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Quante belle teste si sono perse tra le nuvole di Amleto, ora ci si mette pure Eugenio Barba. Sicuro di 'sbagliare' anche lui

Manifesto del nuovo spettacolo dell'Odin Teatret al Festival di Wuzhen: Amleto è Antonia Cioază
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DA PARIGI A VENEZIA (BIENNALE?)

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 Anche i rivoluzionari più grandi devono fare i conti con la realtà, che Amleto sintetizza con l’amara constatazione: ‘Il mondo è fuori di squadra’. Non c’è che dire, qualcuno lassù si diverte ancora a mettere a dura prova la pazienza e la tenacia di un protagonista del teatro come Eugenio Barba: l’Odin Teatret, dopo il clamoroso epilogo del rapporto con Nordisk Teaterlaboratorium, alla fine del 2022, è stato cacciato anche dagli spazi in disuso dell’ex ospedale di Holstebro, dove aveva trovato asilo nel 2024 per preparare il nuovo ‘Le nuvole di Amleto’. 

 Fortunatamente, il progetto era ormai alla messa a punto definitiva, temprato con ben due anteprime internazionali di peso, nell’ottobre del 2024, all’Università Iberoamericana di Città del Messico e al Festival di Wuzhen, seguite dalla prova aperta a Lecce il 6 novembre, in occasione del convegno internazionale ‘Prospettive contemporanee. Terzo Teatro, archivi, regia’ all’Università del Salento, organizzato per festeggiare i sessant’anni dell’Odin.

 Questo che ora prende al via con un tour, sulla carta è l’82mo spettacolo dell’89enne autore, regista, teorico e animatore culturale più straordinario tra i teatranti viventi italiani. Per le prime rappresentazioni, dal 26 febbraio al 9 marzo, nella casa gemella di di Ariane Mnouchkine, al Théâtre du Soleil, a La Cartoucherie di Parigi, ‘Les Nuages d’Hamlet - Dédié à Hamnet et aux jeunes sans avenir’ sarà accompagnato dalla consueta attività di formazione che impegna l’Odin in giro per il mondo.

 Dopo un seminario della Fondazione a Fara Sabina per la Winter School Metis di UniRoma3 e Teatro Potlach e le repliche d’Hamlet in Danimarca, a inizio maggio sarà la volta dei teatri italiani, in casa dei co-produttori Tieffe-Teatro Menotti a Milano (dal 6.5) e ERT-Arena del Sole a Bologna (dal 14.5).

Poi, il sempre puntuale sito della compagnia, registra già gli appuntamenti di Venezia e Bergamo a giugno, laddove nella città lagunare la presenza di Barba, da fine maggio e per alcuni giorni, lascia supporre che sarà invitato speciale a La Biennale Teatro, probabilmente per una ‘masterclass’.

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UN'ALTRA QUESTIONE DI DISEREDATI

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 Perché Barba abbia voluto guardare adesso ‘tra le nuvole’ di Amleto è materia di un racconto-riflessione di quelli che solo il Grande Eugenio sa fare con ironia e disarmante sincerità, e che gli spettatori troveranno nel programma di sala.

Volendo si può già leggere, insieme con il testo completo dello spettacolo, in varie lingue, sulla pagina dedicata nel sito dell’Odin. (Caldamente sconsigliato farlo prima dello spettacolo, a chi ha in mente di andarlo a vedere, in ogni caso si segnala il link alla versione italiana). 

  E’ una sorta di testo dei testi, un caposaldo del ‘canone occidentale’, inesauribile fonte di interpretazioni e di riflessi letterari, questo benedetto ‘Amleto’: nella versione Odin 2024-25 è Shakespeare stesso a entrare in scena, trasparente proiezione dell’autore ma anche in qualche modo segno della fedeltà di Barba ai lemmi delle sue avanguardie teatrali, tra cui ‘un certo pullulare di narratori e fantasmi di autori in scena’ (Alessandro Fo, pref. a ’Siate buffi’, Bulzoni 1989).

 Ciò che pare decisamente più significativo di questa scelta di ‘distrazione/astrazione’ amletica è il risvolto propriamente politico. E la volontà politica di questo singolare ultimo lavoro è ben riassunto dal sottotitolo ‘Dedicato a Hamnet e ai giovani senza futuro’.

La tematica che sembra stare molto a cuore a Barba negli ultimi anni è, appunto, la trasmissione in qualche modo di un’eredità - quale la sua esperienza di fedeltà alla Rivoluzione Settanta e la sua apertura alla dimensione sociale del teatro rappresentano -, che appare ancor più necessaria alle nuove generazioni di oggi, ‘diseredate’ di fatto in una società dell’immanenza consumistica vuota.

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HANNO ADOTTATO UN CAVALO MARINHO

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 Il Teatro è Politica con altri Mezzi, si legge in apertura di homepage della Fondazione Barba-Varley, l’organizzazione culturale di supporto al Terzo Teatro cui i fondatori dell’Odin si dedicano oggi con grande impegno. All’interno delle molteplici attività su scala internazionale della Fondazione, si nota appunto la spiccata attenzione al problema della trasmissione delle eredità culturali.

