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Non è che dovremo dire 'Olè Claudio' in Barba a tutto? Spuntano nuovi candidati per la direzione del Piccolo

Claudio Longhi con Lino Guanciale durante le prove di 'Ho paura torero' (foto di Masiar Pasquali)

 Della prossima stagione del Piccolo teatro, in attesa della conferenza stampa di presentazione, mercoledì 19 giugno, si sa ancora ben poco. Impossibile che sia scialba tanto quanto quella annunciata per il Teatro Argentina dal ‘gemello’ pubblico romano, come hanno notato subito i critici.

Certo la presenza, nel primo cartellone di Luca De Fusco al Teatro di Roma, anche di ‘Ho paura torero’, con varie repliche, fa pensare che ci sarà almeno uno scambio alla pari. E il pericolo che ad arrivare a Milano possa essere il nuovo ‘Guerra e pace’ dello stesso De Fusco, o addirittura ‘November’ di David Mamet con Luca Barbareschi protagonista, è pur sempre nell’aria. 

Tra l'altro, questo testo sulle presidenziali americane sarà diretto in Italia da una regista, Chiara Noschese, il che non guasterebbe nemmeno al Piccolo, dove le quote rosa sono pur sempre scarsissime, a fronte peraltro di un più spiccato orientamento 'rainbow'.

 Intanto, il direttore del Piccolo Claudio Longhi si è per fortuna premurato di aggiudicarsi, dalla sua ex Emilia Romagna Teatro (con Teatro di Sardegna come capofila della produzione), almeno le prime date della tournée di quello che è sicuramente lo spettacolo italiano più atteso dagli appassionati, ‘Tragùdia’. La nuova prova di Alessandro Serra, alle prese con il mito di Edipo in grìko calabro, alimenta già le speranze di chi tifa per un altro capolavoro, anche solo per associazione con il sardo del fortunatissimo ‘Macbettu’.

 Si vocifera pure di un imprevisto stop all’ultimo giro per il trittico di Pascal Rambert, che doveva essere uno dei gioielli della direzione Longhi, e dopo un incerto ‘Prima’ ha visto andare in scena un ottimo ‘Durante’, con tanto di appassionato monologo antifascista di Arlecchino, ma non vedrebbe in cartellone il pur inevitabile 'Dopo'.

Di fronte alle sfortune al botteghino del secondo spettacolo veniva facile pensare, di riflesso, a una sorta di auto-censura light, almeno in sede di promozione, per poi in qualche modo meglio giustificare l’interruzione del trittico. Vedremo. 

 Certo è che, anche nella densa e innovativa chiusura della stagione ’23-’24, con il festival ‘Presente Indicativo’ seguito dai due fine settimana ‘open air’ del progetto ‘Paesaggi condivisi’, tanti hanno avuto modo di notare una singolare asimmetria promozionale.

Basta fare il confronto tra i congrui battage e i prezzi finali offerti anche solo per le ultime mediocri ospitalità italiane, piuttosto che per i lavori di certi artisti di casa e 'di famiglia', con quelli degli appuntamenti davvero straordinari previsti al festival.

Forse era opportuno, in apertura di 'Presente indicativo', far capire meglio al pubblico, per esempio, l'importanza di ‘Saigon’, lo spettacolo che ha rivelato una nuova stella del teatro francese come Caroline Guiela Nguyen, che pure sarebbe 'artista associata' al Piccolo.

Lo stesso discorso valeva per ‘La Obra’ pochi giorni dopo, la nuova piéce di Mariano Pansotti che è stata protetta almeno dalla collocazione allo Studio Melato: ma parliamo pur sempre di un personaggio di peso internazionale, di cui a luglio il festival d'Avignone tiene in cartellone per quasi 20 giorni 'Une Ombre vorace', prodotto dalla rassegna francese diretta da Tiago Rodrigues come 'Piece commune' con Wiener Festwochen guidata adesso da Milo Rau.

Infine, ma non per ultimo, il caso dell'eccellente visionario ‘Rohtko’ di Łukasz Twarkowski, reso ancor più clamoroso dall’entusiasmo del pubblico, con la seconda e terza rappresentazione che hanno visto addirittura tornare gruppi di spettatori della prima, nonostante i 235 minuti d’ingaggio. Un 'colpo' che è sembrato sorprendere lo stesso Longhi, in platea per la prima con tanti esterefatti colleghi.

 Nell’assolata prima domenica di maggio, al bar di un teatro Strehler desolatamente vuoto per il pur commovente e notevole ’Saigon’, si poteva cogliere proprio un dialogo a tema tra il solito professionista del mugugno e una signora competente e appassionata.

