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Novanta minuti di autentico vaudeville cechoviano firmati da Peter Stein, e tutto fila via liscio come il suo olio

Alessandro Sanpaoli, Maddalena Crippa e Sergio Basile ne 'L'Orso' al Teatro Menotti (foto di Tommaso Le Pera)

 E’ sempre molto istruttivo sentir parlare un Grande Vecchio come Peter Stein, classe 1937, regista di primo piano della scena europea già dagli anni Settanta del Novecento. L’occasione per incontrare Stein è offerta anche quest’anno dal Teatro Menotti, in occasione della serie di rappresentazioni di ‘Crisi di nervi. Tre atti unici di Anton Čechov’, che dopo il fortunato debutto al Teatro Biondo di Palermo, sarà in scena a Milano dal 23 maggio al 9 giugno.

 Già basta dire Čechov, e drizzano le orecchie tutti gli appassionati di teatro: figurarsi se a prendere la parola è un regista che ha messo in scena più e più volte l’autore che ha segnato il Novecento - con esiti davvero memorabili, come è stato per un ‘Giardino dei ciliegi’ nel 1989, con l’ensemble della fu Berlino Est Schaubühne. Epico direttore regista della compagnia brechtiana per un ventennio, più o meno fino al crollo del Muro, Stein ha poi curato per quasi un decennio il festival di Salisburgo. 

 In mezzo ai suoi 57 anni e rotti di attività teatrale si contano a decine le varie regie, di prosa e di lirica, in ogni dove, e parecchie addirittura per i teatri della Russia comunista. 

 Eppure, prima di tutto va ricordato che Stein si considera una persona qualunque, e si comporta come tale. Non ama affatto sentirsi chiamare maestro, magari con la M maiuscola, come in Italia è frequente che si faccia rivolgendosi ai registi. Ha tutti i vezzi del caso e dell’età, dalla sveglia sul telefonino che lo interrompe squillando per ricordargli di prendere qualche pastiglia, all’autoironia ostentata anche riguardo alla senescenza, per non dire della disarmante sincerità di chi conosce così bene la materia di cui parla, a proposito di teatro, e non solo. 

 Senza rischiare di rovinare i 90 minuti filati di puro teatro d'una volta ai tanti che andranno a vedere ’Crisi di nervi’, è bene limitarsi solo a qualche riferimento generale fatto da Stein durante la presentazione del 21 maggio a Milano. La prima citazione, con un tanto che di autobiografico, va al Čechov che scrive da uomo di teatro vittima di un singolare ed esagerato rapporto di amore-odio con il teatro stesso, particolarmente nel momento in cui sceglie di buttar giù questi testi brevi.

All’autore che, tra l’altro, detestava la propensione al piagnisteo in scena degli attori russi e che fu il primo ad introdurre anche una varietà di rumori particolarissimi, di rigore, a inframezzare i testi. E, ancora Čechov, che era così capace di scandagliare elementi basilari dell’animo umano e della vita di tutti, che non ha senso sforzarsi di attualizzare i suoi testi come purtroppo fanno in tanti. 

 Singolare poi che Stein ricordi come più o meno gli stessi tre atti unici - solo con ‘L’anniversario’ al posto de ‘I danni del tabacco’, ma con ‘L’Orso’ e ‘Una domanda di matrimonio’ negli identici testi originali -, costarono la carriera e la vita al grande maestro del teatro post-rivoluzionario Vsevolod Mejerchol’d. Presentati insieme nel 1935 con il titolo ’33 svenimenti’, furono considerati un allestimento eccessivamente formalistico dalla critica ufficiale stalinista. 

 Le accuse al padre della ‘bio-meccanica teatrale’ di fomentare tendenze culturali e ideologiche contrarie al realismo socialista, con un allestimento oltretutto di un autore come Čechov che il comunismo vedeva come borghese decadente, costarono a Mejerchol’d in prima battuta la chiusura del teatro e lo scioglimento della sua compagnia.

Infine, nel 1939, il regista, che pure a suo tempo era stato così vicino a Stalin, venne arrestato, interrogato, torturato e infine fucilato. Identica sorte toccò a sua moglie, dopo che erano state estorte con la violenza confessioni relative all’attività antisovietica svolta, anche a diversi attori che avevano lavorato con loro.

 Ma il bello con Stein, anche quest’anno, come nel 2023 in occasione della riproposta de ‘Il Compleanno’ di Harold Pinter, viene dopo, mentre comincia l’assalto generale al buffet e lui resta seduto tranquillo al tavolo della conferenza stampa, un po’ anche per tirare il fiato ma pur sempre a disposizione di chi vuole fargli direttamente altre domande. 

 Così si può parlare meglio del teatro russo e chiedere notizie dei suoi vari amici e conoscenti, tutti ormai, invariabilmente, scomparsi, ché dopo l’attacco di Putin in Ucraina non rispondono più a mail e telefonate in arrivo dall’Italia, per non finire nel mirino della polizia politica come complici di un Paese che di fatto è considerato praticamente in guerra contro Mosca.

Non si sa più niente, nemmeno attraverso Stein, di Lev Dodin, uno dei più grandi registi viventi europei, che l’ultima volta in tournée a Milano era venuto proprio con un memorabile ‘Giardino’ cechoviano: ‘del resto è un grande regista russo di tipo classico, non potrà mai sbagliarsi su Čechov, lo rappresenta proprio secondo i canoni originali’.

