La Grecia torna al ruolo guida anche nel post-teatro: prendete nota di quest'altro nome, Mario Banuschi
02.12.2024
Emozioni, connessioni e piccole note a margine di una vera festa 'rombante' della danza a Bolzano
PARA-PARA E PARAFANGHI D'EPOCA
*Una manifestazione che vanta già due lingue nel logo, TanzBozen e Bolzanodanza, ma solo TA/BO in sigla, non può che ritrovarsi subito nel gioco del doppio. E così, venerdì 12 luglio, l’edizione del quarantennale del Festival si è quasi scontrata con la parata conclusiva di un raduno di bolidi d’epoca.
Nel ridente e ordinato Sudtirolo, l’Übertourismus è un fenomeno bello sfacciato, e rumorosissime auto d’una volta sono arrivate giù dal magnifico altopiano del Salto, sgasando a tutta sui poveri vitellini di San Genesio, per invadere pacificamente la piazza centrale di Bolzano.
Luogo peraltro pedonalizzato e dedicato al mito di Walther von der Vogelweide, il più celebre dei 'minnesänger' in alto-tedesco medio, poeti e cantori lirici di mille anni fa o giù di lì. Posto che sia davvero nato in un maso in Laion, Valle Isarco, al buon Walther tocca ormai di sentire di tutto: per fortuna che è in marmo di Lasa, oltretutto con lo sguardo fisso verso il Duomo, come se si fosse distratto un attimo.
Per caso o per malizia, la pre-apertura del 40mo TA/BO è stata affidata a una curiosa performance con quattro giovani ballerine di Parini Secondo, intitolata ‘Speeed’ - sì con tre E - , con tanto di musica che usciva a tutto volume da un pugno di auto accese e rombanti, parcheggiate prima nella piazza del Municipio e poi in quella intitolata a Verdi di fronte, al Teatro Comunale.
L’esibizione era ispirata ‘all’iper-dinamica Para Para giapponese e alla caffeinica Eurobeat’, stando al bel catalogo di TanzBozen2024, alla pagina 14 opportunamente affiancata da una sana pubblicità della nuova gamma di auto elettriche in vendita a un noto concessionario locale.
UN INGRANAGGIO PERFETTO S'INFUOCA
*Spenti un attimo i motori tutti, TA/BO, che è una delle manifestazioni più conosciute tra quelle organizzate dalla Fondazione Haydn, si è poi ufficialmente aperta con uno degli spettacoli più attesi del festival, la prima italiana di ‘Elements’ di Gauthier Dance con la Compagnia del Theaterhaus di Stoccarda.
Dopo il progetto sui Sette peccati, Gauthier ha varato un lavoro con quattro coreografie diverse ispirate agli elementi della natura, che è il tema proprio del festival.
E’ stata quella che si suol dire la classica partenza con il botto, non solo perché era incantevole e sorprendente la prima parte, 'Alone - Feuer//Fire', dell’israeliana Sharon Eyal, ballerina di formazione Batscheva Company, coreografa più che emergente dei cui pezzi si è detto che non sarebbero fuori luogo in una festa rave.
In questo caso ‘scottante’, dopo la prima di ‘Elements’ il 29 febbraio a Stoccarda, dai critici sono arrivati solo elogi, a senso unico, per ‘il lavoro immensamente focalizzato e meticoloso’ della Eyal, ‘l’effetto quasi ipnotico che ottiene trasformando i ballerini in un unico organismo respirabile’.
Meglio di uno slogan, la definizione ‘potente e inarrestabile come un mare di fiamme’, per non dire del più indovinato ‘preciso, ritmico e implacabile come un orologio’. Che invidia, ma in Germania sono critici o copywriter? Per fortuna che 'Alone' si merita davvero tutto questo.
UN REGALINO DA STOCCARDA
*Ma il tocco festoso dell’apertura di TA/BO 40 è venuto anche dall’intervento in prima persona di Eric Gauthier, nella pausa tra il pezzo della Eyal sul fuoco e quello di Andonis Foniadakis sull’acqua. Classe 1977, ballerino e musicista, il canadese Gauthier si è formato a Montreal ma è di casa a Stoccarda dal 1996, dal 2007 ha la sua compagnia con cui lavora per il Theaterhaus, ed è una presenza fissa del festival sudtirolese da 15 anni.
Nel suo mini-show d'occasione al primo intervallo, Gauthier ha voluto ringraziare il direttore artistico uscente di TA/BO, Emanuele Masi, per questi anni d’intensa e felice collaborazione, e lo ha fatto alla sua maniera decisamente buffa e affettuosa, con poche parole, non di circostanza, e la consegna di tanto di felpa e maglietta personalizzate della divisa sportiva della compagnia.
Ora, considerando che Masi (che è anche il responsabile delle aree balletto e sviluppo della stessa Fondazione Haydn) è un signore di mezza età, di un’eleganza inappuntabile e persino ‘up-to-date’ per uno che si è formato come oboista classico, è evidente che gli abiti da prove di un ballerino non li sfoggerà mai. Oltretutto, secondo indiscrezioni, Gauthier ha sbagliato al ribasso la taglia…
ED E' SUBITO MELODRAMMA
*Ancora a proposito di ‘Elements’, la terza parte era l’assolo sull’aria firmato dalla canadese Louise Lecavalier, estratto di 15 minuti circa di un suo storico pezzo ’So Blue’, che ha costretto una bravissima e bellissima prima ballerina di Gauthier - in scena con i pantaloni che sarebbero stati il pezzo sotto la felpa regalata a Masi, e una t-shirt grigia - a librarsi perlopiù vicino al suolo, tentando di elevarsi, in una performance apparentemente di una semplicità pari alla coerenza di contenuto.
