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Un amico di Lenin, Eleonora Duse, Grassi che fa pace coi democristiani, Strehler calzolaio: che storia (e che sfida) per questo 'Albergo dei Poveri'

Massimo Popolizio in 'L'albergo dei poveri' (foto Claudia Pajewski)
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CON TREVI PER RISCRIVERE GOR'KIJ

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 Già sulla carta, è evidente che sia una bella sfida rimettere in scena oggi ‘L’albergo dei poveri’, un dramma datato 1902 (1), nonché l’opera che rese celebre in mezza Europa Maksim Gor’kij, ben prima dell’esilio dalla Russia, del sodalizio a Capri con Lenin, di tutto il resto che ne è seguito… E che da anni, ormai, è un po’ finito nel dimenticatoio.

 Tanto per metterci pure il carico da 90, si fa esplicito riferimento a un precedente da brividi: la prima rappresentazione di Giorgio Strehler al nascente Piccolo teatro, nel maggio del 1947.

Così recita orgogliosamente la locandina che campeggia sui siti della nuova produzione, in cui partecipano i due teatri pubblici che sarebbero i più importanti d’Italia, quello di Roma, umiliato dalle maldestre spartizioni politiche, e la storica istituzione di Milano fondata da Paolo Grassi, che pure non se la passa così bene.

 Non bastasse, anche Massimo Popolizio, il protagonista principe di questa ardita operazione di ripescaggio, ha deciso aggiungere pepe alla sfida. 

 Dichiara il nostro amatissimo attore e regista: ‘Usando le parole di altri scritte più di un secolo fa bisogna certo domandarsi che cosa quel testo possa dire oggi. Noi (al testo dello spettacolo ha lavorato lo scrittore Emanuele Trevi, ndr.) abbiamo preso il materiale di Gor’kij e lo abbiamo esasperato, innestando delle micro-inserzioni di altri testi e di altri autori: Čechov, Florenskij, Tolstoj, Puškin, lo stesso Trevi, persino Cormac McCarthy. Questo innesto era necessario per dare ancora più spazio ai personaggi, e non ha aumentato il volume delle pagine – che anzi si è ridotto – ma quello dei personaggi, aiutandoli a emergere’.

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CRITICI COL FUCILE SPIANATO

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 Preparate i popcorn, come si suol dire, perché seguiranno presto critiche severe, con giudizi implacabili su queste contaminazioni, sulla scelta di cambiare e ridurre i personaggi tradizionali (per esempio, dovrebbe mancare il ciabattino Aljosa, che fu interpretato da Strehler stesso nella sua versione del ’47), nonché proprio sul nuovo adattamento e su Trevi.

Del resto, è già successo così con la precedente popolizio-nalizzazione di 'Uno sguardo dal ponte’ di Arthur Miller.

 Gli è che, oltretutto, Trevi - peraltro noto come ‘intellettuale militante’ di sinistra, razza oggi non particolarmente così amata - non risulta vantare in curriculum precise credenziali sulla lingua, la letteratura e il teatro russi.

Sapendo che si è sempre sottolineato un problema di traduzione per i drammi di Gor’kij in italiano, ci si poteva aspettare il coinvolgimento del ‘solito’ Fausto Malcovati, per esempio, piuttosto che di Paolo Nori o Serena Vitale. Quisquilie cult. 

 Quel che conta è prendere nota: ‘L’albergo dei poveri’ va in scena al Teatro Argentina dal 9 febbraio per poi sbarcare allo Strehler di Milano dal 7 marzo, ma i biglietti sono pressoché esauriti da tempo, come era abbastanza prevedibile nel caso di Popolizio, che è letteralmente una divinità per tutti i dramaholici.

Giusto per spiegare i riti a un eventuale profano della religione degli attori, chi scrive, pur sperando di riuscire a infilarsi già alla prima di Milano, si è premurato, appena sono stati messi in vendita online i biglietti, ossia nel novembre del 2023, di scegliere due poltrone di platea in buona posizione per una rappresentazione, e le ha trovate solo per il 20 marzo...

