" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Un passo nel sonno-veglia, tanti silenzi inquietanti e Boris prova a vincere la sfida del dopo Pina

Boris Charmatz in 'Somnole' (foto di Marc Domage)

 Il vento d’ottobre che soffia subito impetuoso per gli appassionati d’emozioni artistiche italiane porta a Roma un altro dei grandi protagonisti della scena europea e della 20ma Biennale de la dance de Lyon. Parliamo di Boris Charmatz, da poco più di un anno direttore del Tanztheater Pina Bausch di Wuppertal, che sarà al Teatro Argentina il 10/11 ottobre, nell’ambito del Roma Europa Festival, con ‘Somnole’.

 Lo spettacolo viene presentato dallo stesso autore-coreografo-interprete come ‘una pièce soffice, in divenire, che invita il pubblico a scavare sotto la superficie, a sognare ad occhi aperti’. E’ una sfida, per così dire, di sottrazioni: pensate che persino la colonna sonora, fatta con reminiscenze musicali, classiche e contemporanee, non viene riprodotta ma solo fischiettata dal vivo, dallo stesso Charmatz sdraiato a terra durante la perfomance...

L’assolo è tutto ispirato a certi stati di latenza tra sonno e veglia, il protagonista è come se si muovesse nel sonno ‘per esplorare l’ibernazione e la sua fine, la risacca dei sogni ad occhi aperti e l’urto del risveglio, il desiderio di passività’.

*

PER PROUST ERA LA RAVISSERIE

*

Volendo provare a mostrarsi all’altezza culturale delle sfide di Charmatz, con ’Somnole’ si potrebbe dire che siamo nella classica ‘ravisserie’ proustiana.

La ravisserie, ovvero la fantasticheria, è anche il nome scientifico che lo scienziato francese Henri Gastaut ha dato “all'attività mentale più caotica e confusa che compare in una fase di assopimento più profondo”: così spiega un libretto divulgativo sul sonno del neurologo Elio Lugaresi.  

 Gastaut, che è stato un grande esperto di epilessia, aveva un po' il pallino della cultura: nel '56 s'era messo persino a sviscerare tutte le carte mediche del caso van Gogh, convinto che la malattia del pittore andasse “considerata alla luce dei nuovi concetti sull'epilessia psicomotoria”.

Ancora oggi è aperta la disputa medica sulla diagnosi di Gastaut, secondo il quale negli ultimi due anni di vita il problema principale dell'immenso Vincent sia stato “l’epilessia del lobo temporale aggravata dall'uso di assenzio, in presenza di una lesione limbica precoce”. Sic. 

 Per definire la ravisserie il raffinato Gastaut aveva pescato addirittura un'inedito di Marcel Proust. Il brano originale in questione, conservato tra i manoscritti della superba Collection proustiana dell'Università dell'Illinois, a Chicago, è il seguente.

"Poco a poco la mia attenzione si abbassa, mi assopisco, ma la recita interiore della mia immaginazione non si arresta, tutt'altro…e questo incantesimo mi sembra più che soddisfacente finché sonnecchio (jè somnole) ma, se per rendermi conto di che cosa sia questa ravisserie, mi risveglio, allora in un istante tutto scompare, non resta più nulla, solo frammenti di un discorso, di un pensiero, senza alcun significato".

Una scena di 'Liberté Cathédrale' con Çağdaş Ermiş in primo piano (foto di Uwe Stratmann)
*

LO SHOW E' FUORI DAI TEATRI

*

 Charmatz, nato a Chambery, ballerino e coreografo di solida formazione (ha studiato all’Opéra de Paris e al Conservatoire national supérieur de musique et de danse a Lione), si definisce uno che ama trovare la danza in luoghi insoliti.

La sua compagnia più recente, fondata nel 2019, Terrain, non ha nemmeno una base vera e propria ma vuole essere 'un progetto di architettura umana'.

