" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Preziosità, brillantezza e sfide dello Smeraldo di Biennale Teatro 2023

Nella foto di Stefano Vaja, un momento di Naturae. La valle dell'annientamento della Compagnia della Fortezza di Volterra

Per il 2023 ricci&forte, curatori della Biennale Teatro al terzo giro di boa a Venezia, puntano direttamente sul verde. E tra tutte le sfumature di un colore che occupa libri di storia ad hoc, simboleggiando addirittura religioni e ideologie, la scelta esatta della declinazione che dà il titolo al cartellone è ‘Emerald’. Ovvero smeraldo, ‘il cui orizzonte simbolico’, scrivono nella presentazione Stefano Ricci e Gianni Forte, ’starà ad indicare il momento di un cambiamento profondo, di una trasformazione, di un passaggio ad una nuova fase della vita: la rigenerazione dopo l’inverno, la rivitalizzazione, la resurrezione, la rinascita e la libertà dell’essere umano. Celebreremo così un risveglio di primavera anche per il Teatro, investito ora più che mai a stimolare la fantasia, l’immaginario dello spettatore, oggigiorno saturo di immagini e sollecitato passivamente dalla tecnologia digitale’.

Per dirla con una battuta, sarà una primavera avanzata in due sensi: il primo è che la Biennale Teatro si svolgerà dal 15 giugno al 1 luglio, a cavallo dell’inizio dell’estate; il doppio senso paradossale è che la dice lunga sul ‘disavanzo’ nel bilancio della nostra scena patria, con un programma sapientemente intessuto di nomi internazionali. Non lasciatevi ingannare dal Leone d’Oro, che per la prima volta in epoca ricci&forte è italiano, ma si tratta di un vero outsider come Armando Punzo, che dal 1988 cura la Compagnia della Fortezza, ensemble di detenuti attori che da più di 30 anni si è formata all’interno del carcere di Volterra. Premio meritato, sacrosanto, tra parentesi, anche perché suona pure come un segno istituzionale di contraddizione alla deriva giustizialista e dell’inasprimento delle pene che impazza sul piano politico e governativo.

Il disavanzo della nostra bilancia culturale si tocca con mano fin dallo spettacolo, il 17 giugno, della compagnia fiamminga FC Bergman, insignita con il Leone d’Argento: nell'occasione, peraltro, si riaprono le porte della periferia industriale di Venezia alla manifestazione, come accadeva negli anni più vivaci. Portati in Italia, a voler essere precisi, da Claudio Longhi in ERT per Vie all'inizio del 2020 e poi al Presente Indicativo del Piccolo nel '22, FC Bergman ripresenteranno in un capannone a Marghera ‘La terra di Nod’, una singolare performance senza parole ispirata alla maestosa Galleria Rubens del Museo Reale di Belle Arti di Anversa e alla variegata tribù di persone che la abitano o vi trovano rifugio. Tocco finale, casomai qualcuno avesse equivocato sul senso del Leone a Punzo, la riproposta di ‘Catarina e a beleza de matar fascistas’, centocinquanta minuti scritti e diretti dal maestro portoghese Tiago Rodrigues: è la storia di una famiglia dove tutte le donne, di generazione in generazione, vengono chiamate Catarina e sono legate dal vincolo di dover uccidere un fascista. Provocatorio spunto per un testo contro i colpi di spugna sulla storia dei regimi dittatoriali, che non va proprio giù, ovviamente anche solo per il titolo, ai post-fascisti. Considerato un regista di prim’ordine a livello internazionale, Rodrigues è stato appena chiamato a guidare il festival d’Avignone, rilevando il testimone dal noto teatrante-militante francese Olivier Py, il cui ottimo lavoro si vede, eccome, anche dai frutti che lascia in eredità a questa Biennale Teatro.

Continuando a spulciare il programma di Venezia 2023, il Festival ‘scopre artisti, registi e compagnie, ancora poco frequentati, che sfidano le nostre abitudini percettive’, come si legge sul comunicato ufficiale, che sarà pure enfatico ma non certo ingannevole: non capita tutti i giorni di poter vedere i lavori di innovatori come lo svedese Mattias Andersson, che si è guadagnato la guida dello storico Teatro Reale di Stoccolma; come le francesi Noémie Goudal e Maëlle Poésy che hanno portato persino al Centre Pompidou di Parigi la loro installazione-performance ‘Anima’, che muove da ricerche di paleoclimatologia; oppure come Boris Nikitin, attore, autore oltre che regista di base a Berna ma di ascendenze ucraino-franco-ebraiche, che lavora creativamente su quel genere così attuale di ‘teatro nel teatro’ che incrocia auto-fiction e realismo. Fa notizia, poi, la presenza di Bashar Murkus con la Kashabi Ensemble del teatro palestinese indipendente di Haifa, con ‘Milk’, dedicato ai ‘corpi resilienti’ delle donne e delle madri che perdono i figli nelle tragedie della storia. E’ ben riconoscibile pure un doppio pezzo milanese da Triennale Teatro FOG di Umberto Angelini, con ‘Domani’ di Romeo Castellucci e i catalani di El Conde de Torrefiel. Per il capitolo delle sfide, la più ardua è senza dubbio quella della produzione di ben tre spettacoli per i giovani vincitori di Biennale college, i cui testi sono parsi intriganti alla prima lettura: gli allestimenti sono affidati, con la supervisione di Gianni Forte, a giovani registi e attori italiani, che saranno accolti con generosità dal pubblico e dalla critica: ma chi cresce nel teatro borghese delle nostre città ha un retroterra purtroppo ben diverso da quello di un ragazzo di bottega dei nuovi maestri fiamminghi, piuttosto che di una giocosa agrupaciòn di catalani.

Una prima partita, comunque, l’hanno già vinta, ricci&forte, con ‘Emerald’: ed è quella delle parole con le quali hanno accompagnato la presentazione di questo interessante cartellone, con frasi immaginifiche e puntute, sfoggiate soprattutto da Stefano Ricci, che del duo sembra il duro e il guru, così sempre ‘up to date’ anche nella scelta degli abiti da curare altrettanto l’armamentario d’ammalianti e intricate aggettivazioni, già esibito in occasione dei precedenti Blue e Rot. Ecco, dunque, che ‘questa nuova edizione del Festival, piattaforma di una resistenza politica e poetica, (…) sarà un laboratorio ipnotico e vibrante di creazione scenica, riferimento essenziale come avamposto di utopie eroiche e meraviglie rivoluzionarie’, contro i nuovi poteri che ci vogliono rinchiudere dentro frontiere ‘sorde e codarde’… ‘Come un mimetico camaleonte reattivo e dinamicamente al passo con i tempi, il Teatro, articolando frammenti disparati per dar loro una prospettica via di fuga, cogliendo il reale per passarlo al setaccio della sua visionarietà, (de)costruisce le apparenze e/o (ri)compone il senso di una quotidianità incoerente’…

Come si può dire meglio di così? Concludendo con un’altra domanda retorica: ‘Non è dunque il Teatro quello smeraldo prezioso e potente che ci aiuta a smascherare i ciarlatani finti maghi che ci circondano?’ 

Ben detto, clap-clap, e ben fatto: anche quest’anno Biennale Teatro a Venezia è un appuntamento da non perdere (per non dire di Musica e Danza presentate insieme). 

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