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LA QUERELLE RELATIVA AL TITOLO

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 Con buona pace dei fans, qualche osservatore competente e diversi colleghi emeriti si dicono convinti che Popolizio regista non sia così eccellente come l'attore, anzi, che addirittura la sua direzione offuschi un po’ il suo stesso straordinario talento in scena.

L'osservazione prevedibile, stavolta, viene spontanea anche solo dalle prime immagini che campeggiano sui siti dei teatri, se si giudica dal folto barbone hipster che Popolizio si è fatto crescere per questo spettacolo e che lo rende meno riconoscibile… 

 In ogni caso, la disfida ideale con il primo e/o con il migliore Strehler può ammazzare chiunque si metta in testa di affrontarla.

 Giusto per la cronaca, il Piccolo Teatro della Città di Milano, come si chiamava prima di diventare Teatro d’Europa, fu inaugurato il 14 maggio del 1947 con ‘L’albergo dei poveri’ di Gor’kij, titolo che ribattezzava più specificatamente l'originale 'Bassifondi'. A dire il vero, ‘Nočležka’, termine che stava per asilo notturno piuttosto che per dormitorio pubblico, sarebbe stato il titolo scelto da Gor’kij nel 1902: la censura zarista lo costrinse poi a cambiarlo in ‘Na dne’, letteralmente in fondo, o appunto ‘Bassifondi’ (1).

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IL PRE-PRECEDENTE: TALLI E LA DUSE

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Nella messa in scena del '47, aldilà di Strehler calzolaio con la fisarmonica, recitava buona parte della compagnia che per alcuni anni diventerà quella stabile del Piccolo teatro stesso, con in primissimo piano Gianni Santuccio, Lilla Brignone e Marcello Moretti (erano della partita anche Salvo Randone, Lia Zoppelli e altri professionisti di calibro).

  Un cast da brividi, e ancor peggio se si risale al precedente storico di Eleonora Duse.

La Divina, pur di superare il trauma della separazione da Gabriele D’Annunzio che le era costata anche una mancata tournée in Russia, si mise a preparare 'Na dne' così seriamente che decise di presentarsi addirittura a Parigi per recitare una sera nell’adattamento francese del capolavoro di Gor’kij, , il 25 ottobre del 1905.

Tre giorni dopo, il 28 ottobre 1905, tornò a Milano per esordire proprio ne ‘L’albergo dei poveri’ (sì, questo titolo comparve per la prima volta su quella locandina del Teatro Manzoni) con la più importante compagnia dell’epoca, Talli-Gramatica-Calabresi.

 Già la comparsata parigina ebbe dell’incredibile: la Duse recitò divinamente la sua parte, ma lo fece in italiano, mentre tutti gli altri continuavano a parlare in francese.

Fu un evento che lasciò a bocca aperta i fortunati presenti, quasi tutti del mestiere. L’allora raffinato e sperimentalista Théâtre de l'Œuvre, che produsse e ospitò lo spettacolo, era stato letteralmente preso d’assalto da registi, attori, scrittori e giornalisti che volevano assolutamente trovare anche solo uno strapuntino per la serata con la Duse.

La prima versione italiana de 'L'albergo dei poveri', allestita con la regia dell’immenso talento di Virgilio Talli, che faceva un teatro di successo ma non rinunciava alle pretese artistiche, fu accolta come un capolavoro, seppur non mancarono problemi proprio di adattamento del testo, dopo una sofferta gestazione (2).

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IL SOTTERRANEO RIVISTO DA RATTO

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 La storia ufficiale del Piccolo teatro fa notare come ‘L’albergo dei poveri’ del ’47 segua idealmente la messa in scena di un anno prima dei ‘Piccoli borghesi’, sempre di Gor’kij, con la regia di Strehler e l’organizzazione di Paolo Grassi, che fu rappresentata al teatro Excelsior di Milano. 

 Sul sito che documenta con grande precisione gli spettacoli allestiti dal Piccolo, si possono rivedere ben 24 suggestive immagini della prima rappresentazione in via Rovello, volendo ci sono pure il manifesto della ripresa a La Fenice di Venezia, per la prima Biennale post-fascista, un incantevole acquarello di Ebe Colciaghi con i costumi e un bozzetto della scena di Gianni Ratto (entrambi furono pazienti collaboratori di prim’ordine anche per le regie di Strehler alla Scala).

