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Triennale Teatro riparte ballando sull'eredità del mitico CRT la nuova Danse macabre di Marcos Morau (e saluta Castellucci dopo 'La Visita')

Un'immagine di Ryutaro Tsukata sul nuovo progetto di Morau per Triennale Milano

 Triennale Teatro Milano fa mondo a parte, sulla scena teatrale milanese, e forse non solo. Nonostante il contesto architettonico di un secolo fa, oltretutto in un monumentale emblema del Novecento tradizionalista e anti-razionalista, si respira tutto un altro clima che nelle altre polverose sale teatrali nazionali, più leggero e più contemporaneo. 

  Il che, combinato felicemente con scelte editoriali che negli anni Ottanta si sarebbero definite ‘modaiole’, si vede anche soltanto dal pubblico fidelizzato, abbastanza in linea con quello dell’attuale istituzione museale del mondo dell’architettura, anche grazie a un’accurata strategia di offerte di abbonamenti (la cosiddetta membership che rende agile e conveniente frequentare di più il teatro e le mostre di Triennale).

 E’ una vera e propria categoria sociale, quella dei ‘triennalisti’, con lo zoccolo duro di nuova borghesia culturale metropolitana, che comprende anche i classici Bobo ('bourgeois bohemian') alla Cattelan. Ci sono diversi giovani designer, che magari vanno a teatro tre-quattro volte all’anno e solo in Viale Alemagna!

 Ma, naturalmente, dati i nomi in cartellone, tra gli habitué si notano tanto anche gli appassionati ‘insaziabili’ e i teatranti snob che escono spesso mugugnando dai vari altri teatri che paiono invecchiati decisamente peggio.

 Questa caratteristica fa parte in qualche modo anche dello spirito del logo (stavolta senza la 'u'), non a caso originalmente con l'insegna Teatro dell’Arte (derivato dallo stesso del palazzone progettato da Giovanni Muzio), e poi a lungo CRT Centro di Ricerca del Teatro

 Che Triennale Teatro sia sicuramente in qualche modo ancora legata alle radici artistiche della sperimentazione e della ricerca, quest’anno viene addirittura dichiarato, con la stagione intitolata ‘Legacy’, che giustamente celebra con il cinquantenario del CRT.

 Il direttore Umberto Angelini ne scrive così, alla sua maniera ‘cool-cult’ e pure molto diretta (vedi quanto evidenziato in corsivo, ndr): ‘Esiste un filo sottile e resistente che lega la storia del CRT Centro di Ricerca per il Teatro e quella di Triennale Milano Teatro: ricerca e sperimentazione, vocazione internazionale e curiosità verso le altre arti e discipline sono le parole chiave di un’idea di teatro che sta nel linguaggio del corpo e dell’immagine, refrattaria al predominio del testo teatrale. Una storia della quale Triennale Milano Teatro ha raccolto l’eredità artistica, ibrida e consapevole. Oggi, sono le artiste e gli artisti associati presenti e futuri che qui presentiamo a immaginarne una nuova storia per un nuovo pubblico’.

 L’anti-Piccolo, per dirlo in una battuta che poteva valere per CRT l’originale e che in fondo ha un senso ancora oggi. Per intenderci, CRT è stata un’esperienza chiave nel rinnovamento delle scene, animata da Sisto Dalla Palma, non a caso allievo di quell’intellettuale cattolico Marco Apollonio che fu uno dei co-fondatori del Teatro di Paolo Grassi e di Giorgio Strehler, e uscì quasi subito in polemica da via Rovello. 

 Parentesi d’obbligo: come ha bene sintetizzato la storica del teatro Anna Maria Cascetta subito dopo la scomparsa di Dalla Palma nel 2011, ‘il suo CRT fece scoprire a una scena ancora avvitata sul teatro borghese o sul teatro nazional-popolare, il grande teatro di ricerca internazionale: in serate indimenticabili al CRT incontrammo Jerzy Grotowski e Tadeusz Kantor, Bob Wilson e Julian Beck, Richard Foreman, Meredith Monk, il Bread and Puppet, l’Odin Teatret. Sisto non ospitava artisti, ma li ispirava, stabiliva con loro relazioni creative intense’.