 L’ultimo Progetto varato, per esempio, è l’adozione dell’ensemble infantile Cavalo Marinho di João Pessoa, in Brasile, che quest’anno è stata proclamata anche Patrimonio immateriale del Paraìba.

Animata da Jocilene Cunha da Silva, meglio conosciuta come 'Mestra' Tina, che da anni coordina le prove e gli spettacoli di cultura popolare per la comunità di Bairro dos Novaes, Cavalo Marinho era alle prese con forti difficoltà economiche legate ai costi della sede.

 Barba e Varley conoscono e frequentano da anni questa esperienza e sono tornati a visitarla nel 2024. ‘E la cosa che ci ha colpito di più’, ha raccontato Julia Varley, ‘è la trasmissione di questa forma d’arte popolare: la si vive come un’eredità ricevuta da un maestro che si deve trasmettere, una responsabilità importante che attrae giovani da tutta la regione'.

'Tra i partecipanti di quest’anno abbiamo ritrovato una ragazza di 14 anni che sarà quella che ‘erediterà’ l’insegnamento di questa forma d’arte popolare. Usando un fischietto, ogni tanto interveniva nello spettacolo e metteva in riga in bambini. È molto importante che queste tradizioni artistiche non si perdano nel tempo. Ed è altrettanto importante per noi aver attivato questa adozione affinché Mestra Tina e quei bambini possano ancora dar vita al Cavalo Marinho’.

Dal viaggio del 2024 a João Pessoa, in Brasile, Mestra Tina con Julia Varley e Barley
La citazione

‘…perché oggi Amleto? // Cosa dice oggi a noi la vicenda di un padre il cui fantasma appare al figlio e gli lascia il compito di uccidere e vendicarlo? Qual è l’eredità che abbiamo ricevuto dai nostri padri e che trasmetteremo ai nostri figli? Cosa succederebbe se Amleto, come Antigone, affermasse: non sono nato per condividere l’odio, ma l’amore? // Il dubbio rende l’uomo debole dice il principe di Danimarca. Forse in queste domande risiede il mio errore: giudicare il valore e il senso della mia esistenza e del mio agire secondo norme che appartengono alla società, a una causa, a una quantificabile utilità o a uno scopo del teatro. // Siamo tutti influenzati da quelli che ci hanno preceduti e da quello che avviene nel presente. Il teatro, con la sua storia e le sue tecniche è un fiume. Anche senza volerlo, se tu ci entri dentro, ne esci bagnato. (...) // Avanzo tentando di capire se il mio corpo-mente ha trovato ancora una volta la strada. Mi identifico impulsivamente con le azioni degli attori: un abbraccio tra intelletto e istinto, tra disciplina e rischio. Sconosciuto mi è lo spettacolo e sconosciuto il suo senso. Non è un enigma, ma un mistero. Come la vita. // Diceva T.S. Eliot: ogni generazione sbaglia a proposito di Shakespeare in modo nuovo’.

Eugenio Barba, dal programma di ‘Le Nuvole di Amleto’
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MEYERCHOL'D E LA PROVA DI MIMO

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  Barba è uomo di teatro impeccabilmente puro, ‘FlawLess’ come si dice dei diamanti, e dichiara esplicitamente l’intenzione, che si rinnova ogni volta nelle proposte di Odin, di sfuggire ad ogni interpretazione univoca, persino al significato stesso, per restare sul terreno proprio del mistero artistico, ovvero lasciando ben aperta la porta dell’infinito spazio della fantasia e della creatività degli spettatori stessi.  

Come ribadisce anche in questa presentazione, si rifà a una tradizione precisa che riconosce in una sequenza di lezioni e di maestri del passato, ‘il fiume’ che scorre e porta ormai da un secolo certe idee di fondo, e tra le prime le intuizioni di Vsevolod Ėmil'evič Mejerchol'd, sull'attore bio-meccanico. 

Come lo stesso Barba ha ricordato nel 2020, in una testimonianza-spettacolo online per il Teatro Koreja che sostituiva lo spettacolo saltato in seguito al lockdown, Mejerchol'd è uno dei fantasmi che il fondatore dell'Odin si trova spesso di fronte quando lavora agli spettacoli (anche l'ultimo progetto di Peter Brook, con il grandissimo Marcello Magni in scena, era dedicato al maestro russo).

 A proposito di Amleto - come amava raccontare l’indimenticabile saggista e poeta Angelo Maria Ripellino, autore di ‘Praga magica’ e de ‘Il trucco e l’anima’ - Mejerchol’d, nel salotto di casa a Mosca dove si era confinato prima di finire stritolato dalla feroce macchina repressiva stalinista, faceva esercitare i suoi attori molto spesso obbligandoli a mimare perfettamente un brano o l’altro dell’Amleto, senza profferir parola. 

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NEL DEDALUS DI JOYCE, CHE SORPRESA

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 E’ un fiume di parole, invece, la dotta e sconclusionata disquisizione a proposito del testo shakespeariano più citato da sempre, che James Joyce propone, attraverso un dialogo che si svolge nella Biblioteca nazionale di Dublino, nel capitolo IX di ‘Ulysses’.

