" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Festival festival, da Oriente Occidente al REF, rimpiangendo l'Iran di Peter Brook e Robert Wilson

Una scena di 'Le Chant de Ruines' di Michele Noiret (foto di Sergine Laloux), in scena a Rovereto il 7 settembre

 La stagione dei festival è in pieno svolgimento. Con il clou della ventesima Biennale de la danse de Lyon, al via il 9 settembre 2023, per tre settimane di spettacoli d’altissimo livello (48 coproduzioni, tra cui il nuovo attesissimo show dei Peeping Tom il 20 settembre, e decine di prime di richiamo). Sempre parlando di danza, l’ormai tradizionale e prestigiosa rassegna Oriente Occidente, a Rovereto, registra già un notevole successo con numerosi ‘sold out’ e si prepara a una settimana davvero ricca. Quando si dice ‘Dance Festival’, ovviamente, si indica un orizzonte di genere di spettacolo non strettamente chiuso al balletto, ma dove a volte si mescolano i generi come per l’appuntamento di teatro-danza e multimedialità sulla fine del mondo di Michele Noiret, ‘Le Chant des ruines’, il 7 settembre. 

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SI BALLA E SI DIBATTE DEL MONDO

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 Uno dei risvolti più interessanti dei festival sono sicuramente i progetti partecipati dal pubblico, gli spettacoli in piazza e le varie iniziative a latere, seminari, giornate di formazione e così via. A Rovereto da sempre si balla tanto anche in termini di contaminazione culturale, con cicli d’incontri e conferenze ‘Linguaggi. Orientarsi nella contemporaneità’, legati al tema del festival, Mediterranei, e in genere ospitati nei vari spazi del Mart o degli altri poli museali. Tra i vari esperti e ospiti di rilievo, un cenno lo merita sicuramente la presenza il 9 settembre di Benjamina Karić, la giovane sindaca di Sarajevo, entrata in carica appena ventenne nel 2021, che ha visto il suo paese mutare e rinnovarsi, rialzarsi e aprirsi di nuovo al mondo. Karić parlerà nella Sala Conferenze del Museo della Guerra con il fotoreporter Mauro Boccia, per l’evento di chiusura della mostra ‘Sarajevo 1992-1996. L’assedio più lungo’.


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ANCHE ROMA APRE DANZANDO

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 Mai come negli ultimi anni la danza ha acquisito una vera e propria centralità artistica anche rispetto alla tradizionale scena drammatica, tant’è che spesso non si parla più di teatro o di danza o di concerti, ma tout court di spettacoli di arti perfomative. E lo si vede bene dal ricchissimo palinsesto di Roma Europa Festival (REF 2023) che, pur non rinunciando a puntare sul teatro drammatico vero e proprio, quest’anno si apre il 6 settembre con un notevole uno-due sulla danza, a partire dalla presenza del coreografo Sidi Larbi Cherkaoui con ‘Ukiyo-e’ (dal giapponese: immagini del mondo fluttuante, è stato il nome di un movimento culturale volto a ritrarre la vita quotidiana e i paesaggi urbani dell’era Edo, 1603-1868) per il Ballet du Grand Théâtre de Genève, con 18 interpreti in scena per dare vita a un’opera contemporanea in cui le composizioni di Szymon Brzóska e Alexandre Dai Castaing si fondono ai suoni della tradizione, interpretati dal maestro dei Taiko, compositore e cantante Shogo Yoshii. Segue a ruota, il 10 settembre ‘Exit Above - after the tempest’, il nuovo spettacolo di Anne Teresa De Keersmaeker, che sarà poi in tournée il 23.9 alla Biennale di Lione.


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IL CALIBANO DI SERRA CHE TORNA

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In tema di tempeste, dal 26 settembre all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, il REF 2023 offre al pubblico degli appassionati di teatro l’occasione di un recupero senza dubbio eccezionale: la ripresa di ‘Tempest project’, ultimo spettacolo di Peter Brook e Marie-Hélène Estienne, prodotto dal Théâtre des Bouffes du Nord e nato dall’ultima ricerca del regista protagonista del teatro nel Secondo Novecento sul testo già più volte frequentato de ‘La Tempesta’ di William Shakespeare. Spiluccando dalla locandina, si fa notare come curiosità la presenza in scena di Jared McNeil, che non faceva parte del cast originale ma che si affiancherà per le date romane: indimenticabile Calibano nell’ultima Tempesta di Alessandro Serra, Jared è stato anche aiuto regista di Brook e da anni insegna all’Accademia D’Amico a Roma. Si affiancherà ai due attori italiani a suo tempo ingaggiati da Brook Fabio e Luca Maniglio, a Sylvain Levitte, Paula Luna e Ery Nzaramba, quest’ultimo nei panni di un insolito Prospero di colore e decisamente più vocato al perdono di quanto sia stato interpretato nei numerosi allestimenti precedenti.


