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'Il risveglio' di Pippo Delbono e la condizione attuale del Grande Irregolare, da Modena ci riportano a... Laodicea

Delbono sul palco dello Storchi per 'Il Risveglio' (foto Luca Del Pia)

 Non rinuncia a raccontare d’essere andato alquanto prevenuto a vedere Pippo Delbono, la prima volta, nemmeno lo studioso di teatro Gianni Manzella, che ha voluto dedicargli una strana ponderosa monografia raccontata (302 pagine, ed. Luca Sossella, titolo semplice, ma significativo dell’inclassificabilità del personaggio: ‘Delbono’)

 Lo scrittore e fondatore della rivista ‘art’o’ ha detto tranquillamente d’aver affrontato l’incontro da spettatore con Delbono quasi solo per misurare in concreto un’antipatia istintiva, condivisa da gran parte degli addetti ai lavori del sistema teatro italiano.

Lo ho raccontato proprio di fronte all’interessato, pur semi-addormentato e dichiaratamente distratto, alla presentazione nel Teatro Storchi di Modena del libro, nel tardo pomeriggio del 18 ottobre, prima della seconda rappresentazione de ‘Il risveglio’. 

 E’ stato un pre-spettacolo davvero particolare, come prevedibile dato il personaggio. Con l’aria al solito un po’ sgualcita, a essere teneri, Delbono si è messo subito sulla difensiva, ammettendo di non aver nessuna voglia di parlare.

Si è subito giustificato, per la condizione in cui si era appalesato, raccontando delle sue continue e disgraziate cadute, quattro di fila prima di riuscire ad arrivare a teatro. E ha persino chiesto se qualcuno degli degli astanti potesse indicargli una cura, o un rimedio, per queste improvvise e misteriose perdite dell'equilibrio.

 In un momento successivo, prendendo la parola ha subito voluto riferire, ancor più impudico, della prima parigina tutta sbagliata de ‘Il risveglio’, che un'anima poetica autentica tra il pubblico ha trovato invece indimenticabile, proprio perché così imperfetta. 'Non ne posso più di andare a teatro per sentirmi in dovere di dire 'bravò', ho sete di verità e non d'eccellenza estetica', gli avrebbe sussurrato dopo questa scrittrice-angelo.

Ancora, come a chiosare l'elogio della grazia dell’imperfezione a teatro, ha detto che si rende conto di aver sbagliato addirittura anche il titolo, ma di non poter pretendere dai vari direttori, organizzatori e così via, un cambio in corsa, a programmi stampati. 

 Ha poi dichiarato che questa esperienza si sta rivelando ‘curativa’, e in qualche modo fa bene alla sua malandata salute, mentre il precedente ‘Amore’ gli costava un sacco di fatica. Ha spoilerato la frase finale - guai a rifarlo qui! -, dichiarando di averla presa da un racconto di Gianni Celati.

 E poi, perlopiù, Delbono si è perso, almeno apparentemente, giocando a minacciare pure d’alzarsi in piedi e muovere quattro passi in sala, ‘per necessità, non perché mi annoi’.

Si è rianimato a un certo punto per una breve intemerata sulla fine della musica, partendo da una canzone di Sylvie Vartan, passando dalle frasi del Buddha al casino che fanno i turisti grandi e soprattutto piccini nella sua Andora, da Giovanna Marini che gli disse: ‘Pippo hai l’orecchio assoluto’ a Pina Baush che…(va ascoltato in scena, no spoiler).

 Quel che conta è che poi sia riuscito a presentarsi sul palcoscenico: in questo Opening di Emilia Romagna Teatro che punta a valorizzare le migliori produzioni nazionale, non poteva mancare il nuovo ‘spettacolo’ di Delbono, poiché, tra l'altro, a produrre e supportare il nostro Grande Irregolare è la stessa ERT - intesa in questo caso anche come comunità umana simpatica e accuditiva, che vive nello spirito di luogo: 'vero, aperto, finto, strano/ chiuso, anarchico, verdiano/ brutta razza l'emiliano', cantava con affetto Guccini. 

