" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Piccoli inciampi (ro)tondelliani e grandi questioni generazionali a margine dell'incantevole 'Ballade' di Bigonzetti riproposta a Milano

Mauro Bigonzetti in sala prove alla Scala, nel 2016 (foto Brescia e Amisano)

 Chissà se qualcuno ha pensato di rilanciare su TikTok almeno un video rubato di ‘Ballade’, magari solo per taggarlo con il travolgente hashtag che fu #OkBoomer, tra i tanti giovani e giovanissimi presenti, sabato 5 ottobre, nella grande Sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini, per la ripresa a Milano di questo spettacolo gioiello creato da Mauro Bigonzetti per MM Contemporary Dance Company.

 E’ stato sicuramente uno degli appuntamenti più significativi del festival MilanOltre, per la qualità e l’importanza della proposta, sottolineate da un quasi esaurito in sala, dall’entusiasmo nel lungo giro di applausi e pure da una sorta di pre-consacrazione con piccoli assaggi durante un evento culturale al Padiglione d’arte contemporanea per la mostra di Ri-Scatti.

 Premiato come miglior spettacolo del ’23 dal magazine specializzato ‘Danza&Danza’, encomiato unanimemente dalla critica e sempre molto applaudito dal pubblico nelle precedenti rappresentazioni, ‘Ballade’ è stato originariamente allestito nel novembre del 2022 dalla compagnia di Michele Merola per il Teatro Comunale di Modena (co-produttore con ATER e altre istituzioni non teatrali, Comune, Regione e MiC attraverso - si noti - il Centro di Documentazione Pier Vittorio Tondelli di Correggio, essendo ispirato lo spettacolo stesso allo scrittore di ‘Altri Libertini’).

 Proprio nella prima assoluta, e a dire il vero in molte altre occasioni, strategicamente era preceduto da una poetica ‘Elegia’ di Enrico Morelli, un’opera di mezz’ora che, pur sulle note di Chopin, s’apre al presente, per immergersi più direttamente nel clima post-pandemico. La scelta del montaggio con ‘Elegia’, anche solo per l’accostamento di epoche così diverse, sicuramente rafforza l’impatto con la vera e propria ‘Ballade’ di nemmeno tre quarti d’ora - la stessa che è poi invece arrivata in solitaria a MilanOltre 2024 - firmata Bigonzetti. 

 Già, perché con quest’opera pressoché perfetta anche sotto il profilo teatrale, attraverso movimenti di pura contemporaneità e cioè senza alcun cedimento formale alla nostalgia, Bigonzetti propone un meraviglioso racconto degli anni Ottanta, della vitalistica liberazione dei corpi dalle ideologie, del disordine creativo, in qualche modo del bisogno naturale di ‘bruciare la vita’ prima della maturità. Ovvero, tutto ciò che per qualche stagione post-Covid è sembrato impossibile alle nuove generazioni. 

 Prima di entrare nel merito del ‘contenuto’ (parola orribile, pardon!, ma indispensabile anche solo per comprendere il garbato riferimento all’irrisorio #OkBoomer), è di rigore fare qualche accenno alla qualità dello spettacolo, aldilà della straordinaria bravura dei performers di questa eccellente compagnia. Appena apprezzati a Bolzanodanza, con uno spettacolo anch’esso ripreso al festival milanese, il gruppo al solito formidabile degli MMCDC di ‘Ballade’ comprendeva, a tamburino: Emiliana Campo, Lorenzo Fiorito, Mario Genovese, Matilde Gherardi, Fabiana Lonardo, Alice Ruspaggiari, Rossana Samele, Nicola Stasi, Giuseppe Villarosa, Leonardo Zannella.

 In una scena nuda e cruda - vivaddio la danza non abbisogna degli orpelli scenografici nella cui opulenza troppo spesso si trucca il teatro di prosa - il semplice disegno di luci firmato da Carlo Cerri contribuisce allo sviluppo drammaturgico con un gioco semplicissimo di penombre e ombre, a tratti vagamente hopperiane, che rende perfettamente il senso della solitudine dell’individuo agli albori di quella che Zygmunt Baumann definirà ‘società liquida’ e dello smarrimento delle nuove generazioni in un mondo che si risveglia come dopo ‘la fine della storia’. 

 Davvero indovinati anche i costumi di Silvia Califano, con quel tanto di pop che non guasta, direttamente ispirati proprio al recupero degli stilemi di fine Settanta-inizio Ottanta, con tante zampe d’elefante in fondo ai pantaloni, i colori e le forme giuste, i look tutti un po' diversi e ciascuno misurato all’apparente personalità di ognuno dei performers.