  Basta fare la scala che porta a quello che oggi è il Salone di Pacta.Dei Teatri, in zona Abbiategrasso-Chiesa Rossa, tutta costellata degli storici manifesti delle stagioni e dei grandi spettacoli proposti dal CRT, che si ha l’impatto immediato con titoli e nomi ormai quasi mitici di quella rifondazione e rivoluzione culturale dello spettacolo, affermatasi negli anni Settanta, che si chiama comunemente ‘teatro povero’.

 Ma non era interlocutore privilegiato e amico solo dei maestri, Dalla Palma, ha ricordato ancora Cascetta: ‘anche di giovani talenti fu attento e perspicace scopritore e valorizzatore: Sandro Lombardi e Federico Tiezzi, Gabriele Vacis, Daniele e Cesare Lievi, Romeo Castellucci, Silvio Castiglioni e tanti tanti altri fino alle ultime generazioni: Mimmo Sorrentino, Antonio Tarantino e Emma Dante, di cui ha prodotto gli spettacoli più belli e della quale diceva con ammirazione: ‘E’ un’artista, una donna ancora capace d’indignarsi’.

  Si legge poi nel comunicato stampa sulla nuova stagione ‘Legacy’ di Triennale Milano Teatro, ‘CRT in breve tempo si configurò come il primo e più importante centro italiano nel campo della sperimentazione e della ricerca teatrale. E proprio a quello spirito del CRT, con la sua vocazione radicale, programmaticamente aperta e trans-disciplinare, si è voluta richiamare, a partire dal 2017, la direzione artistica di Umberto Angelini, che ha riportato nella sala di Viale Alemagna, oggi parte costitutiva della progettualità di Triennale Milano, i grandi protagonisti della scena globale, ridando vita a un luogo chiave della geografia e della storia culturale milanese: una prestigiosa piattaforma internazionale, ma soprattutto un centro di creazione e produzione che coinvolge nella sua attività alcune delle eccellenze della live art italiana e internazionale’.

 ‘LEGACY. 50 anni di teatro’ intende rappresentare un’istantanea in movimento capace di catturare lo spirito che ha guidato la storia del Teatro in questi cinquant’anni, dando voce agli artisti associati presenti e futuri che ne rappresentano oggi la storia: nel triennio 2022-2024 Triennale Milano Teatro ha infatti sviluppato una stretta collaborazione produttiva con cinque artisti associati (Annamaria Ajmone, Daria Deflorian, Michele Di Stefano, Alessandro Sciarroni e Antonio Tagliarini) capaci di ripensare i confini della ricerca artistica e di sviluppare un percorso trasversale ai linguaggi, che si è concretizzata in diverse azioni (sostegno produttivo agli spettacoli, ospitalità, residenze artistiche, attività laboratoriali). A questo gruppo di artisti si è aggiunta la recente nomina di Marcos Morau quale artista associato di Triennale Milano Teatro per il triennio 2025-2027.

 Ed è proprio il nuovo acquisto Morau, fondatore e anima de La Veronal (tra le compagnie di danza più apprezzate al mondo), che apre la stagione, martedì 8 ottobre, con un appuntamento da non perdere, un progetto site-specific creato in esclusiva per gli spazi di Triennale Milano: ‘TOTENTANZ. Morgen ist die Frage’.

 Come recita la scheda, ‘è una rivisitazione dell’antico rituale della Danse macabre che ci interroga su chi siamo e dove stiamo andando, una celebrazione catartica che è insieme un inno gioioso alla fragilità della vita’.

 Ad affiancare la programmazione, per il Public Program di Triennale Milano, che si rinnova anche per la Stagione teatrale 2024 come occasione d’approfondimento, è prevista anche una ‘lectio magistralis’ dello stesso Marcos Morau sulla sua esperienza di lavoro in luoghi non teatrali.

  Da venerdì 18 a domenica 20 ottobre tocca invece a Michele Di Stefano, Leone d’argento alla Biennale di Venezia, presentare in prima assoluta il suo ‘PANORAMIC BANANA. Album degli abitanti del nuovo mondo’, nuova produzione targata mk che delinea sulla scena un mondo a venire in cui il disordine è la regola e l’ambiente si fa torbido e pulsante, un richiamo primordiale che fa riemergere la nostra dimensione più selvatica e profonda.

