infermiera specializzata in medicina della migrazione e che dal 2022 ha partecipato a cinque missioni di ricerca e soccorso nel Mar Mediterraneo centrale sulla nave Life Support di EMERGENCY; José Ricardo Peña, nato in Texas, figlio di immigrati messicani, che ha lavorato come elettricista sulle navi prima di diventare un volontario con Sea-Watch, portando a compimento quattro missioni e dando una mano durante i periodi di cantiere.

 «Un cast che è frutto di una lunga ricerca – scrivono Enrico Baraldi e Nicola Borghesi – e che raccoglie persone che hanno testimoniato coi propri occhi punti diversi dell’avventura lunga un decennio del soccorso civile in mare».

 Le testimonianze raccolte, relative agli ultimi dieci anni di ricerca e soccorso nel Mar Mediterraneo, diventano nella drammaturgia le tappe di una missione: dalle paure prima di partire, alle motivazioni che spingono a imbarcarsi, ciò che accade quando ci si avvicina alla zona delle operazioni, il soccorso, fino poi al viaggio di ritorno. Tra le narrazioni dei personaggi una domanda affiora nella mente dei registi: “Come si deve raccontare questa storia?”

«A place of safety è un accumulo di storie impossibili da raccontare – continua la compagnia – accadute in un posto lontanissimo e vicino, ma anche il tentativo di capire come si raccontino, a cosa servano tutte queste storie. A place of safety è la storia dell’incontro tra una compagnia di teatro e un gruppo di persone che ha deciso di dedicare una parte della propria vita al soccorso in mare, ma è anche e soprattutto una scintilla di attenzione sul rimosso collettivo del nostro continente, ciò che accade nel Mediterraneo centrale. In fondo, un discorso intimo su ciò che l’Europa vorrebbe essere, su ciò che non è, su ciò che potrebbe essere».

(Dalla presentazione ufficiale di Emilia Romagna Teatro)

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