 Compito non facile perché necessariamente - non vestendo attori ma ballerini che devono affrontare fin dalle prime scene coreografie davvero impegnative - Califano ha dovuto rinunciare a priori alle citazioni più immediate, per esempio attraverso gli accessori e le scarpe, per non dire dell’eventuale soccorso delle acconciature. 

 Tra parentesi, anche stavolta i lunghi capelli sciolti di alcune ballerine entrano decisamente in gioco, altro che ‘hairografy dance’ da social media di oggi: superlativa e fin quasi WPA (Worth the Price of Admission, che nel caso erano 25 euro tondi tondi, biglietto intero) una scena verso il finale, con la creazione di una sorta di tabernacolo, per un rito di passaggio, formato dalle rigogliose chiome di due ballerine.   

 Del resto ‘Bigonzetti è…Bigonzetti’, per rubare le parole da una prima recensione a ‘Ballade’ su DHN di Francesco Borelli, che poi è anche un addetto ai lavori. Affermazione che vale più che mai a proposito della colonna sonora, che in cartellone figura semplicemente così: musiche di Nick Cave, CCCP-Fedeli alla linea, Leonard Cohen, Arvo Pärt, Prince, Nina Simone, Frank Zappa - e dunque è naturale supporre che sia farina del sacco di Bigonzetti stesso, come la coreografia e la regia che firma entrambe.

 Si legge nel programma di sala sul sito di MMCDC, a firma di Marilù Buzzi (al secolo Maria Luisa Buzzi, direttore di ‘Danza&Danza’ e p.r. di prima fila nel ramo): ‘…La musica, da sempre ispiratrice per Mauro Bigonzetti, torna ora a farla da padrona in questa coreografia non a caso intitolata ‘Ballade’ sulla scia di quanto apprezzato dall’onnivoro conoscitore di rock Tondelli (anche curatore della rubrica ‘Culture club’ sul mensile ‘Rockstar’) e del suo personalissimo vissuto di appassionato ascoltatore. Tra un inedito Prince e le intramontabili canzoni della band emiliana di Giovanni Lindo Ferretti, i CCCP - Fedeli alla linea con i brani cult ‘Annarella’ e ‘Amandoti’, Bigonzetti trova la strada per raccontare le sensazioni e le insensatezze di una generazione, i profumi della vitalità, le euforie cancellate, l’indigenza annegata nell’ironia e rilanciare attraverso il movimento la densa creatività di corpi vivi in cerca di una rinascita collettiva, incarnata dai danzatori della MMCDC con impareggiabile stile’.

 Specifica poi la più recente presentazione per il programma di MilanOltre: ‘La coreografia trae anche ispirazione da una delle voci letterarie più significative dell’epoca e vuole essere un omaggio allo scrittore Pier Vittorio Tondelli, che in quegli anni operò e produsse i suoi maggiori capolavori. Attraverso una narrazione astratta, la partitura coreografica dà vita ad uno spazio della memoria e del sentimento dove l’uomo, spogliandosi del suo guscio e della corazza che lo accompagna, ritrova il suo corpo vivo e vulnerabile. Un viaggio che ci porta a scoprire il dolore, l’amore, l’abbandono e la rinascita. Un viaggio simbolico alla ricerca incessante di una nuova rinascita collettiva dove la bellezza arricchisce e guida il nostro cammino’. 

Una scena di 'Ballade' (foto di Tiziano Ghidorsi)

 Non si trovano ancora purtroppo cronache di quanto lo stesso Bigonzetti abbia detto nel suo speach all’evento della tarda mattinata del 5 ottobre al PAC, sfuggito ai radar di tanti che già miracolosamente sono riusciti a non perdere ‘Ballade’ (anche se da una poltrona laterale in fila S, accidenti, giusta punizione per chi non si premura di prenotare per tempo il biglietto quando arrivano a Milano chicche del genere). 

 Al Padiglione d’Arte Contemporanea, mezza giornata prima dello spettacolo vero e proprio, si potevano vedere alcuni estratti e soprattutto veniva offerta l’occasione per entrare più direttamente nel tema del ‘maledetto’ contenuto, grazie alla ‘Lecture #WHATISREMEMBEREDLIVES (storie d’amore, perdita & ricordanza)’ a cura di Stefano Tomassini, esperto di danza, teatro e letteratura con un curriculum di pubblicazioni di tutto rispetto.