Si voltava poi decisamente pagina, con il balletto sulla terra 'Spighe' di Mauro Bigonzetti. Per dirla con le battute, è arrivato l’italiano - e che italiano! -, ed è subito melodramma.
Con indosso costumi che se li vede Crialese ci fa la seconda parte di 'Nuovo Mondo', i ballerini si sono potuti finalmente sciogliere e scatenare in momenti quasi da festa popolare, con tanto di tarantella.
Applausi finali, grande consenso del pubblico, con prevalenza femminile e tantissimi addetti ai lavori, clima davvero festivo: difficile immaginare una partenza migliore, raffinata e però anche buffa, contemporanea e pure appena appena nostalgica, intellettualmente così di pregevole livello ma insieme anche tanto spettacolare.
HELLE CI PORTA VIA SUL CUECENA
*Il tema di questa edizione di TA/BO, la natura e il regno minerale in particolare, nonché la vocazione al radicamento nel territorio, hanno trovato conferma subito nella meravigliosa incursione dolomitica del secondo giorno.
In forse per il maltempo sino all’ultimo, si è tenuto regolarmente l’evento del sabato sopra il passo Gardena, in mezzo alle cime del gruppo del Cir, di fronte al rifugio Danterpieces. ’The Sea of Rocks’, questo il titolo della perfomance con un pugno di ballerini-scalatori appesi alle fragili rocce del Piz Cuecena, fa parte di un ambizioso progetto a lungo termine, ‘The Mountain Body’, opere in ambiente firmate dall’artista norvegese Helle Siljeholm.
Il pubblico, appostato di fronte alla parete, in tre diversi punti, seguiva l’evoluzione di questi piccoli strani animali umani, in costumi bianco, giallo o arcobaleno, ascoltando in cuffia un paesaggio sonoro davvero suggestivo, dove venivano mixati anche suoni in presa diretta.
E’ stata, per i fortunati e volenterosi spettatori, un’esperienza immersiva davvero unica, straniante e impegnativa, soprattutto per chi si era lasciato tentare nell’attesa dalla polenta con finferli e dallo strudel con vaniglia calda del vicino rifugio.
Nota a margine, non solo il traffico consueto dei sabato sui passi dolomitici ha messo a dura prova le ammirevoli pazienza e perizia dell’autista del pullman organizzato dal festival per l’evento, ma s’è messo di traverso pure l’immancabile raduno automobilistico, questa volta di Ferrari e Maserati e fuoriserie ultimo modello.
La citazione
Durante l’infanzia si apprende quasi tutto, se non tutto. Si comincia a sospettare che la vita e la morte si assomiglino. E’ allora che comincia il desiderio di essere leggendario. Tutto ciò che si dice, tutto ciò che si sa, tutto ciò che si ripete, è leggenda.
DAL CALCARE AL PORFIDO ARTISTICO
*Dal calcare lunare delle Dolomiti al porfido rosso della notevolissima architettura contemporanea che custodisce la Fondazione Antonio Dalle Nogare alle porte di Bolzano, il filo conduttore armonico del primo fine settimana fuori-teatro di TA/BO 2024 ha mantenuto gli spettatori dentro una dimensione dove il balletto vero e proprio va verso la rarefazione in favore di un genere consimile al performativo dell’arte contemporanea.
Dopo la visita guidata alle due mostre d’arte allestite in questo periodo alla Dalle Nogare, è andata in scena un’opera a più mani intitolata PUSH e liberamente ispirata a ‘Tender Buttons’ di Gertrude Stein. L’ideatrice del progetto Deborah Lennie, australiana, accompagnava in voce le due danzatrici, la statunitense Annie Hanauer e la norvegese Ingvild Marstein Olsen, in un lavoro di una certa pretesa culturale sulla frammentazione e l'identità.
Per la cronaca di una piccola nuova leggenda, quella di un dance-festival ‘bullizzato’ dai motori, anche stavolta un’automobile si è messa di mezzo, silenziosamente perché era un taxi elettrico ma vistosamente, squarciando la quasi oscurità della scena di ‘PUSH’ con l’intromissione persistente di mezze luci e per un attimo pure di abbaglianti, mentre faceva manovra nel cortile della Fondazione.
L’incidente luminoso, causato involontariamente dai soliti due spettatori in ritardo, è cascato proprio nel momento in cui la Lennie stava raccontando dell’arciduca Francesco Ferdinando che sale sull’auto scoperta a Sarajevo…
CHE BELLA FRITTATA CON ANDREA
*Tornando alle cose serie, il centro d’eccellenza per l’arte contemporanea voluto dal costruttore-collezionista Antonio Dalle Nogare, cordialissimo padrone di casa anche per la serata di ‘PUSH’, è uno dei rari esempi di come anche in Italia non ci siano solo figli e nipoti del ‘capitalismo di rapina’, ma pure ricchi con il cervello e una sana predisposizione alla condivisione della cultura.
E a non prendersi nemmeno troppo sul serio: in questi giorni, a piano terra della Fondazione, c’è la mostra iper-critica sul collezionismo e i collezionisti dell’artista impegnata Andrea Fraser, con tanto di titolo-cult ‘I just don’t like eggs!’
Senza esagerare, saltando per bene le uova della Fraser, questa mostra potrebbe far parte di un itinerario ideale di esposizioni e spettacoli sull’arte stessa, cominciato con la visione dell'ammaliante ‘Rohtko’ di Łukasz Twarkowski e rigorosamente passato attraverso la strepitosa anti-Biennale della Fondazione Prada di Venezia, ‘Monte di Pietà’ di Christoph Büchel.
E chi l’avrebbe mai detto che un festival di danza contemporanea, nella piccola provincia più settentrionale d’Italia, potesse aprire in tre giorni tante finestre sul mondo dell’arte e della cultura?