La Grecia torna al ruolo guida anche nel post-teatro: prendete nota di quest'altro nome, Mario Banuschi
02.12.2024
La Grecia torna al ruolo guida anche nel post-teatro: prendete nota di quest'altro nome, Mario Banuschi
Ed eccolo subito lì davanti, questo benedetto Mario Banuschi, in fondo alla spoglia scena di un bagno appena illuminato: se ne sta bello nudo come mamma l’ha fatto, con in più un accenno di barba scura, e un po’ di pancetta da successo, rispetto al ritratto ufficiale che campeggia sul sito della Fondazione Onassis di Atene.
Il nuovo polo culturale europeo intitolato ad Aristotele Onassis (con sede in un cangiante monolite di vetro e marmo che dal 2010 s’è inserito tra l’Acropoli e il Pireo, dove c'è pure uno ‘stegi’ principale da 800 posti per la notevole attività teatrale), ha adottato questo creatore albanese nemmeno 27enne, e sosterrà i suoi prossimi lavori, in quanto lo considera la giovane promessa per eccellenza.
Fa una certa impressione scoprire così ‘l’astro nascente del teatro greco contemporaneo’ - come si legge alla prima riga del programma di sala distribuito dal Teatro Stabile di Torino per la quattro giorni di ’Taverna Miresia’ di e con Banuschi alle Fonderie Limone Piemonte.
Si può spoilerare un pochino, stavolta, tanto è difficile che questo spettacolo torni in Italia a breve.
Si comincia appunto con Banuschi che scosta la tendina della doccia in fondo alla scena, per mostrarsi mentre continua a sciacquarsi imperterrito per i primi due-tre minuti dello spettacolo. Poi esce e va davanti a uno scaldino per asciugarsi con cura; infine si riveste ancora tranquillamente, e sono altri cinque-sei minuti senza una parola pronunciata dal vivo, soltanto con il suono gracchiante di una radiolina in sottofondo.
Non sono mai usciti sovratitoli sul grande telo scuro che cala giù di un metro dall’alto, all’inizio, per rendere ancora più raccolta la scena in penombra. Siamo in una sorta di grande e spoglio ambiente igienico - che poi sul finire svelerà sorprese -, con toilette alla turca e piccolo lavandino in primo piano a destra, doccia e lavatrice sul fondo, qualche sedia a sinistra e un’insegna al neon appoggiata per terra con la dizione completa: ’Taverna Miresia - Mario, Bella, Anastasia’.
Miresia, già: come sanno magari i frequentatori della Calabria ‘arbëreshë’ (che poi gli albanesi d’Albania chiamano ‘Italisë’) Miresia sta per gentilezza ed è anche il marchio piuttosto conosciuto di un buon birrificio artigianale di Vaccarizzo.
I nomi che seguono stanno per i tre fratelli Banuschi: prima viene ovviamente il maschio - parliamo pur sempre di un mondo arcaico e patriarcale -, Mario, che è proprio lui, il creatore-astro nascente che si è messo a nudo; Bella e Anastasia sono le sue due sorelle. Gli è che il padre, a cui è dedicato lo spettacolo, aveva voluto mettere sull’insegna della taverna di famiglia tutti e tre i nomi delle sue creature.
In effetti la performance è una sorta di rito funebre, o di elaborazione del lutto, dedicato alla figura di questo padre-padrone ‘oste gentile’, che poi non si vede mai: però è come se fosse lì, sottoterra, nella tomba che all’inizio l’insegna celava.
E’ dalla terra del sepolcro che Mario estrae la vecchia giacca del padre, mentre non è nemmeno finito il funerale. Lo stesso capospalla marrone scuro del morto finisce su una sedia e viene pure ‘abitato’ in qualche scena da un fantasma, il quale spettro infine prende corpo, trasformato in un krampus di spighe dorate…
Basta così, magari qualche dramaholico va a pescarsi ‘Taverna Miresia’, per dire, al magnifico de Singel di Anversa, a maggio del ’25, volendo con il pullman di NTGent che organizza la serata.
Va aggiunto che la performance è resa più inquietante dalla quasi totale assenza di parole e dall'uso molto parco dei suoni, interrotto ogni tanto dalle ancora più strazianti improvvisazioni vocali di Savina Yannatou, che interpreta così bene dal vivo quei tristi lai che s’immaginano levarsi durante i funerali tradizionali in Albania.
Nel cast, aldilà dell’ingresso della cantante Yannatou, figurano tre attrici già impegnate per Banuschi anche nel precedente rituale del lutto intitolato ‘Goodbye, Lindita’: l’esperta Chrysi Vidalaki, che fa la madre con due-tre scene appunto ‘madri’ davvero sorprendenti; la giovane Katerina Krysto che qui mostra con orgoglio un corpo ultra-XXL, gestito senza falsi pudori. E, soprattutto, la protagonista anche di quel magnetico e risolutivo prefinale, in cui gira follemente su se stessa come un dervisci, nuda con il corpo ricoperto del fango della tomba paterna, che è Eftychia Stefanou.