  Andandosi a sfogliare le collezioni d'inizio Novecento di riviste come ‘Teatro Illustrato’, si può ripescare anche qualche immagine e le cronache circostanziate della versione originale di Talli con la Duse.

Materiali che alimentano l’irresistibile suggestione di un confronto tra tutti questi sotterranei semibui (anche nell’allestimento di oggi di Popolizio), e sono interessanti pure per dare pane al pane e vino al vino, giacché il genio di Strehler si esercitava anche nel saper riprendere grandi esempi del passato, magari non sempre dichiarandolo (vedi il debito per l’Arlecchino nei confronti della versione berlinese di Max Reinhardt nel 1924).

Screenshot dalla pagina degli archivi del Piccolo con la foto di Claudio Emmer che ritrae Giorgio Strehler in scena per il suo adattamento del capolavoro di Gor'kij nel 1947
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VOLEVANO FARE 'LA MANDRAGOLA'

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 Un’altra significativa curiosità, che racconta esattamente quale idea originale e ambiziosa fosse la fondazione di un teatro pubblico nel dopoguerra, è come sia arrivato Paolo Grassi a scegliere questo testo così ‘dostoevskiano’ di Gor’kij per la prima rappresentazione. Lo si può leggere nel volume celebrativo 'Paolo Grassi, quarant'anni di palcoscenico', curato da Emilio Pozzi per l'editore Mursia, nel 1977.

 Bisogna ricordare che Grassi si cimentò con la fondazione del Piccolo da impresario ed ex regista, forte di un legame strettissimo con il sindaco socialista Antonio Greppi e con Nenni stesso, e dopo una carriera da critico teatrale cominciata sulle riviste degli universitari fascisti (le più eretiche e aperte come ‘Pattuglia’) e decollata poi su ‘l’Avanti!’.

Grassi, tra l'altro, si era fatto conoscere e temere alquanto, nell'ambiente teatrale, come animatore del movimento degli agguerriti e impietosi ‘fischiatori’, che volevano far voltare pagina al pomposo teatro italiano e si riunivano in claque al rovescio, per contestare il fior fiore dei capocomici e delle compagnie di successo.

 Per inaugurare il cartellone del Piccolo, Grassi e Strehler avevano in realtà scelto una commedia storica italiana, ’La Mandragola’ di Niccolò Machiavelli, ma era necessario che ci fosse il più ampio consenso politico, soprattutto delle forze che si erano trovate insieme nella Resistenza e nel Comitato di Liberazione Nazionale. 

 A insistere per lasciar perdere ‘Mandragola’, sollevando l’obiezione che altrimenti ci sarebbe stata la rappresentazione di una violazione del sacramento della confessione, fu uno dei rappresentanti più autorevoli della Democrazia Cristiana al Comune di Milano, l’avvocato Luigi Meda(3). Grassi prima provò a tenere il punto, poi cedette per evitare che questo scontro portasse addirittura a una crisi della giunta comunale stessa.

 ‘L’albergo dei poveri’, del resto, era già nel programma approvato per la prima stagione, ma ancora senza indicazioni di data. Grassi accettò volentieri di anticiparne la rappresentazione sostenendo con lo stesso Strehler che, in fondo, era perfetto il titolo di Gor’kij per presentare un teatro che si richiamava sin dall’insegna alla sala russa che fa da contrappunto al Bolscioi (Grande), ossia il Maly (Piccolo, appunto).

Aldilà del precedente Talli-Duse, è presumibile che a Strehler non dispiacesse la sfida su uno spettacolo che fu un clamoroso successo su scala europea all'inizio del Novecento, dopo un debutto da capogiro a Mosca (4). E chissà se anche Stanislavskij si era tenuto per sè la parte del calzolaio...

In ogni caso per Grassi la disponibilità subito mostrata alle istanze cattoliche contribuì ad aiutarlo a costruire un ottimo rapporto con l’allora sottosegretario allo Spettacolo Giulio Andreotti, che non si fece mai pregare troppo per elargire finanziamenti anche statali al Piccolo appena nato.