Grandiose perfomance in formati ibridi hanno preceduto il suo arrivo, nell’agosto del 2022, al Tanztheater: nel ’21 per Festival d'Automne à Paris ha presentato ‘La Ronde’ nella Nave del Grand Palais, prima della chiusura per ristrutturazione, e ‘Happening Tempête’ per l'apertura del Grand Palais Ephémère.

Poco dopo, per il festival di Manchester, è stata la volta di ‘Sea Change’, un’opera coreografica con 150 interpreti dilettanti e professionisti che si è consumata lungo una strada della città.  

 Anche ‘Liberté Cathédrale’, primo prodotto del nuovo progetto artistico di Charmatz tra Germania e Francia, che vede mescolarsi le compagnie del suo Terrain con quella storica di Wuppertal fondata da Pina Bausch, è di un’assoluta ambizione post-teatrale.

Si tratta cinque atti di una sorta di assemblea dentro a una cattedrale del silenzio: la prima rappresentazione si è tenuta in un vero e proprio edificio sacro, il santuario della Mariendom di Neviges, capolavoro architettonico del brutalismo tedesco.

Lo spettacolo è stata appena ripreso con successo in un grande capannone industriale dell’Usuine Fagor a Lione, per la Biennale dance, e a fine anno è annunciato all’Opera di Lille.

La citazione

Not knowing when the Dawn will come, I open every Door

Emily Dickinson

Non sapendo quando l'Alba verrà, apro tutte le Porte
L'ensemble di Tanztheater e di Terrain nel primo atto di 'Liberté C.' (foto di Uwe Stratmann)
*

LA VITA E L'AMORE O L'ALDILA'?

*

Con questa citazione di Emily Dickinson si chiude il testo scritto da Charmatz mentre preparava ‘Liberté Cathédrale’.

 Frammento complesso, di una Poetessa che ha lasciato solo manoscritti inediti, catalogato con il numero 1619, datato 1884, e poi riproposto, due anni dopo, in una lettera a dedicata a un’amica scomparsa, è stato variamente interpretato come un invito ad aprirsi alla vita, all’amore, alla libertà.

E così viene rilanciato anche da Charmatz.

Gli esegeti dickinsoniani, come lo scrittore esperto Giuseppe Ierolli, concordano invece sull'idea che l’Alba in questione sia piuttosto una metafora della Vita eterna. 

*

UN MAESTRO D'INQUIETUDINI

*

Tornando allo spettacolo, pensato, lavorato e preparato per quasi due anni, Charmatz è un po’ come se volesse combinare il più impalpabile utilizzo possibile degli strumenti tradizionali del balletto, della musica e del teatro, con la più ambiziosa rappresentazione, anche sotto il profilo dei contenuti, decisamente inquietanti.

Di passaggio a Milano in Triennale nel 2021 aveva raccontato: 'Sto lavorando anche a un progetto più a lungo termine che potrebbe chiamarsi Liberté Cathédrale. È una mia riflessione sull'idea della cattedrale laica e sull'idea di un patrimonio che non è solo cristiano, ma fondamentalmente umano. Sono affascinato dai grandi organi e dalle raffiche di campane; dopo diversi anni di esitazione, provo quindi a lanciarmi in un progetto per organo, campane e corpi in libertà'.

L'ardita sfida si apre con un primo atto, Opus, in cui i ballerini entrano tutti insieme correndo e cantando a 'la-la-la' l'ultima sonata composta da Beethoven, e si chiude con l'esecuzione dal vivo di musiche sacre all'organo, passando appunto per le campane al quarto atto...

La luce è spettrale, per un atto intermedio il silenzio fa da padrone e il luogo della religione sembra conservare un fascino mistico; nel successivo atto, più delirante, sembra prevalere l'immagine nietzschana della chiesa stessa come sepolcro della decomposizione del divino...

 Forse è solo un esperimento, 'Liberté Cathédrale', forse invece rappresenta una vera e propria rifondazione del linguaggio, il post-teatro-danza, consonante con quanto di meglio si muove sulla scena neo-post-drammatica. Tutte definizioni e bla-bla per non ripetere l'abusato aggettivo che si merita: straordinario.

Ultimi Articoli