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In mezzo alla folla di solitari disperati e folli, mutanti o mutati, già morti o soltanto sognati, che popola questa edizione della Biennale Teatro, si fanno largo, aggraziati e minuti, Deflorian e Tagliarini, con una performance dai toni gozzaniani, trasandatamente stilosi. Due attori quasi vecchi, intrappolati nei circuiti delle proprie piccole paure, separati da un gigantesco tavolo da trucco, si stanno preparando per entrare in scena, e in questo tempo sospeso si scaldano palleggiandosi finte confidenze e fragili confessioni, al ritmo di memorie prese in prestito da altri. Sovrimpressioni (questo il titolo dello spettacolo) fa parte di una trilogia di lavori ispirati allo struggente Ginger e Fred di Fellini, e di quella malinconia si nutre, dando vita ad un dimesso minuetto in minore in cui il dinamico duo esplora e racconta con maestria la solitudine ineluttabile in ogni finale, di vita, di carriera o di partita.

Arni Canali  

Nella foto di Greta De Lazzaris, una scena di ‘Sovrimpressioni’ di Deflorian/Tagliarini

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