 Quelle virgolette su ‘spettacolo’, indicano forse troppo bruscamente la nuova condizione di un artista che si rifugia sempre più nell’autobiografia e nel racconto del suo mondo, e coerentemente stavolta si rinchiude in un allestimento semplicissimo con accanto solo la sua compagnia di ‘diversamente attori’: qualche proiezione sullo schermo, poche luci e poca materia di scena (la sua sedia e tre-quattro mucchietti di terra con infisse e poi divelte tre croci di legno, come in un cimitero provvisorio). 

 Nel racconto, che è l’omaggio al suo amatissimo Bobò - per quarant'anni internato al manicomio di Aversa in quanto 'microcefalo sordomuto', poi per un quarto di secolo compagno di scena e di vita di Pippo - a tratti si ride, persino di gusto; ma se si compie l’errore di farsi trascinare dentro, anche proprio per il bisogno universale di umanità che trasuda dai racconti teatrali di Delbono, si finisce poi inevitabilmente dentro una valle di lacrime.

 Trascurando anche solo la mitologia internazionale relativa, dalla stima di cui gode da parte di tutti gli altri Irregolari alla sua capacità d’incantare una platea cinese, qui si parla di un campione assoluto del teatro fuori dal sistema e dai canoni fighetti, l’Irregolare, appunto, per eccellenza. 

 E oggi Delbono (peraltro sempre dotato, per banalizzare, forse della voce più conturbante dopo quella di Carmelo Bene), non disdegna d’apparire sempre più povero tra gli ultimi. Portando alla ribalta la sua precaria condizione fisica, compie un passo indietro anche come costruttore di ‘spettacolo’, appunto, rispetto al suo penultimo incantevole ‘Amore’ e al precedente ‘La gioia’. 

 Tanto per non girare alla larga, chiunque sia appassionato di emozioni artistiche ha affrontato almeno una discussione a proposito di Delbono. C’è sempre l’amico intelligente e molto addentro al mestiere, che non può fare a meno di sbottare: ‘Nooo, basta! E Bobò, e quella voce e il sentimentalismo…’.

 Per fortuna c’è stato sempre anche chi convince qualcuno ad abbandonare ogni ritrosia e affrontare a cuore aperto questo Totem del teatro contemporaneo, con il risultato quasi scontato di una sorta di conversione, che si ripete nell’effetto di abbandonarsi alle lacrime di rinascita in perfetta sincronia con le/i vicine/i di poltrona.

 Nel caso de ‘Il risveglio’ siamo proprio come al distillato puro, dove il teatro inteso come costruzione di spettacolo si fa quasi impalpabile: del resto dopo la scomparsa di Bobò è finito il mondo di Delbono, così come lui per primo dichiara.

 Bisognerebbe poi cominciare a ragionare sul significato di questa volontà di permanenza in scena, non solo come auto-terapia per l’interessato, ma come balsamo sociale. 

Il momento catartico de 'Il risveglio': Pippo abbraccia i suoi (foto di Luca Del Pia)

 Per ragionare meglio sull'ultimo Delbono bisognerebbe entrare in un territorio delicato, quasi religioso, perlomeno culturalmente, se non proprio sciamanico o sacro, come dice lui stesso a proposito dell’imperfezione-talento irripetibile di Bobò.

 A vedere oggi Delbono e quel che resta della sua Compagnia, per quei casi cosiddetti fortuiti, il cronista è arrivato mentre rileggeva, esattamente sessant’anni dopo, ‘L’attore denudato’ di Jerzy Grotowski.

Questo breve saggio del 1964, che precede il celeberrimo ‘Per un teatro povero’, si apre non a caso con una citazione dell’Apocalisse, sul rigetto divino che attende i ‘tiepidi’.