‘Certo, tante critiche sono fondate e ci si può pur sempre attendere molto di più da un teatro pubblico di questo livello’, spiegava la gentile interlocutrice al brontolone: ‘ma poi bisogna ricordarsi con realismo certi momenti del passato. E, soprattutto, immaginarsi chi potrebbe arrivare alla direzione del Piccolo di questi tempi…’

Un ragionamento impeccabile, certo più delle critiche di cui sopra. E che ha poi una chiusa obbligata: Longhi forever, anzi ‘tutta la vita Longhi, piuttosto che i nomi che girano’ - testuale citazione dal dialogo al bar.

Con il primo contratto da direttore in scadenza, come si sa, l’aria politica che tira non è poi così favorevole a Longhi. Anche qualche polemica interna o l'analisi dei risultati della gestione forse rischiano di servire da leva per la resa dei conti che il fronte governativo non ha mai smesso di voler perseguire.

 In consiglio d’amministrazione siede da mesi un candidato alternativo, l’ex assessore alla Cultura della giunta berlusconiana di Letizia Moratti, Massimiliano Finazzer Flory, che peraltro viene sempre dato in corsa anche per altre prestigiose istituzioni, come il complesso di attività pubbliche legate alla Casa Manzoni. 

 Il punto è che, oggi come oggi, a dare le carte è Fratelli d’Italia, cominciando dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e passando dal consigliere del Piccolo Geronimo La Russa nonché dai rappresentanti della Regione, dove all’assessorato competente siede Francesca Caruso, avvocato civilista dello studio La Russa.

 E’ per questo che, all’inizio di giugno, gli osservatori più avvertiti hanno notato la singolare ricomparsa a Milano di Luca Barbareschi, attore, produttore, direttore di teatri e personaggio di spettacolo, con tanto di suo proprio talk-show in Rai (‘In Barba a tutto’), forse il più noto tra i pochissimi amati a destra. 

 In un’articolata intervista al ‘Corriere della Sera’ Barbareschi ha cominciato a gettare i semi di una vera e propria ricollocazione della sua immagine politica, infilando lo strategico uno-due finale: Amici ne ha? ‘Per anni ho avuto un’amicizia segreta con Giorgio Napolitano’. Ma lei non è di destra? ‘Socialista a vita’. 

 E la mattina del 2 giugno Barbareschi è stato accolto come ospite addirittura all’Anteo, istituzione cinematografica della Milano borghese di sinistra, seppur non nel Palazzo del cinema ma alla sede di Citylife. Ha presentato il suo nuovo film ‘The Penitent’, che tra i tifosi della destra al potere viene venduto come ‘anti-woke’ ma ha pur vinto il Premio Sorriso Diverso al festival di Venezia in accoppiata con un cult da movimenti pro-migranti come ‘Green Border’. 

 Tanto per gradire, negli stessi giorni, ospite in tv su La 7 di David Parenzo, Barbareschi si è esibito in un siparietto molto sussiegoso nei confronti di uno dei maggiorenti lombardi del Pd più vicini al sindaco di Milano Beppe Sala, Giorgio Gori.

Ha detto testualmente Barbareschi: ‘il mio amico Gori è un ottimo sindaco di Bergamo, ha fatto molto bene anche in momenti davvero difficili, e non capisco proprio perché il Partito democratico non punti di più su di lui, anche come leader nazionale e segretario…E lo dico come semplice osservatore, perché farebbe bene anche alla sinistra e al Paese, io del resto non mi interesso più di politica ma solo di cultura…’

 Per quanto riguarda infine il piccolo particolare che lo statuto della fondazione del Piccolo porti come prima firma quella del mitico sindaco socialista della Milano liberata Antonio Greppi e che la sede del teatro sia stata posta proprio nel palazzo di via Rovello dove i nazifascisti della Muti torturavano i partigiani, Barbareschi può pur sempre ricordare che il suo nome di battesimo gli arriva dal Luca che suo padre Francesco Saverio ha portato per quattro anni nelle Brigate bianche.

 Figlio di un partigiano di prima fila, socialista a vita e persino amico di Napolitano, tifoso di un Pd dei sindaci riformisti, uno che in tv dialoga da pari a pari persino con il giurista Sabino Cassese o il teologo Vito Mancuso, uno che riparte in scena al teatro di Roma, che è tra le prime istituzioni culturali: basta così? 

 Barbareschi e magari pure Edoardo Sylos Labini, dunque, oltre al solito Finazzer Flory: a sfogliare la margherita dei candidati politicamente affini al governo, le voci querimoniose sulla direzione Longhi al Piccolo teatro si confondono subito con l’eco di Lola Flores che canta ‘Tengo miedo, torero’, si lagna tanto e soffre, ma poi confessa: ‘Y en ti creo torero’.

Fosse pure a malincuore non resta che ripetere con l'arguta 'theatrical insider' intercettata al bar nel primo intervallo di ‘Saigon’: ‘Olè Claudio!’

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