Sveglia, milanesi! Sarete anche i numeri uno per qualità della vita, ma una bella lezione d'umanità ci vuole
20.11.2024
L'ibridazione affascina, anche come modello culturale e politico
Nel tardo pomeriggio di San Valentino, a Milano, si poteva notare una strana coppia parlottare fitto nell’atrio della Triennale, dove qualche decina di spettatori erano già in fila per scendere a Teatro: alle 19.30 sarebbe cominciato lo spettacolo ‘Arca ostinata’ di Nino Laisné e Daniel Zapico, sofisticata e meravigliosa proposta di ibridazioni tra musica antica, chimere barocche e imprevedibile contemporaneità. E in qualche modo si presentava come una curiosa ibridazione, politico-culturale, anche la strana coppia coi vestiti grigi e le chiome ormai in gran parte argentee che s’aggirava conversando: il presidente di Triennale Milano, nonché celeberrimo architetto di boschi verticali, Stefano Boeri, e il nuovo numero uno del Maxxi di Roma, il giornalista Alessandro Giuli, conosciuto anche dal pubblico televisivo come il più garbato opinionista meloniano in circolazione. Non era certo una semplice visita di cortesia, quella di Giuli a Boeri, ed è probabile che le due istituzioni museali contemporanee più vivaci delle due capitali d’Italia collaboreranno presto in qualche grande progetto.
Sarà quel che sarà, ma è parso un incontro significativo, quello tra due presidenti così diversi per formazione e indirizzi, anche se onestamente a farci caso può aver inciso quell’aura misteriosa che ha incantato la platea della Triennale Teatro, con i suoni della ‘tiorba’ barocca, un grande liuto variamente pizzicato, per l’occasione, con un mix che andava dalla ‘Toccata celestiale’ di Michelagnolo Galilei (il fratello di Galileo) alla melanconia del nuovo fado di Carlos Peredes, dal Seicento francese all’improvvisazione su ‘I want you’ dei Beatles, dalla popolare Petenera Huasteca a una sorta di passacaglia contemporanea di Zapico stesso. Per la cronaca, ‘Arca ostinata’ era uno dei primi appuntamenti del bel festival FOG che Triennale Teatro organizza ogni anno, portando qualche sana ventata internazionale e diversa sui palcoscenici milanesi.
Ecco, la questione fondamentale della cultura pubblica, ieri come oggi, sta proprio qui, nell’ibridazione e nell’imprevedibilità. E questo nonostante invece si sia trasformata, in modo particolare dopo il delirante bla-bla intorno al Festival di Sanremo, in una sorta di folle guerra di bandiere. Sembra che a volte la nuova maggioranza al potere, dichiarando oltretutto di voler finalmente rappresentare una presunta propria 'cultura di destra' finora emarginata, si lasci facilmente andare al semplice ostracismo generalizzato: passi che possano non andar bene Fedez o la Ferragni, ma è impensabile che tutti i manager culturali di provenienza internazionale, nonostante il carico d’esperienza e i risultati, siano da liquidare tout court, alla Scala come agli Uffizi, solo per far posto a non si quali ‘italiani’. In questi giorni stiamo addirittura assistendo a una sceneggiata sui generis intorno al Salone del Libro di Torino, con il primo risultato di far rinunciare alla direzione uno dei nostri scrittori più considerati, Paolo Giordano, solo perché si è dichiarato, in più occasioni pubbliche, ostile alla nuova maggioranza politica e abbia indossato, per giunta, una nuova casacca ‘verde’ con il nuovo libro ‘Tanzania’, che peraltro parte dal racconto tutt’altro che riverente della sessione parigina degli Accordi sul clima.
Dopo aver accusato la sinistra di essere sempre e solo ‘anti’, adesso sembra venuto il momento dei no di destra, con una sorta di paradossale inversione dei ruoli. ‘Codesto solo oggi possiamo dirti,/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo’, è una splendida chiusa di Eugenio Montale, in una delle più celebri poesie di ‘Ossi di seppia’, raccolta stampata nel 1925 (a dire il vero ‘Non chiederci la parola’ è datata 1923). E non è che cent’anni dopo può diventare il ritornello della politica culturale di una nuova maggioranza: 'non siamo' come Giordano o Amadeus, e nemmeno come il tale Sovrintendente, e 'non vogliamo' quelli di sinistra, quelli che si baciano in bocca tra uomini, quelli che hanno cognomi stranieri, quelli che si dichiarano ambientalisti, quelli che anche solo storcono il naso inquietati dalla fiamma tricolore che arde ancora sotto il simbolo di Fratelli d’Italia. Anche solo un po’ di sano realismo dovrebbe invitare i nuovi potenti a confrontarsi con gli altri e a procedere senza paraocchi, più che mai in un settore delicato come la cultura, che ha bisogno, sì, eccome, di cambiamento e di innovazione, ma anche di competenza e d’apertura mentale. Perciò non ci resta che citare in positivo l’esempio dell’incontro di San Valentino tra Boeri e Giuli, all’insegna dell’atmosfera trasognante di ‘Arca ostinata’: quando mai nascesse un progetto targato Maxxi-Triennale, non potrà che essere qualcosa di buono, se non altro un ottimo segnale per tutti.
