Sveglia, milanesi! Sarete anche i numeri uno per qualità della vita, ma una bella lezione d'umanità ci vuole
20.11.2024
Si diffonde già quella piacevole aria di festival, basta guardare i programmi da Spoleto a Milano: prime anticipazioni, titoli e corollari linguistici
NON SOLO I SOLITI NOTI
*Per guardare al volo i vari programmi freschi d’annuncio, con gli appuntamenti teatrali di Biennale Venezia, Presente Indicativo e Spoleto, si può partire dal primo in ordine di apparizione, che è quello del festival dei Due Mondi.
Al solito Spoleto comprende in una manifestazione la più ampia rosa dei generi, con un occhio di riguardo alla musica, dall’opera lirica ai concerti, ma non rinunciando a belle variazioni onnicomprensive, dalla danza alle esposizioni artistiche (Chiara Camoni, come da immagine copertina della rassegna).
Non mancano mai, ovviamente, i nomi civetta per richiamare il pubblico, ma c’è poi qualcosa di sostanzioso anche aldilà del luccichio delle varie star che si guadagneranno facilmente un titolo sui giornaloni e ai tg, come Isabelle Adjani o Alessandro Baricco, Wayne McGregor o Damiano Michieletto (quest’ultimo con ‘Orfeo ed Euridice’ già applaudito al debutto a Berlino).
La sezione Teatro si fa notare soprattutto per il coraggio di puntare in qualche modo sul nuovo, seppur filtrato da un regista più che affermato e capace come Antonio Latella.
'UFFA, CHE BARBA!' ANZI NO...
*Invece di fare il suo ennesimo spettacolo, Latella curerà da vicino il debutto degli ultimi allievi dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico in quattro spettacoli, in scena dal 29 giugno al 13 luglio, affidati ad altrettanti giovani registi e riuniti sotto il simpatico logo 'Uffa! Che barba'.
Tra i prescelti fa piacere leggere due nomi dei primi citati anche su questo peregrino sito di appassionati come speranze del nostro teatro, ossia quel portatore sano di provocazioni di Leonardo Manzan (‘Quando noi morti ci risvegliamo’) e il più ‘tradizionale’ talento di Giovanni Ortoleva (‘Risveglio di primavera’), nel senso che in qualche modo si colloca anche nel solco della migliore tradizone italiana.
Saranno pure della partita Federica Rosellini (‘Freaks’), che come attrice ha già quasi toccato i vertici, con l'opportunità di fare 'Hamlet' in scena per lo stesso Latella, e come regista si è cimentata in alcune prove non da poco, e pure l’emergente Paolo Costantini (‘Romeo e Giulietta’) che è stato addirittura assistente alla regia di guru Antonio.
LIDI-CECHOV E LIV CHE RIFA MANN
*In qualche modo sempre dalla grande famiglia teatrale di Latella, oltre a questa rassegna con gli allievi romani, arrivano a Spoleto anche altri due appuntamenti di spicco in cartellone: ‘Il giardino dei ciliegi’ di Leonardo Lidi, a cui tocca anche un’intera maratona Čechov il 7 luglio, con i precedenti allestimenti de ‘Il gabbiano’ (2022) e di ’Zio Vanja’ (2023), insieme appunto al nuovo Giardino.
Ancora, per parte sua, dopo Lidi l’altro gemello diverso dalle Biennali Latella, Liv Ferracchiati, rilancia (12–14 luglio) con tanto di ‘La morte a Venezia’, dal romanzo di Thomas Mann immortalato nel film di Luchino Visconti.
La versione di Liv è annunciata così: ‘In un gioco alternato tra parole e danza si scontrano la vitalità, rappresentata da Tadzio e interpretata dal corpo danzante di Alice Raffaelli, e la passività, quella “incapacità di vivere”, oggi così pervasiva, incarnata dallo scrittore Gustav von Aschenbach che in scena è lo stesso Ferracchiati’.
Tanto di cappello ai Due Mondi 2024, infine, per aver incluso nel programma la compagnia #SIneNOmine nata dal laboratorio teatrale di Giorgio Flamini nella Casa di Reclusione di Maiano di Spoleto. Presenteranno il 4-5 luglio, dentro le mura carcerarie, CRETA, ‘un labirinto spazio-temporale dove cercare l’uscita tramite l’espressione del sé’.
