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Sono proprio furbi, quei ragazzini diversamente normali che giocano a 'Chi come me': fanno ridere e commuovere insieme

Andrée Ruth Shammah prova con i più giovani protagonisti di 'Chi come me': si riconoscono Federico De Giacomo, Amy Boda e Chiara Ferrara

Nessuno esce indifferente o scocciato da ‘Chi come me’, si sentono quasi solo elogi sperticati per questo spettacolo inaugurale della nuova sala del Teatro Parenti, che Andrée Ruth Shammah ha annunciato come ultimo atto della sua carriera di regista (chissà se c’è da crederle?).

La forza di questo testo dell’israeliano Roy Chen è sicuramente nel perfetto bilanciamento del dramma con il comico, e financo il grottesco. Si ride parecchio e ci si diverte, nonostante si tratti di una storia tutt'altro che leggera. 

 In estrema sintesi ‘Chi come me’ racconta di cinque giovanissimi ospiti di un centro di cura per le malattie psichiatriche gravi dei ragazzi e del tentativo di una terapeuta teatrale di far esprimere cinque ricoverati alquanto problematici attraverso uno spettacolo.

Sulla carta sarebbe un testo quantomai realistico, perché nasce da un’effettiva esperienza dell’autore di sei mesi all’interno dell’Ospedale Psichiatrico Abarnabel in Israele, ma certo poi diventa, nelle mani sapienti di uno scrittore ebreo, una sorta di parabola quasi fiabesca. 

 Roy Chen è considerato ormai una voce di spicco della letteratura e della scena. Classe 1980, è una firma alquanto ricorrente nei teatri israeliani dal 2007: ha scritto già una decina e passa di spettacoli originali e adattato una quarantina di opere. Attualmente è anche il drammaturgo numero uno del Gesher Theatre di Jaffa. Notevole, poi, che riesca a passare senza problemi da Cechov e Dostoevskij a ‘Winnie the Pooh’ (ne ha appena firmato il riadattamento teatrale).

 Aggiungete pure che scrive poesie, racconti e romanzi, oltretutto ponderosi, come il primo e forse più noto (edito in Italia da Giuntina), ‘Anime’, che viaggia oltre le 330 pagine e racconta una vicenda che si sviluppa lungo quattrocento anni…

 Questo ‘Chi come me’ - rubiamo le parole a una critica di prim’ordine, Emiliia Dementsova - ‘è un’opera con un doppio fondo, costruita come un gioco all’interno di un gioco che permette agli spettatori di vedere da un’angolazione diversa la realtà di dinamiche a tutti ben note’, come le relazioni familiari, l’ipocrisia di fondo di ogni definizione di normalità e il più che precario equilibrio tra emarginazione e cura. 

 ‘È incredibile come ci sia posto per l'umorismo in una performance che assomiglia a un’esperienza intima di psicoterapia, grazie alla posizione ravvicinata del pubblico. Il potere curativo del teatro non è mai stato dimostrato in modo così chiaro e convincente’. Così, appunto, la scheda critica sul sito internazionale ‘The Theatre Times’.

 Ovviamente, un impasto così originale necessita di una confezione accurata, e bisogna sottolineare quanto lo sia anche questa riedizione italiana, a partire proprio dal testo così ben tradotto da Shulim Vogelmann, che peraltro dirige La Giuntina stessa, che pubblica 'Chi come me' in volume (pietà, cambi quella copertinaccia!).

 Per questo spettacolo era indispensabile disporre di una sala dove il pubblico si possa sentire proprio dentro la rappresentazione, come la nuova A2A del Parenti, ed era pure fondamentale, come al solito e più del solito, il casting. In effetti i ruoli e i protagonisti risultano tutti indovinati.

Paolo Briguglia (lo psichiatra) parte già perfettamente a fuoco; Elena Lietti (la terapeuta teatrale) riesce a scomporsi man mano nella sua stessa fragilità; Sara Bertelà e Pietro Micci (che interpretano varie coppie di genitori dei bambini ricoverati) valgono il prezzo del biglietto, anche soltanto per la scena finale.

Nei panni dei ragazzi difficili si calano da veri caratteristi di mestiere, in ordine alfabetico, Amy Boda, Federico De Giacomo, Chiara Ferrara, Samuele Poma, Alia Stegani, tutti superbi e applauditissimi.

 Chiaramente poi, vuoi per il ruolo che hanno, vuoi perché ogni appassionato di attori è anche un po’ fissato, ‘Chi come me’ conferma in particolare due talenti femminili. Il primo nome è Sara Bertelà, attrice già ben nota, ma forse non ancora sufficientemente riconosciuta per quel che vale, ovvero tra le brave d'Italia: qui si dimostra strepitosa anche sul lato grottesco.

 Porta a casa cento punti premio anche Chiara Ferrara, che interpreta la paziente più problematica, Alma, e diventa una sorta di doppio dello psichiatra. E’ una giovane attrice con tutte le carte in regola, si è diplomata all’Accademia d’Amico nel 2021, ha già fatto diverse esperienze e di recente è stata scelta da Antonio Latella nel gruppo dei giovani della ‘Bottega Amletica Testoriana’. In ‘Chi come me’ Chiara, chiamata a ricoprire il ruolo di una ragazzina, riesce ad essere credibile, mostrando pure inequivocabili capacità e spiccata propensione a prendere il centro della scena. 

 Un ultimo dettaglio: l’originale israeliano, presentato nel 2020 con il titolo internazionale ‘Someone like me’ (qualcuno come me), durava 100 minuti, nella versione italiana ce ne sono 10/15 in più, forse di troppo, forse per via delle musiche. La puntuale impostazione, con quell’impianto da teatro partecipato che ne ha fatto la fortuna, è stata merito della regista Ealeal Semel.

Classe 1990, nipote di sopravvissuti all’Olocausto e figlia di un’autrice importante come Nava Semel, Ealeal è anche una donna impegnata sulla scena pubblica. Aveva fatto notizia nel 2017 per il nuovo allestimento di ‘Murder’ di Hanoch Levin, un testo sul conflitto con i palestinesi firmato da questo noto drammaturgo ebreo anticonformista, a suo tempo frequentato pure da Ruth Shammah.

 Chissà se la Shammah, i suoi validissimi collaboratori o gli efficienti suggeritori (in locandina compare un ringraziamento a Bianca Ambrosio del Centro di cultura ebraica CDEC 'per averci fatto conoscere Roy Chen') penseranno bene di invitare a Milano Ealeal Semel, prima o poi, per la rassegna 'Energie da Tel Aviv' o per altro: sarebbe un'ottima idea. 

P.S.: 'Chi come me’ è al Teatro Parenti fino al 4 maggio: la sala A2A, riadattata con i vari pezzi di scena sulle gradinate, non ha così tanti posti per il pubblico, perciò conviene sbrigarsi e magari pure iscriversi alla newsletter per usufruire di sconti e offerte speciali.

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