 Da giovedì 24 a sabato 26 ottobre un’altra prima assoluta con ‘I pianti e i lamenti dei pesci fossili’ di Annamaria Ajmone, tra le più apprezzate protagoniste della ricerca coreografica in Italia. Proseguendo nella sua esplorazione del mondo naturale, la Ajmone lavora con la performer Veza Fernandez sulla superficie del corpo – la pelle, materia plasmabile e mutevole – e sulla voce, dando vita a un lavoro stratificato, che richiama la struttura stessa del fossile e il suo mistero. 

 Da giovedì 14 a sabato 16 novembre Antonio Tagliarini, performer, autore e regista tra i più apprezzati del nostro paese, propone in prima assoluta ‘La foresta trabocca’, fase finale del progetto di ricerca che lo ha visto impegnato negli ultimi due anni a partire dallo studio ‘Un’andatura un po’ storta ed esuberante. Emersione n. 1’ (FOG 2023): uno spettacolo composto in dialogo con la poetessa e performer Gaia Ginevra Giorgi, che prende spunto dall’ultimo romanzo della giovane scrittrice giapponese Maru Ayase.

 La stagione prosegue a novembre con ‘U. (un canto)’, ultimo lavoro firmato Alessandro Sciarroni, Leone d’Oro alla carriera alla Biennale danza di Venezia e anche artista internazionale associato del Centquatre Paris (come, per esempio, Christine Jatahy, Leïla Ka e altre/i ancora). 

 In scena a Triennale Teatro da venerdì 22 a domenica 24 novembre, la nuova tappa della ricerca di Sciarroni sul canto e i cori, applaudita nei prestigiosi festival dove è stata presentata quest’estate, e realizzata in collaborazione con i compositori e performer Aurora Bauzà e Pere Jou: una performance coraggiosa e innovativa che attinge al repertorio italiano folkloristico, percorrendo brani composti tra la metà del Novecento e i giorni nostri. 

 Da mercoledì 27 a venerdì 29 novembre ritorna Daria Deflorian, attrice, autrice e regista tra le voci più originali della drammaturgia italiana contemporanea, con ‘La vegetariana’, che porta sulla scena la storia misteriosa di Yeong-hye, protagonista dell’omonimo romanzo che ha fatto conoscere in Italia la scrittrice sudcoreana Han Kang e al quale la Deflorian ha già dedicato ‘Elogio della vita a rovescio’ (nel cartellone della Stagione 2023).

Romeo Castellucci con il 'suo' Don Giovanni, Davide Luciano, dopo la presentazione del nuovo allestimento quest'estate a Salisburgo (foto SF Neumayr Leo)

 Chiude il calendario degli appuntamenti della nuova stagione Legacy, ‘La Visita’, quarta e ultima tappa del progetto formativo ideato da Romeo Castellucci, Grand Invité di Triennale Milano per il quadriennio 2021-2024, insieme a Silvia Rampelli (filosofa, performer e coreografa) e prodotto da Triennale Milano in collaborazione con la Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

 Dopo le tre puntate precedenti ‘Nascondere’ (autunno 2021), ‘La quinta parete’ (autunno 2022) e ‘Il passo’ (autunno 2023), da sabato 30 novembre a martedì 17 dicembre il progetto guiderà in un percorso di incontri e laboratori un gruppo di professionisti e studenti nel campo delle arti contemporanee (arti visive, design, musica, grafica, fotografia, teatro) selezionato tramite un apposito bando pubblico e si concluderà come di consueto con un momento di apertura al pubblico.

 Sembra improbabile che Castellucci, sempre molto impegnato in giro per il mondo, tra un nuovo ‘Don Giovanni’ kolossal per il Festival di Salisburgo e le varie prime in giro per l’Europa di ‘Bérénice’ con Isabelle Huppert, possa rinnovare anche il suo rapporto di lavoro con Milano.

Nomi alternativi si possono pure immaginare, anche se non è un mistero che Angelini in concreto debba sempre fare i conti con budget e spazi fisici limitati, con una sala che certo non si presta ad ospitare le creazioni contemporanee più visionarie, come per esempio quelle, oggi davvero FoMO, di Lukasz Twarkowski.

 E’ possibile pure che Triennale Teatro rinunci per ora a investire in un altro Invitato di pari prestigio, anche perché nel 2025 dovrà in qualche modo lasciare spazio alla grande Esposizione Internazionale delle Arti che Triennale Milano si è aggiudicata come sede, dal 17 maggio al 16 novembre 2025, e che sarà intitolata ‘Inequalities. How to mend the fractures of humanity’ e svilupperà il tema delle diseguaglianze sociali.

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