La citazione
Sono contento di essermi sentito lì / Grazie mille/ Al riparo di un rifugio di emergenza/ E abbiamo dormito/ Infuriava una tempesta
UNA QUESTIONE DI NOMI E DI TITOLI
*Non serve intendersene troppo di discipline linguistiche, per intuire che ci sia un po’ d’aria di festa dietro alla parola ‘festival’. Il termine, peraltro, arriva all’abuso attuale in Europa attraverso la trasformazione, più o meno novecentesca, delle feste musicali a Venezia in quel ‘festival musicale’ due volte aborrito dai puristi fascisti, per l’odiosa origine d’importazione e per la presunta ridondanza.
Ma torniamo al senso lato, che la peripezia dell’origine svela perfettamente: citando Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli, dal corposo Dizionario etimologico Zanichelli, si tratta di un vocabolo inglese del secolo XIV, dal francese antico festival, che a sua volta è il latino medioevale festivale(m), dal latino classico festivus, ‘piacevole e festivo’.
Ora, sempre sulla carta, ci si può divertire parecchio anche soltanto con le altisonanti indicazioni dei nomi e dei titoli annuali dei vari Festival, la Biennale Teatro di Venezia nella gestione ricci/forte cambia colore ogni estate, ma non è mai una banale declinazione in italiano bianco, rosso e verde: dopo il Blue, l’Emerald e il Rot, quest'anno arriva il latino Niger et Albus (vedi notizia a seguire).
Spoleto, addirittura, s’attesta sempre rigorosamente sugli enfatici Due Mondi, non quelli di Garibaldi eroe, no, ma i continenti americano ed europeo che idealmente voleva unire il compositore Gian Carlo Menotti, passi che poi la globalizzazione e le crisi hanno come travolto tutti.
A Milano, di recente, è nato ‘Presente indicativo’ al Piccolo Teatro, dopo l’avvento di Claudio Longhi alla direzione: quest’anno (notizia a parte) si presenta con il logo ‘Milano Porta Europa’, così, MPE in maiuscolo, allusione più che trasparente a una sorta di nuova via d’accesso, che si richiama all’idea europeista del Manifesto di Ventotene, al nucleo urbano che fu di Bonvesin de la Riva.
Visto al presente delle rassegne teatrali, il singolare nuovo MPE suona un po’, come logo, sullo stile del meno cacofonico REF di RomaEuropa, che è il marchio di una realtà molto consolidata e corposa. Per quanto riguarda le nuove strade fa testo Vie di Emilia Romagna Teatro, a Torino si va pur sempre sulle Colline e in effetti sulle Porte non si era esibito mai nessun titolista.
CASTELLUCCI E (LA)HORDE A FOG
*Sempre giusto per giocare, il campionato ideale dei nomi del festival a Milano, se si tenesse, lo vincerebbe pur sempre Umberto Angelini con lo chicchissimo FOG che Triennale Teatro organizza del 2018: un’insegna ambivalente e forse cervellotica, che però evoca insieme sia la nebbia della fu città dell’industria sia l’epoca nuova delle architetture immateriali della Rete.
E non mancano a FOG, anche in chiusura di quest’edizione, veri e propri colpacci, come i prossimi due appuntamenti clou. Dal 4 all’8 aprile, in prima italiana, la nuova ‘Bérénice’ da Jean Racine di Romeo Castellucci con Isabelle Huppert e le musiche di Scott Gibons, che arriva dopo il debutto francese a Montpellier prima e, fino al 28 marzo, al Théâtre de la Ville di Parigi.
Il 7 maggio si potrà vedere a Milano anche un nuovo lavoro creato apposta per FOG dai coreografi de (La) Horde, che guidano la compagnia dei ballerini marsigliesi più in vista del momento, tra i più applauditi nelle rassegne top di danza contemporanea, da Lione a New York.
NOTA (1). La canzone 'Festival' in qualche modo celebra l’affermazione internazionale del gruppo di Reykjavik, nel giugno 2008, nascendo proprio dal vivo delle esperienze di una serie di partecipazioni fortunate ai vari festival indie europei. Sono quasi dieci minuti entusiasmanti, 9’ e 25 secondi per l’esattezza, in un crescendo tanto vecchio stile Pink Floyd, che poi si spegne mentre tra gli applausi il frontman dei Sigur Rós, Jonsì, fischietta ancora il motivo della gratitudine riconoscente per aver trovato asilo nelle rassegne.