(da ilfattoquotidiano.it)
LA SCHEDA DI NINO LAISNE’, SCRITTA DA LUI MEDESIMO
Nino Laisné è artista associato di 2 Scènes, Scena Nazionale di Besançon. Dopo Milano torna in Francia con ‘Arca ostinata’, che è in programma il 29 marzo al Théâtre d’Arles e il 1 aprile al Théâtre du Vivat, Armentières.
Diplomato nel 2009 all'École Supérieure des Beaux-Arts di Bordeaux, dove si è specializzato in fotografia e video, Nino Laisné si è formato anche nella musica tradizionale sudamericana con il chitarrista Miguel Garau. È in questo periodo che nasce il desiderio di unire cinema, musica e arte contemporanea. È interessato alle identità marginali che si evolvono all'ombra della storia ufficiale ma anche alle tradizioni orali quando sono esposte allo sradicamento e all'incrocio.
Dal 2010, con ‘Os convidados’, le sue immagini diventano suono ed evocano canti tradizionali. Nel 2013, il suo film ‘In Presence (piedad silenciosa)’ cristallizza l'equilibrio tra scrittura visiva e scrittura musicale, attorno alle reminiscenze religiose nel folklore venezuelano. Questo traguardo segna anche l'inizio di una proficua collaborazione con i musicisti Daniel e Pablo Zapico, che incontrerà regolarmente attorno a vecchi spartiti. Con ‘Folk Songs’ (2014) e ‘Esas lágrimas son pocas’ (2015) si accosta a forme vicine al documentario intorno alle tradizioni musicali nei fenomeni migratori.
I suoi progetti lo hanno portato ad esporre in molti paesi come Portogallo, Germania, Svizzera, Egitto, Cina e Argentina. È regolarmente invitato a produrre nuovi pezzi durante le residenze di creazione (Casa de Velázquez – Académie de France a Madrid, FRAC Franche-Comté, Park in Progress a Cipro e Spagna, Pollen a Monflanquin). Le sue produzioni video sono presentate anche in cinema e festival, tra cui FID Marseille, FIAC Paris, il Papay Gyro Nights Festival di Hong Kong, il Festival Internacional de Cinema de Toluca e il Periferias Festival di Huesca. Nino Laisné collabora anche con vari protagonisti delle arti dello spettacolo, tra cui il coreografo e ballerino di flamenco Israel Galván (‘El Amor Brujo’) o il burattinaio Renaud Herbin (‘Open the Owl’).
Nel 2017 ha creato lo spettacolo ‘Romances inciertos, un altro Orlando', frutto del suo incontro con François Chaignaud, che hanno presentato al 72° Festival d'Avignon. Dopo un centinaio di rappresentazioni dalla sua creazione, il pezzo continua il suo tour nel 20/21 in Francia e all'estero (Australia, Giappone, Cile). Nel 2018, il duo ha girato il cortometraggio ‘Mourn, O Nature!’ per una mostra al Grand Palais, ispirato all'opera ‘Werther’ di Massenet. Nell'ottobre 2019, per una nuova mostra monografica al Frac Franche-Comté, Nino Laisné presenta ‘L’air des infortunés’, un film che rivisita un'impostura storica con Cédric Eeckhout e Marc Mauillon.
Nel 2020, Nino Laisné crea con Daniel Zapico una nuova etichetta discografica Alborada. La loro prima pubblicazione ‘Au monde’ trova la sua fonte nel prezioso manoscritto di Vaudry de Saizenay (1699) che i due artisti si propongono di continuare a scrivere. Questo album ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui il prestigioso Diapason d'or, 4 Clé Télérama e 5 Pizzicato Stars.
Nel dicembre 2021 alla Bonlieu Scène nationale Annecy, il duo Laisné-Zapico creerà ‘Arca ostinata’, un'opera in miniatura che reinventa l'approccio alla tiorba attraverso l'abbondante storia degli archi pizzicati all'interno di una scenografia in metamorfosi.
Nella primavera del 2022 uscirà la seconda pubblicazione dell'etichetta Alborada: il disco dello spettacolo 'Romances inciertos, un altro Orlando', registrato all'Arsenale di Metz in condizioni di studio.
In una recente intervista Laisné ha indicato i libri ‘che mi hanno commosso in diversi momenti della mia vita. Li vedo come una costellazione di stelle buone che mi accompagna e illumina il mio cammino. Una specie di famiglia con la quale avremmo condiviso affinità, alcuni essendoci stati diversi decenni fa, come Pier Paolo Pasolini, Virginia Woolf o Atahualpa Yupanqui, o altri più contemporanei. Penso a ‘Gil’ di Célia Houdart, un testo di meravigliosa delicatezza su una voce lirica che si scopre e sboccia nel cuore di una rinnovata storia della musica. ‘Il supplemento alla vita di Barbara Loden’ di Nathalie Léger (è disponibile una traduzione in italiano, curata da Tiziana Lo Porto, con il titolo ‘Suite per Barbara Loden’, ed. La Nuova Frontiera 2020) è un affascinante intreccio in tre fasi che evoca l'attrice-regista moglie di Elia Kazan, il personaggio immaginario che interpreta nel suo film’ Wanda’ e il tempo presente dell'autrice che si riflette sui passi di Barbara Loden. E come non citare ‘The Spectator Who Knew Too Much’ di Mark Rappaport, che mi ha dato il gusto di infilare la finzione in una Storia del cinema a volte troppo ufficiale, e che ci è fin troppo familiare’.
(traduzioni da ninolaisne.com)