E’ in particolare il personaggio di Stephen Dedalus, proiezione di Telemaco, che si avventura in un’interpretazione di ‘Amleto’ come l'opera autobiografica proiettiva del suo creatore, che compone il capolavoro a cavallo tra la traumatica perdita del figlio Hamnet e la scomparsa di poco successiva del padre. 

 Di Joyce e del suo Shakespeare si occupano da decenni gli studiosi, e il gioco di specchi e di rimandi che da ‘Amleto’ arriva a ‘Ulysses’, dal teatro a Joyce e da questo romanzo chiave della modernità di nuovo al teatro, ricominciando da Samuel Beckett, è di certo ben noto a Barba, che è anche uno studioso considerato magistrale, fondatore addirittura di una disciplina, l’antropologia teatrale e teorico tutto particolare ‘dell’essenza del teatro’ nel Novecento. 

 Che poi la versione di Dedalus possa assomigliare, più o meno precisamente, all’interpretazione de ‘Le nuvole di Amleto’, sarà materia di possibili conversazioni tra spettatori eruditi, che vanno magari a ripescare in biblioteca pure 'Shakespeare nostro contemporaneo' di Jan Kott, il grande critico d'origine polacca.

La citazione

 ‘Chi è il padre di un qualsiasi figlio perché qualsiasi figlio debba amarlo o viceversa? […] Quando Ruthlandbaconsouthamptonshakespeare o un altro poeta dello stesso nome nella commedia degli equivoci scrisse l’Amleto egli non era semplicemente il padre del proprio figlio ma, non essendo più figlio, era e si sentiva padre di tutta la sua razza, padre del proprio nonno, padre del nipotino nascituro che, alla stessa stregua, non nacque mai’

James Joyce, 'Ulisse', cap.IX (trad.it. Giulio De Angelis, Oscar Mondadori)
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NELL'INNO DELLA FUTURA UMANITA'

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 Una divagazione tira l’altra e non possono mancare sempre nuove suggestioni da cogliere, in attesa di ‘non applaudire’ il nuovo spettacolo ma magari di poter, dopo, stringere la mano all’autore che, sicuramente al du Soleil, accoglierà personalmente gli spettatori e distribuirà il pubblico in sala, secondo i passaggi ormai codificati di un rito a cui il popolo odinista è bene abituato.

 Una coerenza d’atteggiamento davvero tenace, con un approccio di ospitalità e di riconoscimento del senso di comunità con gli spettatori, che Barba condivide ormai giusto con Mnouckine, in un mondo che, anche nel teatro, sembra aver perso certezze e speranza di cambiamento.

 Il critico d’arte e studioso di estetica Alberto Olivetti recentemente ha proposto una dotta analisi del testo dell’inno comunista ‘L’Internazionale’ e della traduzione italiana non proprio fedele. La stesura originale venne fatta a Parigi dal comunardo Eugène Pottier nel 1871, anche se poi l’inno fu musicato quasi vent’anni dopo i giorni esaltanti della rivoluzione della Comune.

La frase chiave della seconda strofa sui diseredati che prendono coscienza dell’avvenire che possono costruirsi e cantano ‘noi non siamo niente, saremo tutto’ muove dall’assunto: ‘le monde va changer de base’. 

 Per Olivetti questa è una citazione shakespeariana da ‘Amleto’, e precisamente dal primo dei versi che Eugenio Montale ha tradotto così: ‘Il mondo è fuor di squadra: che maledetta noia,/ esser nato per rimetterlo in sesto!’. 

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POVERO YORICK, RIPETEVA PURE D.F.W.

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 A proposito di noia, e di teatro e di rivoluzioni, e di fiumi che scorrono tra le opere, il grande romanzo americano della post-modernità, ‘Infinite jest’ di David Foster Wallace, porta nel titolo un richiamo esplicito a quel che dice Amleto nella celeberrima scena al cimitero con il teschio del buffone Yorick.

Tra parentesi è questo peraltro lo ‘skull’ originale, che ha poi creato, di riflesso, per impropria contaminazione, lo stilema più abusato di rappresentazione del monologo ‘Essere o non essere’.

 Peccato che nelle traduzioni italiane, a quei due versi che s’aprono con ‘Ahinoi, povero Yorick! Lo conoscevo, Horatio,…’ seguono variamente ‘un tipo d’inesausta vena per le facezie’, ‘un giovanotto di un’arguzia infinita’, ‘un amico di fantasia infinita’ seppur l’originale segni ‘a fellow of infinite jest’, da cui DFW trae il titolo definitivo del suo capolavoro.

Va ricordato infine che sul brogliaccio di lavoro di DFW, in prima battuta, 'Infinite jest' era indicato invece con il titolo ‘A failed entertainment’.

Da 'Le Nuvole di Amleto' di Odin Teatret; gli attori in scena sono: Antonia Cioază, Else Marie Laukvik, Jakob Nielsen (sopra), Rina Skeel, Ulrik Skeel e Julia Varley

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