" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Le matite da collezione di Fanny&Alexander e un evento da non dimenticare: Primo Levi rivive a palazzo Marino con Stanze

Andrea Argentieri in 'Se questo è Levi' nella sala del Consiglio Comunale di Milano (foto Luca Del Pia)

 No, non è solo mancanza di quel tanto di faccia tosta che rende abile il cronista. Anche se l’opportunità non manca, a volte è una questione anche di luoghi e di contesti, decisamente poco appropriati.

 Alberica Archinto, signorile anima di un bel progetto milanese di ‘teatro diffuso’ denominato Stanze, ci tiene ad avere un rapporto diretto con il pubblico, in fondo sono veri e propri ospiti, oltre che spettatori: accoglie tutti gentilmente all’ingresso e alla fine si ferma a salutare per bene, con calma. 

 E il 6 marzo scorso, come il buon pastore - in fondo siamo pur sempre in Quaresima -, si prende subito cura dei fedeli meno assidui. ‘Grazie, che bello che sei venuta! Tornerai vero?’ chiede a una conoscente, senza nemmeno bisogno di sincerarsi del risultato dello spettacolo, dopo tutti quegli applausi, con l’emozione forte ancora palpabile nell’aria. 

 Poi, buttando uno sguardo alla postazione da dove si stava alzando l’interlocutrice, anche lei con sguardo visibilmente commosso, la signora delle Stanze ha aggiunto sorridendo: ‘Mi raccomando, porta a casa la matita, non lasciarla qui, è un bel ricordo…’

 La matita in questione, semplicissima, color legno chiaro, porta incisi in neretto maiuscolo, al centro, il logo della compagnia teatrale Fanny&Alexander e, verso l’alto, al posto delle indicazioni tecniche sulla scala della durezza e sul numero, come 120 e 3 H, reca in rosso, sempre maiuscolo ma con un corpo più piccolo, il titolo ‘Se questo è Levi’.

 La matita veniva fornita con due fogli, un modulo da compilare per la liberatoria all’uso di eventuali immagini che sarebbero state riprese, e un prestampato fitto fitto da esame di Stato, con 25 domande articolate, precedute da un pallino bianco da barrare: mano a mano ciascun spettatore poteva scegliere quale domanda rivolgere, procedendo con la spuntatura di quelle già formulate.

 E, accidenti al contesto!, in un’altra situazione sarebbe stato facile intromettersi nella conversazione del dopo per formulare una richiesta relativa all’esistenza di un’ipotetica analoga matita con la scritta ‘Charles Manson’, dato che Andrea Argentieri, l’attore riminese che così bene ha interpretato la figura complessa di questo scrittore-scienziato-sopravvissuto, ha debuttato nemmeno sei mesi fa vestendo invece i panni sconvolgenti dell’assassino guru del satanismo in California. 

 E’ dedicato a questo ‘mostro’ hollywoodiano il nuovo spettacolo che Argentieri porta in giro sempre per Fanny&Alexander (ovvero la dramaturg Chiara Lagani e il regista Luigi De Angelis), e nella seconda parte si gioca come ‘Se questo è Levi’ sull’intervento attivo del pubblico, chiamato a rivolgersi direttamente al protagonista, scegliendo sempre tra un certo numero di domande prestampate.

Un certo numero di fortunati spettatori lo hanno già visto a Milano, nell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, al TeatroLaCucina dell’Associazione Olinda, un’altra bella realtà milanese, che non a caso ha collaborato anche all’evento in palazzo Marino (e verrebbe voglia di giocare al 'ce l'ho/mi manca' delle matite cult con la giovane volontaria di Olinda, ma tra lo stalker e il cronista deve pur sempre restare evidente lo iato...).  

 Matite-ricordo a parte, da sottolineare è soprattutto che anche a Milano, come nel resto d’Europa, finalmente c’è vita oltre il teatro (1), anzi è più spesso proprio fuori dai luoghi fisici delle sale, che gli spettatori appassionati trovano straordinarie occasioni, persino del genere più tradizionale della prosa.

Un precedente di Stanze, indimenticabile, in una sala della Fabbrica del Vapore, era stata la pièce ‘Grazie della squisita prova’ in cui il mitico duo attoriale dei ‘diablogues’ Enzo Vetrano e Stefano Randisi si confrontava proprio sull’importanza di resistere a fare teatro, con un allievo eccellente come Nicola Borghesi della compagnia Kepler-452, nuova stella del teatro di realtà).   

 Nella stessa cornice istituzionale della sala del consiglio comunale di Palazzo Marino dove si è tenuto ‘Se questo è Levi’, l’anno precedente, Stanze ha portato un altro spettacolo impegnato sul fronte della memoria, ‘Giacomo (Matteotti)... io il mio discorso l'ho fatto’, del Teatro dei Borgia di Barletta, ovvero il ‘creator’ Gianpiero Alighiero Borgia e l’attrice Elena Cotugno.

A ben vedere ‘Se questo è Levi’ è stato cucito su misura di Argentieri nel 2018, dalla compagnia cult ravennate con marchio bergmaniano. E ancora oggi, sei anni dopo, ha fatto davvero grande impressione trovarsi di fronte un credibilissimo Primo Levi redivivo, ai 150 spettatori circa che sono riusciti a prenotarsi sul sito di Stanze per tempo (basta iscriversi per seguirne l’attività).

 Notevole, ovviamente, l’interazione diretta con il pubblico che, seduto ordinatamente negli scranni dei consiglieri o della stampa, poteva rivolgere precise domande, a scelta tra le 25 di cui erano state preparate le risposte che aveva dato, letteralmente, a suo tempo, Levi stesso.