 E qui tocca notare come in fondo gli organizzatori di MilanOltre siano subito riusciti a confondere un po’ i piani, incappando, come capita a tanti, nel più canonico dei corto circuiti sullo scrittore di culto degli anni Ottanta.

Suggerisce il comunicato a proposito di questa prestigiosa anteprima con letture tondelliane, che si tratti di ‘un progetto che fa dialogare la coreografia con la decima edizione della mostra Ri-scatti, ideata e organizzata dal PAC e da Ri-scatti ODV (l’associazione di volontariato che dal 2014 realizza progetti di riscatto sociale attraverso la fotografia), quest’anno dedicata all’HIV e all’Aids’.

 Ok Boomer, appunto. Già il decimo bel progetto di Ri-scatti nel 2023 - come si legge sul sito dell’associazione fondata da Federica Balestrieri - era ufficialmente dedicato ‘alle persone transgender e non-binary. Dopo un corso di tre mesi 16 autori sono andati in mostra al PAC in ottobre. Il progetto è stato portato avanti in collaborazione sempre con il PAC e con il supporto di Sportello Trans ALA Milano e dell’associazione ACET, Associazione per la cultura e l’etica transgenere’. 

 In precedenza, giusto per onor di cronaca, i temi e i protagonisti messi alla prova in questo pregevole ‘Progetto di Fotografia Sociale’ con appendice addirittura museale, avevano spaziato dagli immigrati ai giovani malati di tumore, alle schiave sessuali, alle vittime del bullismo, ai carcerati.

 A ben vedere, HIV e Aids compaiono effettivamente poi alla Mostra di quest'anno, intitolata 'Ri-scatti. Somebody to love', che presenta foto fatte appunto da persone che vivono con l'HIV. Ma, in fondo, sono il grande non detto della stessa ‘Ballade’ di Bigonzetti, che giustamente ripesca quello che Tondelli ha espresso all’apice dell’affermazione come cantore della grande svolta generazionale di una nuova ‘liberazione dei corpi’ tra fine Settanta-inizio Ottanta, con il prepotente ‘ritorno al privato’, smaltite ormai le tossine pseudo-rivoluzionarie più che decennali, e dopo la definitiva laicizzazione e de-ideologizzazione della società.

 E qui il riferimento è dunque al grande successo della prima raccolta di racconti ‘Altri libertini’, imprevisto e in fondo imbarazzante anche per la stessa casa editrice Feltrinelli, che pur aveva forzato la mano nell’editing e ottenne poi dallo scrittore un più pacato romanzo, ‘Pao Pao’, prima della fuga di Tondelli in Bompiani.

‘Altri libertini’ irruppe sulla stanca scena letteraria italiana nel 1980, con una forza descrittiva acuta, fedele e cruda di una precisa realtà, poi esemplarmente ripresa con l’incarnazione di luogo in ‘Rimini’. Un raro e pulitissimo neo-neo-realismo che ha avuto pochi altri esempi nei decenni successivi (viene da citare giusto Vitaliano Trevisan e il Veneto del turbo-capitalismo, ma il discorso andrebbe fuori tema).

 E proprio HIV e Aids hanno travolto - e pure stravolto, in una sorta di depurazione ripatoria - Tondelli stesso, dopo l’ultimissima fase di agonia e morte, tra i primi di novembre e il 16 dicembre del 1991, per l’improvviso incontro con ‘il nostro amico Virus’ (testuale, seguito dalla constatazione ‘evidentemente non basta essere santi’, stando a una delle prime confidenze sulla malattia, riportata dallo scrittore e opinionista eclettico Paolo Landi, che ha poi raccontato gli incontri degli ultimi giorni in ‘Pier a novembre’, la cui versione teatrale si trova anche su Spotify). 

 Ora, non che non sia credibile una riscoperta in fin di vita dei valori tradizionali e religiosi, persino da parte del cantore degli allegramente dissoluti ‘week end post-moderni’: ‘l’ultimo Tondelli guardava agli orizzonti della spiritualità cristiana, cui solo dieci anni prima aveva mosso un attacco feroce, e chiedeva alle proprie origini contadine di raccoglierlo in un ultimo abbraccio’, ha scritto per esempio Stefano Jorio, nel ventennio della morte di Pier Vittorio, su minima&moralia, confermando un’interpretazione che ha avuto il primo e principale sostenitore in Fulvio Panzeri, l’amico-interlocutore-erede di questa fase.  