La citazione

In un’epoca meno commerciale il successo si chiamava ancora gloria; forse allora era più bello.

Elias Canetti, da ‘Aforismi per Marie-Louise’ (trad.it. Ada Vigliani, ed.Adelphi 2015
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NOTE: SCHEDA E RIMANDI VARI

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1 'In 'Bassifondi' la trama drammatica passa in secondo piano, in confronto della pittura e caratterizzazione dei personaggi nell’ambiente in cui si muovono, cioè un asilo notturno organizzato, in certe cantine prive di luce, sporche ed infette, dal vecchio usuraio Michail Ivanov Kostylëv e da lui stesso amministrato insieme alla sua giovane moglie Vasilisa Karpovna.

Dalla differenza d’età fra i due deriva in parte il dramma perché Vasilisa è l’amante di uno dei locatari dell’asilo notturno, il ladro Vaška, che è però nello stesso tempo innamorato della sorella di lei, Nataša. Vasilisa spinge l’amante Vaška ad uccidere Kostylëv e Vaška effettivamente lo uccide, non però per liberare l’amante dal vecchio marito brutale, ma per liberare dalla brutalità e dall’odio di lui e della stessa Vasilisa, la fanciulla ch’egli ama.

Nel delitto di Vaška non si conclude il dramma, perché ognuno dei personaggi, apparentemente secondari, ma in fondo quasi tutti di primo piano, porta nell’intreccio principale la sua nota di tragedia personale.

A questa tragedia personale dà una spinta diretta o indiretta il personaggio di Luka, un tipico vagabondo russo circondato quasi da una aureola di santità, il quale porta nelle tenebre della vita dei “bassifondi” note di fede e di speranza.

Tra gli ospiti dell’asilo notturno sono prima di tutto Satin, il fabbro ferraio Andrej Mitrič Klešč, la cui moglie Anna morendo trova conforto nelle parole del vecchio, un attore alcolizzato che si illude di poter essere un giorno curato nel sanatorio di cui gli parla Luka e perciò smette di bere, ma quando Luka lascia il dormitorio si impicca disperando di potersi mai curare, un barone decaduto che dei tempi passati ha conservato soprattutto il cinismo che gli fa dire di Luka che è un vecchio ciarlatano; e accanto a questi la venditrice di frittelline Kvašnja e il calzolaio Aleška e il facchino tataro e la ragazza Nastja, e altri ancora che con una parola o un gesto completano l’ambiente e contribuiscono a dargli la sua particolare atmosfera.

L’assassinio di Kostylëv è al centro del dramma, ma non è in esso il dramma stesso che è dato dal quadro totale che risulta dalla partecipazione dei vari personaggi' (da Ettore Lo Gatto, Storia del teatro russo, ed. Sansoni 1964) 

2 Sulla rivista ‘Enthymema’ dell’Università degli Studi di Pavia (VIII, 2013) è uscito un bel saggio di Maria Pia Pagani intitolato ‘Eleonora Duse interpreta Gor’kij (Parigi-Milano, ottobre 1905)’ e qui ampiamente ripreso.

3 Non a caso, Meda si troverà anni dopo a contrapporsi frontalmente di nuovo con Grassi e Strehler, nelle polemiche politiche per il Galileo del 1962 da Brecht (adattamento peraltro discutibile e infatti considerato conformista anche da critici insospettabili come Nicola Chiaromonte). 

4. dalla voce Bassifondi di Wikipedia italiana: 'La rappresentazione del dramma fu proibita nei Teatri Imperiali di Mosca e San Pietroburgo. Venne permessa unicamente al Teatro d’arte di Mosca, dove fu messa in scena per la prima volta, con grande successo, il 18 dicembre 1902, per la regia di Kostantin Stanislavskij (il quale recitò inoltre uno dei ruoli più importanti, quello di Satin) e Vladimir Nemirovič-Dančenko e con le scenografie di Viktor Simov. Al sessantesimo anniversario della prima rappresentazione (il 18 dicembre del 1962) il dramma era stato messo in scena al Teatro d’arte di Mosca ben 1451 volte.



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