 Al primo attimo di distrazione, magari perché qualcuno gli porta un pezzo di focaccia o un calice di spumante, l’interlocutore occasionale ha due possibilità per ripotare Stein in tensione: la più tradizionale è chiedere qualcosa relativamente alle ultimissime prove, e in un attimo si carpisce la confidenza che vuole mettere sotto pressione ancora una volta il malcapitato di turno, in questo caso Gianluigi Fogacci.

E’ l’attore cui tocca l’interpretazione del monologo ‘I danni del tabacco’, ‘uno dei primi e più sottili esercizi di sottotesto del nostro teatro’, spiega Stein, dove dietro ogni frase chiave si possono leggere due o tre altri significati, a partire alcune volte proprio dall’opposto letterale di quel che viene detto.

 ‘E’ indispensabile che il pubblico comprenda perfettamente ciascuna parola dalla viva voce dell’attore’, sottolinea Stein, ricordando anche che intenzionalmente nelle sue regie non usa microfoni e, se potesse, farebbe spettacoli solo con la luce naturale, come durante le prove che organizza nel capannone teatrale della sua tenuta a San Pancrazio di Amelia (13 km da Orte, si può andare liberamente a visitare il Castello, eventualmente fermarsi a dormire in qualche dependance che affitta come B&B). 

 ‘Mi aiuta tanto il fatto d’essere tedesco di madre lingua e sento subito se un attore in italiano si mangia una mezza sillaba finale…Oggi li faccio provare di nuovo tutto da capo, ma so già dove devo stare in guardia per correggere ciascuno…’ (1).

 C’è una seconda via per attirare l’attenzione di Stein quando comincia ad annoiarsi ed è quella che fila via meglio, non casualmente liscia come l’olio. Da quando si è trasferito a vivere nella campagna del Centro Italia, infatti, Stein ha deciso di fare principalmente l’olivicoltore, con grande passione.

E alle consuete domande dei profani, tipo ‘come sarà l’annata con tutte queste piogge?’ risponde invariabilmente di averne le tasche piene della solita trafila dei ‘perché’ delle chiacchiere tra contadini. ‘Un anno c’è meno olio perché ha piovuto poco, l’altro perché c’è stato poco sole, un altro ancora è meno buono perché c’è stato freddo o vento…’ 

 Poi, in confidenza, ammette che potremmo dover affrontare un’altra stagione non eccellente, con una raccolta di olive in percentuale quasi dimezzata. ’So che alcuni grandi produttori quest’anno si sono già accaparrati litri e litri d’olio dal Venezuela, ché anche dal resto dell’area del Mediterraneo non ne arriverà a sufficienza’. 

 E prima che Stein s’intristisca troppo per qualche ramo dei suoi amati olivi spezzato dai temporali e per le aggiunte segrete di venezuelano nei nostri vari cultivar, speriamo almeno non nell'amerino tipico, meglio deviarlo di nuovo sulle miserie e gli splendori del teatro all’epoca di Čechov, quando invece del banco regia con l’impianto audio, c’era un vero e proprio coro di venti o trenta rumoristi dietro le quinte…

Gianluigi Fogacci ne 'I danni del tabacco' dai tre atti unici di Čechov, allestiti da Peter Stein


(1) ‘Crisi di nervi. Tre atti unici di Anton Čechov’ di Peter Stein: la scheda

 Dopo l’insuccesso delle sue prime due opere, il giovane Cechov giurò di non scrivere mai più per il teatro drammatico e decise di dedicarsi esclusivamente ai vaudeville. Questa circostanza ci ha regalato una serie di atti unici, pieni di sarcasmo, di comicità paradossale, di stravagante assurdità e di folle crudeltà, e che a loro volta sono diventati il terreno fertile per l’esperienza e la preparazione  delle grandi opere della maturità dell’autore. 

 Gli atti unici del grande autore russo, ispirati alla commedia francese e al genere del vaudeville, sono stati rappresentati in tutto il mondo. Nelle tre opere esemplari che presentiamo, i personaggi di volta in volta si fanno prendere da crisi di nervi, si ammalano, sono preda di attacchi isterici o litigano in continuazione fra loro. 

 Ne ‘L’Orso’ (con Maddalena Crippa, Alessandro Sampaoli, Sergio Basile) il protagonista quasi muore dalla rabbia, per un debito che non gli viene rimborsato da parte di una donna, che lui arriva a sfidare a duello, per finire in ginocchio a chiederle di diventare sua moglie.

Ne ‘I danni del tabacco’ (con Gianluigi Fogacci) un presunto oratore deve tenere una conferenza sugli effetti negativi del tabacco, ma, tra starnuti e attacchi d’asma, confessa in realtà di voler mettere fine alla vita disastrosa che conduce come marito della propria moglie.

Ne ‘La domanda di matrimonio’ (con Alessandro Averone, Sergio Basile, Emilia Scatigno) il futuro sposo, per timidezza e altre difficoltà fisiche, non riesce a porre alla futura sposa la fatidica domanda, e anzi si mette a litigare con lei, che a sua volta gli ribatte a muso duro ed è preda di un attacco isterico quando lui cade svenuto per ipocondria.

   

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