Dimenticate il vecchio cliché di Fausto Paravidino, ora riparte da un piccolo atto di Resistenza umana
04.12.2024
Dimenticate il vecchio cliché di Fausto Paravidino, ora riparte da un piccolo atto di Resistenza umana
Le belle Giornate d’Autore organizzate dalla Fondazione Teatro Due di Parma, nell'ambito del progetto Arcipelaghi di Reggio Parma Festival, hanno avuto anche il merito di riportare all’attenzione degli addetti ai lavori Fausto Paravidino, una delle pochissime personalità del teatro italiano post-Duemila conosciute e amate a livello internazionale. Lo si è sentito ribadire anche dalla viva voce del direttore del festival berlinese delle nuove drammaturgie Florian Borchmeyer, che è un appassionato esperto della scena europea.
Il piccolo grande Fausto, dopo vent’anni di successo sul palcoscenico, e anche un fortunato esordio come regista cinematografico con ‘Texas’, sembra come finito ai margini del nostro sistema teatrale istituzionale, un po’ perché non non si è mai fatto integrare e un po’ anche perché lo stilema ‘militante’ in cui è stata incasellata la sua produzione era diventato scomodo.
Nel frattempo, più o meno intorno al periodo della pandemia da Covid, è un po’ sparito dai radar, ritirandosi in un ruolo attivo di formatore: in questo momento, per esempio, sta lavorando anche all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, dove allestirà uno spettacolo di fine corso con gli allievi.
Qua e là, ha continuato a fare qualche spettacolo in scena, sempre in piccole realtà, con un complice della sua compagnia, Daniele Natali, professionista di tutto rispetto e anche co-autore nel recente esperimento di Paravidino, al limite della ‘stand-up comedy’, intitolato ’Something stupid. Una cosa’.
A Parma hanno presentato una lettura del nuovo ‘Temporale’, insieme con Iris Fusetti, attrice sempre straordinaria e d’impeccabile stile cool internazionale, che da anni riesce a sopravvivere in palcoscenico accanto a un mostro come Paravidino.
E non è un pettegolezzo aggiungere, per inciso, che il fortunato sodalizio artistico si è poi tradotto in una famiglia, dove sta crescendo anche una bella creatura di nome Zoe, il cui debutto coi genitori, peraltro, è stato appena annunciato per una rappresentazione a Genova di un toccante testo di Maria Teresa Berardelli, ‘Il fiore rosso’, in occasione della festa per la rivista online ‘Snaporaz’.
‘Temporale’ è un nuovo testo breve e davvero insolito, di una sapiente rarefazione, rispetto all’immagine consolidata di Paravidino autore impegnato e profluviale, ancora di recente, con 'Peachum', eroe italiano del teatro epico neo o post-brechtiano. Stavolta adotta un forte tratto minimalista poetico, come tutti possono constatare, dato che il testo è stato pubblicato anche online, sulla stessa testata culturale genovese indipendente e anti-accademica, fin dal logo felliniano 'Snaporaz' ('soltanto un poveraccio').
A Parma, dove è stato appunto rappresentato ‘Temporale’ - nel pomeriggio di lunedì 25 novembre, in una delle due piccole sale prove intitolate a Shakespeare -, Fusetti, Natali e Paravidino erano semplicemente davanti ai leggii, eppure sono stati accolti con grande entusiasmo dalla nutrita pattuglia di giovani presenti per l’occasione, e forse invece con un certo disorientamento dagli addetti ai lavori che hanno partecipato al convegno.
In fondo ‘Temporale’, con quel gioioso, delicato e appena un po’ folle finale di complicità tra i personaggi (due amici e una cameriera in un bar), conteneva anche la risposta implicita al dilemma della drammaturgia nel mondo di oggi, da parte di uno dei migliori e più impegnati tra gli uomini di spettacolo: che cosa si potrà mai ancora rappresentare, se non si ricomincia dall’Abc della Resistenza Umana?!
Sembra che Paravidino voglia dire: il nostro mondo è talmente cambiato - o sta talmente cambiando - che c’è poco ormai da fare di ‘pubblico’. Il che, in primis, per gli autori si dovrebbe tradurre in un passo indietro, provando a ripartire da una vera e propria rifondazione umanistica non tanto del teatro così come l’abbiamo conosciuto fino a qualche anno fa, ma proprio della relazione più intima con gli spettatori.
‘Dobbiamo capire se davvero si ha bisogno di produrre sempre novità, stupire con cose strane e mai fatte, seguendo la tendenza newyorchese dell'immersive theatre ma senza una vera direzione, senza vocazione comune a raccontare’ ha dichiarato Paravidino in una breve intervista a ‘Il Giornale’.
‘Questo ‘Temporale’ è un atto unico che ho impiegato molti anni a far diventare testo breve dove all'apparenza non succede niente. Per anni ho insegnato teatro e applicato il dispositivo far succedere qualcosa per produrre entertainment. Qui ho scelto il linguaggio quotidiano, una conversazione, tre personaggi. Poi qualcosa succede, qualcosa di sorprendente. O l'avrei buttato via’.
Senza spoilerare più di tanto, sperando di rivederlo presto in scena, ’Temporale’ potrebbe pure non essere assolutamente un testo allegorico, forse non vuol dire niente come diceva di non voler dire niente Samuel Beckett nelle sue intemerata contro i critici e gli intellettuali che vogliono attribuire al teatro sempre qualcosa di più.
Resta pur sempre il fatto che, dopo un singolare crescendo finale liberatorio, che il protagonista Luigi (interpretato da Paravidino stesso) commenta con un semplice ‘Che bello.’ l’ultima didascalia recita: La tempesta continua ad infuriare…/… buio.
No, dunque, questo non è più il Paravidino arcinoto che ancora prepara e attende ‘la bufera che si sta addensando sul capo di tutti’ - ‘una grande, violenta bufera, si fa vicina e presto spazzerà via dalla nostra società la pigrizia, l'indifferenza, la prevenzione alla fatica, il marciume della noia…’ (come dice Tuzenbach nelle ‘Tre Sorelle’).
Oggi è un autore maturo e insofferente ‘alla routine e al pregiudizio di superiorità del teatro contemporaneo’ che sembra voler anche ripetere con il Kostja di Cechov: ‘Nuove forme sono necessarie e, se queste mancano, allora è meglio che niente sia necessario’.