 La stessa idea che viene automaticamente fuori ogni volta che ci si confronta su Delbono, dividendosi così nettamente, pro o contro senza mezze misure, più che mai ora che si spinge a un vertice esemplare di ‘denudamento’.

 Ora, com’è noto, Grotowski da qui partiva per la tangente sulla ‘santità dell’attore’, pur usando questo ‘santo’ in modo esplicitamente laico, muovendo appunto dalla citazione apocalittica tra le più ricorrenti: ‘poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca’.

La frase funzionava come prova che il cammino verso la 'santità' potesse poi rivelarsi di luminosa redenzione ‘proprio partendo dalla miseria del mestiere dell’attore’.

  Nel caso di Delbono - che peraltro dei Vangeli è un frequentatore e di cultura cristiana appare averne da vendere - bisognerebbe oggi avere il coraggio di andare oltre quella semplice frase forte contro l’indifferenza (in 3-16 dell’ultimo libro della bibbia).

Subito dopo nell'Apocalisse (3.17) si legge: ‘Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo’. Il tu impersonale è rivolto agli abitanti di Laodicea, la chiesa al cui angelo si rivolge il messaggio apocalittico.

 Dunque oltre vuol dire soprattutto tornare a fare i conti con il mondo di Laodicea sul Lico, nell'Asia Minore oggi turca: una città, di cui oggi restano giusto le rovine archeologiche, che al tempo era un esempio sfolgorante di ricchezza e civilizzazione, con le terme, uno stadio e ben due teatri.

Una fortuna fondata sia sulla posizione e la vocazione commerciale, sia su una fiorente attività di produzione tessile .

Laodicea era anche, si badi bene, una sorta di capitale finanziaria ante-litteram dell'Impero, animata dai mercanti e banchieri ebrei, tra cui poi anche i neo-convertiti cristiani. 

 Ora, come suggeriscono i migliori commentatori (si rimanda alla lettura che ne ha fatto un grande uomo di fede e di carità come Giovanni Nicolini), non è senza appello la condanna divina così drastica dell’indifferenza che nasce dall’opulenza.

Quel ‘ti vomiterò’ è un linguaggio profetico che punta in definitiva, con una scossa di realtà, a riportare i laodicei sui binari dell’umanità e della compassione. 

 Ed è qui che Delbono sembra voler ricondurre anche tutti noi ‘tiepidi’ di oggi, mettendosi in gioco così, denudato fin quasi all’inaccettabile, come a raddoppiare nella fragilità fisica del narratore l’esemplare imperfezione e diversità artistica a cui rende omaggio.

E la domanda su cui interrogarsi è quanto una lezione del genere, da ‘border-line’ possa invece sembrare centrata esattamente alla nostra condizione di occidentali ‘laodicei’, dove l'opulenza si bagna nell'acqua tiepida dell'indifferenza.

Souvenir dramaholico del 18 ottobre a Modena, in alto una delle belle cartoline che l'ERT distribuisce all'uscita

P.S.: delicato e toccante omaggio di Enrico Fiore, nel suo controscena, a Bobò, a Delbono e a 'Il risveglio': spoiler alert, leggere solo dopo aver visto lo spettacolo!

Tournèe de 'Il risveglio' di Pippo Delbono: dal 31/10/2024 al 03/11/2024 TEATRO METASTASIO - PRATO ;dal 06/11/2024 al 10/11/2024 TEATRO ASTRA - TORINO; dal 12/11/2024 al 14/11/2024 TEATRO CHIABRERA - SAVONA; dal 19/11/2024 al 24/11/2024; PICCOLO TEATRO STREHLER - MILANO; dal 12/12/2024 al 15/12/2024 TEATRO COMUNALE - SALA GRANDE - BOLZANO; dal 06/02/2025 al 07/02/2025; ATELIER RENAISSANCE - MAUBEUGE (FRANCIA)

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