Lo spettacolo si è chiuso con la toccante lettura di brani della corrispondenza tra lo scrittore e il traduttore in tedesco di ‘Se è questo è un uomo’, compresa la missiva che fu scelta da Levi per figurare come prefazione al libro. 

 E’ stata un’esperienza davvero unica, puntuale, vivificante nonostante la terribile materia, profondamente umanistica e in fondo anche tanto culturalmente antifascista. Grazie all’intelligenza di Fanny&Alexander - esattamente come nel loro recente e impervio adattamento teatrale della complessità narrativa di ‘Trilogia della città di K.’ di Agòta Kristof -, sono banditi tutti i facili contorni di attualizzazione e le strizzate d’occhio al linguaggio post-televisivo che invece abbondano, purtroppo, nei nostri teatri. 

 Sarebbe stato facile estrapolare oggi, per cominciare, qualche brano di un’intervista critica di Primo Levi sullo Stato d’Israele, ma le creazioni di Fanny&Alexander girano alla larga dall’ovvio e, anzi, risultano all’apparenza semplicissime pur nella complessità della costruzione.

Del resto, se Levi trovava, addirittura, impropria la definizione stessa di Olocausto per lo sterminio degli ebrei operato dai nazi-fascisti (come è stato ben ripetuto), figurarsi piegarlo ai paragoni folli con il presente che purtroppo si sentono spesso volare, anche in buona fede, da destra a manca o viceversa, in questa pericolosa bolla iper-mediatica di banalizzazione!

 Così molti s’attardavano a complimentarsi con l’equipe di Stanze e magari a parlare di teatro e di Milano con passione, talmente pesava il magone che si provava, come dopo la visita al Binario 21, grazie all’esperienza con Levi attraverso Argentieri.

E qualcuno del pubblico - sarà stato un addetto ai lavori, o quasi - è andato dritto a complimentarsi con De Angelis anche per la precedente ’Trilogia della città di K.’, solo che nell’emozione del dopo, forse ancora scosso dalla bruciante eterna attualità delle parole di Primo Levi, si è un po’ inceppato citando una o due volte un altro titolo, analogo, con la prima parola trisillabica senza articolo…di un’altra compagnia!

 Ecco, senza far nomi ma per approfondire il confronto, rispetto ai congegni pseudo-intellettualistici di certi registi e autori tanto di moda per il fascino della presunta ingegnosità nella costruzione degli spettacoli, Fanny&Alexander riescono a fare un teatro culturalmente ineccepibile nel contenuto (tendenzialmente distante da trite tematiche individualistiche borghesi), e alquanto elaborato nella ricerca formale, in una linea ideale di ‘nuovo teatro di regia’ in grado comunque di far vivere emozioni autentiche e profonde (2). 

  Gli spettatori milanesi avranno presto modo di confrontarsi con una nuova monografia firmata Lagani-De Angelis e dedicata a Nina Simone, (al secolo Eunice Kathleen Waymon, cantante, pianista, scrittrice e attivista per i diritti civili), che è interpretata da Claron McFadden, soprano americana di grande personalità, e ha incantato il pubblico alle prime nei festival di Roma e Parigi. Si può dunque considerare aperta anche la caccia, per stare in tema, alla matita NINA?

 Battutacce a parte, come spiega la stessa locandina, ‘partendo dai documenti audio di interviste radiofoniche e televisive e discorsi pubblici, la Mc Fadden è chiamata a comporre un ritratto mimetico completo dell’artista Nina Simone. Grazie alla tecnica dell’etero-direzione, elemento chiave della poetica di Fanny & Alexander, Claron McFadden ne abita la voce, testimoniando le svariate manifestazioni della forza del suo carattere e spirito creativo, attraversando i momenti più salienti della sua parabola, dalla tensione poetica alla lotta per i diritti delle donne e degli afroamericani, svelando le sue fragilità e ferite più intime’. 

 ‘NINA’ dovrebbe figurare a maggio nel cartellone di una nuova rassegna di Presente Indicativo che il Piccolo Teatro presenterà a breve. E molti sperano di sapere presto pure quali appuntamenti ci regalerà Stanze, la pagina ‘Prossimi spettacoli’ non dovrebbe restare ancora vuota a lungo, si parla già di progetti mirati con bei nomi femminili della scena artistica italiana.

Vista d'insieme, dalla parte degli scranni per la stampa e gli ospiti esterni, della Sala del Consiglio Comunale di Milano a palazzo Marino, durante lo spettacolo 'Se questo è Levi' (foto di Luca Del Pia)

(1) C’E’ VITA OLTRE IL TEATRO A MILANO

(2) CRITICA E GABBIE DI DEFINIZIONE

Chi più ne ha, più ne metta (di definizioni). S’intende, con questo pur generico e ambiguo ’nuovo teatro di regia’, che  Fanny&Alexander con la stella polare dell’etero-direzione della scena si sono ritagliati, in trent’anni di attività, uno standard proprio e ben diverso, anche solo per l’uso accorto e dichiarato delle tecnologie, dagli eredi della tradizione stessa del cosiddetto teatro ‘di regia critica’, per esempio i ‘post-ronconiani’ che dominano ancora tante istituzioni teatrali.

Altrettanto evidenti sono anche le differenze con la poetica sia delle varie figure che animano invece, con grande passione per l’inattuale, l’eredità del ‘teatro povero’, sia dai guru della scena ‘post-drammatica’ performativa, sia in qualche modo anche dai ‘fratelli minori’ del rinnovamento degli anni Zero, del ritorno alla realtà e così via… 

Ultimi Articoli