E’ una performer di prim’ordine, la Stefanou, interprete conosciuta anche in Italia di teatro-danza d’avanguardia, come il grottesco ultimo ‘Lapis Lazuli’ di Euripides Laskaridis, appena passato tra Torinodanza e I Teatri di Reggio Emilia, e già riprogrammato dal 20 febbraio al Teatro della Pergola di Firenze. Tra parentesi, Laskaridis è una sorta di gemello maggiore di Banuschi: quattro titoli dei suoi singolari spettacoli di danza e comic tragedy, sono stati firmati dalla stessa TooFarEast che produce e organizza i tour di Banuschi.
Parliamo di una chiccosa agenzia ateniese che ha inscritto nel logo il motto ‘further than usual’ (lontano dal consueto), e che l’estate scorsa ha curato persino l’evento site-specific di guru Romeo Castellucci nel sito archeologico sacro di Eleusi, ‘Mistery 11 MA’, con protagonista un autentico matricida accompagnato da cori di bambini.
Il piccolo inciso serve anche per sottolineare la vitalità - rinnovata e invidiabilissima - del teatro greco, in grado di presentare un’offerta così ampia che va dalla tragedia classica ai nuovi protagonisti della scena performativa ‘post-drammatica’. Forse i raffinati spenderebbero la stessa definizione anche a proposito di Banuschi e della tavola teatrale imbandita in questa sua taverna del padre, che nel menù esalta, volendo, anche dei sapori alla Castellucci e persino alla Jan Fabre dei tempi d’oro.
Attenzione però a farla facile, e a reagire come quegli spettatori che si mostrano meno convinti, oltre che disorientati, tra il centinaio scarso accorsi per l’ultima rappresentazione italiana, domenica 1° dicembre, a Fonderie Limone (ma erano invece belle piene le tre date precedenti di ‘Taverna Miresia’, spettacolo programmato dal TST in apertura della piccola serie degli Extra TorinoDanza).
Banuschi, che costruisce inquietanti fiabe per adulti con una sorta di curioso e divertente post-realismo magico balcanico, in effetti, ha davvero molto poco da spartire con la prosa tradizionale, e in questo caso nasce nel contesto della recente costola performativa Grape (acronimo inglese e dionisiaco di Greek Agora of Performance) del grandioso Athens Epidaurus Festival, che si tiene per gli eventi maggiori dentro al teatro storico di Policleto il giovane.
Così all’Epidauro capita magari di vedere ancora le 55 gradinate piene di giovani incantati di fronte all’Orestea completa riproposta da Theodoros Terzopoulos, ma non è che poi sia precluso a nuovi creatori lo spazio fuori dall’ordine delle migliaia e migliaia di spettatori.
Anzi, se si va a leggere nei titoli di coda di Banuschi, si trovano gli ‘speciali ringraziamenti’ al team del Teatro Nazionale della Grecia e a un breve elenco di persone che si apre con la celebre coreografa Amalia Bennett per chiudersi con lo stesso Terzopoulos. E’ risaputo che il maestro di Attis cura con attenzione particolare i giovani aspiranti teatranti, ma sapere che dispensa preziosi consigli a un nemmeno trentenne che pratica tutt’altro teatro dal suo, dà l’idea di quanto la scena greca sia ammirevolmente compatta nella diversità.
E alla fine di questo trasognato, torbido e provocante ‘Taverna Miresia’, dove tutta l’acqua pulita che scorre non riesce a bilanciare la terra e il fango e le misere nudità, si percepisce un attimo di sbigottimento in sala.
Gli applausi man a mano si rinfocolano, dopo un primo momento di tiepidezza. E Banuschi ne approfitta per far scendere dalla regia e accostare agli attori l’intera troupe tecnica impegnata in sala, ché se potesse ne farebbe venire altri della lunga trafila di nomi inserita nei crediti (difficile dimenticare, per esempio, l’apporto di Sotiris Melanos per scene e costumi, Eliza Alexandropoulou per le luci e Jeph Vanger per le musiche originali).
Questo tipo di legame stretto con i collaboratori tecnici, che culmina nel far loro tributare anche dal pubblico il giusto riconoscimento, esattamente come per gli attori, ricorda guarda caso Lukasz Twarkowski, nuovo gioiello della stessa casa Onassis di cui Banuschi è la giovane promessa.
Tra l’altro è più facile che vedremo prima a Milano il prossimo progetto di Banuschi, intitolato ‘Mami’, che il nuovo kolossal scientifico ‘Quanta’ di Twarkoswski. Del resto, ‘l’astro nascente’ d’origini albanesi non poteva certo sfuggire al radar così sensibile al performativo di Umberto Angelini, il direttore di Triennale Teatro, che per un pelo non è riuscito ad averlo in scena con uno spettacolo già a FOG2025, ma almeno avrà Banuschi a marzo per un workshop.
E poi, basta leggere sul sito della Onassis, il prossimo Banuschi dedicato alla nonna e a tutte le donne che gli hanno fatto un po' da madre (da cui il titolo 'Mami'), con tanto di unconventional slogan 'la nascita è amore al contrario', in fondo ai crediti porta FOG Festival/Triennale Teatro come primo tra i co-produttori. Eh, si sa: Angelini, nonostante il cognome, è un diavoletto...