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QUANDO SHIRAZ ERA CAPUT MUNDI

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 Il nome di Peter Brook riporta alla memoria la grande stagione dei festival degli anni Settanta quando la manifestazione forse più importante era organizzata in Iran, nella città di Shiraz. Vero e proprio punto d’incontro delle culture euroasiatiche e di tutto il mondo, incrocio perfetto di tutte le tradizioni di spettacolo, musica, danza e teatro drammatico, il festival delle arti di Shiraz ha segnato la scena internazionale per un decennio a partire dal 1967. Alla fine, quando il 12° Festival era stato già programmato per il 3 settembre 1978, in coincidenza con la conclusione del Ramadan, la manifestazione fu cancellata per le proteste e le rivolte che avrebbero poi portato alla Rivoluzione islamica del 1979. 


Jannis Xenakis e Peter Brook a Shiraz nel 1971
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XENAKIS SALVATO DA UN FIAMMIFERO

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 L’edizione più memorabile del festival delle arti di Shiraz fu quella del 1971, con il tramonto e l’alba di due giornate segnati dal grande esperimento ‘Orghast’ firmato appunto da Peter Brook, su testo di Ted Hughes, con la mega-rappresentazione di ‘Persepolis’ di uno Iannis Xenakis più sperimentale che mai e con la composizione 'Ausstrahlung' (Irradiazione) di Bruno Maderna, anch’essa ispirata alla civiltà persiana. I critici entusiasti e stupefatti accorrevano da tutto il mondo, il pubblico locale - a Shiraz non c’era nemmeno una sala teatrale e gli spettacoli erano tutti organizzati in luoghi aperti - a volta gradiva e altre volte addirittura contestava. Mario Verdone, il grande critico e saggista, papà di Carlo, racconta nella sua enciclopedia del teatro (ed. Lucarini, 1986) di aver assistito a una vera e propria contestazione di Xenakis al dibattito dopo ‘Persepolis’: le proteste stavano prendendo una tale piega che solo l’intervento di un giovane iraniano salvò la situazione. L’improvvisato pacificatore si rivolse deciso verso i più scalmanati, con un pacchetto di fiammiferi in mano, dicendo ad alta voce: ‘L’atmosfera qui si è fatta malsana’, e accendendo platealmente un primo fiammifero: ‘Spero che basti questa fiamma a purificarla…’

La citazione

 Lo spettacolo di Shiraz nello spazio di 360 gradi, in modo che il pubblico potesse vedere da tutti i lati. Durava sette giorni. Al suo allestimento hanno contribuito quattrocento persone e l’organizzazione è stata molto difficile: gli attori dovevano fingere di essere uccisi alle 7.30 e il numero 22 doveva combattere alle 6.30; la temperatura arrivava anche a 50 gradi di giorno e invece la notte quasi si gelava…

Robert Bob Wilson, intervista con Franco Quadri, in ‘Invenzione di un teatro diverso’ (Einaudi 1984)
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PER STALIN BASTARONO 12 ORE

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 A Shiraz sono stati presentati tanti spettacoli più unici che rari, di durate e dimensioni davvero eccezionali, come la straordinaria perfomance di sette giorni, sette!, svoltasi su sette diverse montagne intorno alla città, organizzata da Bob Wilson nel 1972 con il titolo ‘KAMOUNTAIN AND GUARDenia TERRACE: a story about a family and some people changing’. La sola ‘Ouverture’ di Kamountain fu poi ripresentata a novembre dello stesso anno al Festival d’Automne di Parigi, dalla mezzanotte di un giorno alla mezzanotte successiva. L’anno seguente Wilson allestì una sua biografia di ‘Stalin’ di appena dodici ore con solo 140 attori…


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