 Ma certo sorprendono parecchio episodi dell'ultimo Tondelli come, senza metterne in dubbio l'autenticità, la volontaria censura ex-post di alcuni brani con svariate parole blasfeme da quei suoi primi e ormai iconici testi, piuttosto che l’immagine di uno scrittore già famoso 'ribelle', mentre sul letto d’ospedale progetta un nuovo libro, addirittura quasi omiletico, dal titolo ‘Sante Messe’.

Del resto, era ancora molto radicata, e non solo tra i cattolici più tradizionalisti, la convinzione profonda, a cui aveva dato voce per primo il Cardinal Siri, che l’Aids fosse ‘il castigo di Dio’ per un mondo diventato ‘l’impero dei peccati capitali’, oltre che dei capitali imperanti.  

 Tra parentesi, Landi inquadra forse meglio di tutti la cosiddetta ‘conversione di Tondelli’ in una chiave più semplicemente di disperazione finale, con un racconto affettuoso e complice di una breve e quasi misteriosa fuga dall’istituto sanitario dove lo scrittore era ricoverato. Nonostante le condizioni ormai molto critiche, lo scrittore pretende che il vecchio amico lo porti a fare un giro nelle campagne, fino a Cognento, senza voler dire per quale motivo, salvo poi far fermare l'auto per scendere a bere un sorso dalla Fonte di San Gimignano, storica meta di pellegrinaggi per l’acqua considerata miracolosa, di cui aveva sentito parlare dal cappellano dell’ospedale.

 Tornando a ‘Ballade’ non sono domande oziose chiedersi quanto sia significativa la riproposta - così ben accolta anche dai più giovani di oggi - del Tondelli prima del ‘castigo di Dio’, ovvero del narratore della nascente generazione X, e perché sia così ben riuscita a un boomer come Bigonzetti, che già da fine anni Novanta viene ‘considerato a livello internazionale come il più interessante coreografo italiano’ (definizione scolpita a metà della voce accentata 'Bigonzétti, Mauro' nell’Enciclopedia Treccani). 

  E’ qui che si dovrebbe ricominciare a ballare, per davvero, facendo aprire le danze dalle menti migliori, per discutere di corsi e ricorsi della storia, nel presente. E di quanto i boomers esercitino ancora sui figli e pure sui figli dei figli, in luogo dell'obsoleta patria potestà e in una nuova versione della tradizionale funzione paterna (Massimo Recalcati docet), una vera egemonia culturale che sembra non finire mai, include e rimescola tutto, in qualche modo come per occultare, alle generazioni a seguire, il cielo stesso dalla tentazione di un nuovo assalto.

 Non si può non pensare, di riflesso, all’attuale riscoperta dei CCCP, che dopo la réunion saranno celebrati persino in una mostra, e alla parabola personale di Giovanni Lindo Ferretti, quando in ‘Ballade’ partono le prime note inconfondibili di ‘Annarella’. Senza troppo sorprendersi su quanto possa malinconicamente cantare di nuovo un giovane, 35 anni dopo: ‘Lasciami qui, lasciami stare, lasciami così/ Non dire una parola che non sia d'amore/ Per me, per la mia vita che è tutto quello che ho/ È tutto quello che io ho e non è ancora/ Finita, finita’.

Un altro momento di 'Ballade' di Mauro Bigonzetti (foto di Tiziano Ghidorsi)

 P.S.: Se riuscite non perdete ‘Ballade’ e in generale tenete d’occhio il calendario di MMCDC. Come si è notato anche solo a proposito del recente dittico sul maschile e il femminile di Abbondanza/Bertoni, la danza contemporanea riesce ancora a entrare non banalmente nel vivo delle questioni di fondo della società e del presente, molto più di certo teatro borghese di prosa. 

 Aldilà dei nomi eccellentissimi e degli esempi aulici, tipo appunto questo ‘Ballade’, oggi per fortuna non mancano altri creatori italiani di livello, persino tra i più giovani, e più di uno va già cercato fuori dai nostri angusti confini teatrali.

Come in tutte le discipline dello spettacolo troppo afferenti a ministero e istituzioni politiche varie, anche nella danza i talenti purtroppo devono fare i conti con quella versione del familismo atavico ribattezzata oggi ‘amichettismo’, con la ragnatela dei conflitti d’interesse, con un demi-monde culturale di contorno poco stimolante, con una carenza di figure competenti dietro le quinte… Il che è un discorso ripetuto fin dall’inizio in questa sede.

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