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Pare d'aver sentito Serra dire: «È finita Ariel, adesso andiamo a Bologna»

 Alla fine, tra gli applausi scroscianti di un folto pubblico dove finalmente non mancano i giovani, si può ben dire: Alessandro Serra si è riconciliato con ‘il Piccolo grande’ mondo, come traduce per il suo Prospero l’allusione shakespeariana al ‘Globe’, e il ‘Piccolo grande’ ha ritrovato ‘La Tempesta’ con tutta la magia del teatro.

Non era così scontato. Il ‘Piccolo grande’ - inteso come il Piccolo Teatro Strehler di Milano, la gigantesca sala da quasi mille posti, dell’archistar Marco Zanuso -, si è presentato all’appuntamento con il nuovo spettacolo di Alessandro Serra mostrando tutte le insidie di un’acustica non proprio felice, più che mai per una compagnia che lavora rigorosamente a voci vive, del peso di un fantasma ingombrante come Giorgio Strehler, appunto (la cui ’Tempesta’ dei lontani fine anni Settanta è rimasta un punto di riferimento), dell’incubo di precedenti non proprio esaltanti, e s’intende sia per ‘La Tempesta’ (l’ultima un po’ cerebrale proposta qui da Roberto Andò, nel 2019) sia per il ‘povero’ Serra, che dopo il fortunato ‘Macbettu’ era già finito nel tritacarne milionario dell’istituzione teatrale borghese milanese per un non proprio memorabile ‘Il Costruttore Solness’ da Ibsen, con Umberto Orsini.  

Fortuna vuole che ‘La Tempesta’ sia arrivata già molto rodata all’appuntamento con questa ben lunga ripresa nel ‘Piccolo grande’, dal 15 al 27 novembre, dodici giorni di fila, con la sola pausa del lunedì, dove pure Serra si è esibito al Chiostro Ninchi per presentare un libro, con quasi tutta la compagnia in sala ad ascoltarlo. Che dire? Posto che su ‘La Tempesta’ tutti hanno già detto tutto e il contrario di tutto, e che l’unico rischio è volerci aggiungere qualcosa, per lo spettacolo dell’altra sera al Piccolo Grande cedo subito la parola al mio vicino di fila, 8-31 sx in platea, un giovane attore fresco di studi teatrali: ‘Certo Serra è uno davvero molto, molto bravo a lavorare sulle immagini’’; poco più in là, due ragazze con una signora, entusiaste, si chiedono attonite ‘riusciremo mai a recuperare il Macbettu, chissà che roba sarà stato…’; sul cast: ‘tutti bravissimi ma Ariel è davvero magica, Calibano incredibile e Prospero perfetto’, del resto, aggiunge l’aspirante collega, ‘con il mestiere che ha Marco Sgrosso...’.

Non volendo tirarla troppo per lunghe, dalla prima del 15 marzo del 2021, nella sala A del Teatro Fonderie Limone di Moncalieri, Torino, Serra ha messo a punto lo spettacolo grazie anche all’esperienza preziosa di una tournée all’estero, festival d’Avignon compreso. Dopo il primo giro in Italia aveva dovuto incassare un certo numero di critiche negative, più o meno tutte centrate sui difetti di fluidità dello spettacolo, sulla non felice resa della figura di Prospero e su quel certo ‘non-so-che’ mancante per urlare al capolavoro. E va bene così, tanto gli spettatori entusiasti di farsi cullare nel sogno teatrale, a cominciare dai due ‘dramaholics’ che non avevano voluto mancare la prima torinese, si sono sempre spellati le mani per applaudire. Qualche perplessità per le piccole deviazioni dal canone shakespeariano stretto, rimaneva nell’aria, forse pure per il carico di toni comici, forse chissà. 

E, invece, rivisto dopo tanti mesi, e subito dopo la versione musicale di Thomas Adés al Teatro alla Scala, con un’indimenticabile regia di Robert Lepage, lo spettacolo tempestoso del ‘Piccolo grande’ ha saputo offrire agli spettatori non solo la potenza visiva che ha fatto di Serra uno dei migliori registi del nostro disgraziato paese, ma anche una profonda fedeltà alla commedia shakespeariana, che sicuramente trova il clou nella perfetta ‘sotto-interpretazione’ che Sgrosso fa dei due celeberrimi monologhi di Prospero (‘Voi elfi delle colline, dei ruscelli…’ e ‘Ora i miei incantesimi si sono tutti spenti…’). Anche Jared Mc Neill, davvero un Calibano da autografo (vedi sotto), non dobbiamo certo scoprirlo adesso noi, e Serra se l’è trovato bell’e pronto dopo gli anni di formazione addirittura con Peter Brook: casomai il regista ha mostrato un certo coraggio ad affrontare ‘La Tempesta’ non solo con i suoi di Teatropersona, ma aggregando professionalità così consolidate e riconosciute (Mc Neill ora insegna all’Accademia d’Amico e fa regie in proprio, Sgrosso ha addirittura una sua compagnia, Le Belle Bandiere, e viene chiamato spesso a fare attività di formazione).

Ultima, ma non per ultima, la strepitosa Chiara Michielini, che è ancora lì in scena che vaga smarrita invocando un ‘Padrone, padrone, ho lavorato bene?’, che ha certo qualcosa anche di autobiografico, fatto recitare così sul finale a un'interprete magnifica che è stata già un po’ l'Ariel delle magie teatrali di Serra. E adesso, quando la luce si spegnerà di botto anche domenica nel tardo pomeriggio, Prospero-Serra potrà ben dire alla sua Ariel: ‘brava, hai recitato bene, è finita’, la magia del teatro ha avuto ragione anche delle insidie del ‘Piccolo grande’. La tournée viaggia veloce in una splendente direzione Bologna, Arena del Sole, la sala di punta di Emilia Romagna Teatro (che figura tra i co-produttori), dove peraltro anche l’ottimo Prospero-Sgrosso gioca finalmente in casa. Spiace solo che, a vederla così, ChiarAriel non sembri certo un tipo da lasagne o tagliatelle al ragù: ma almeno due tortellini, no? 

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